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Il bazooka scarico della UE

di Eugenio Benetazzo - 24/12/2013

"E' necessario, quanto prima, un contenimento coatto della spesa pubblica italiana, andando a colpire tanto i dipendenti statali, quanto tutte le autorità di rappresentanza, sia politica che istituzionale, che impattano profondamente sui bilanci italiani. Solo con un ridimensionamento consistente dei costi dello Stato, dell’amministrazione statale italiana, è ipotizzabile creare le premesse per un abbassamento consistente di decine di punti percentuali sulla tassazione diretta e indiretta per persone fisiche e imprese e poi, secondariamente, l’istituzione di benefici fiscali attraverso delle vere e proprie defiscalizzazioni di redditi e di profitti per le grandi multinazionali e per le grandi aziende che volessero venire a impiantarsi in Italia, in particolar modo nelle regioni del Sud, dando lavoro a tempo indeterminato." Eugenio Benetazzo

Intervista a Eugenio Benetazzo, economista indipendente

Depressione economica di portata planetaria (espandi | comprimi)
Dopo il venerdì nero della scorsa settimana l’Europa, la borsa italiana per l’ennesima volta ripropone performance drammatiche, emulando quanto sta accadendo su mercati paralleli quali quello spagnolo e greco.
Ormai non c’è molto da lasciare all’immaginazione, è chiaro quello che sta accadendo sul fronte finanziario. I grandi operatori istituzionali, ma anche gli operatori, anche i piccoli risparmiatori, stanno fuggendo da una situazione considerata ormai ingestibile, ovvero scaricano, vendono titoli di Stato, soprattutto bancari, italiani e europei, timorati di un ulteriore peggioramento del quadro in Europa.Rimane inquietante l’immobilismo dell’Unione Europea con le sue istituzioni che a fronte di grandi proclami: “Abbiamo lo scudo antispread, abbiamo il fondo Salva Stati”, quando si tratta di renderli operativi, quindi in grado di sostenere e supportare non solo i mercati finanziari, ma anche le decisioni dei singoli governi, si affidano a problematiche di natura amministrativo – burocratica. Pensiamo solo che in questo momento il fondo Salva Stati ha un punto di domanda fino a settembre a causa di una vertenza aperta dalla Corte Costituzionale tedesca, la quale si esprimerà durante quel periodo. Quindi noi ci troveremo a vivere agosto con maggiore apprensione dello scorso anno, anche perché in questo caso non si tratterà più dell’Italia ma dell’Europa.
Sul fronte politico tutto il mondo ha gli occhi puntati sul vecchio continente, in quanto una situazione di difficoltà contingente si sta trasformando in una situazione di difficoltà strutturale. Si teme, ormai il peggio, e il peggio non è il ritorno alle monete risorgimentali – nazionali, quindi l’Italia che ritorna alla lira, la Spagna alla peseta, ma il cosiddetto scenario di Euro 2, o del breakup, cioè che l’Europa accetti a breve due valute in circolazione su due diverse aree dell’Unione Europea. I Paesi forti con l’attuale Euro e i Paesi in difficoltà con un nuovo Euro in via di definizione.
Questa tesi sembra sempre più probabile viste le esternazioni arrivate dalla stessa Germania che ormai inizia a mettere le mani avanti dicendo: “Forse ce la possiamo fare anche senza la Grecia, la Grecia può uscire, non sarà un danno di proporzioni immani”. Stranamente riecheggia invece la risposta delle istituzioni europee con la Commissione che, in contrasto con il diktat tedesco, presuppone il mantenimento dell’attuale status quo e dell’integrità monetaria europea.
A fronte di quanto sta emergendo durante questa estate molto calda non possiamo esimerci dal proiettare possibili evoluzioni. In prima battuta, o ci sarà un processo di convergenza attraverso interventi di autorità sovranazionali anche non europee, quindi Fmi, Banca Popolare cinese e Paesi che hanno surplus di bilancio e fondi sovrani che possono supportare il debito sovrano europeo (in questo caso possiamo ipotizzare un rasserenamento del clima e del rischio di contagio finanziario) o, in caso contrario, le aspettative sono di un peggioramento sostanziale di tutto il quadro macroeconomico in Europa, l’ingresso a una pesantissima depressione economica di portata planetaria.
Un focus per l’economia italiana: ricordiamo come a breve sono stati formulati outlook profondamente negativi. Circa mezzo milione di posti di lavoro sono andati bruciati negli ultimi tre anni. Il Paese si regge solo e esclusivamente grazie alla presenza di aziende che hanno un grande impatto con l’attività di produzione e vendita nei confronti dell’export e fenomeni di tassazione straordinaria o di intervento finanziario.
Abbiamo l’elevato gradiente di ricchezza e di risparmio che detengono gli italiani, siamo oltre i 4 trilioni di Euro che possono essere colpiti da un’imposta straordinaria o un prelievo. Pensiamo al prelievo coatto che fecero nel 1991 con il governo Amato per drenare risorse da gestire sul fronte oneri finanziari del debito e infine l’ultima risorsa, quella che ci dà ancora tanta credibilità e che i mercati finanziari, soprattutto istituzionali conoscono: nell'avere il nostro Paese rappresentato dalla seconda riserva aurea in Europa, la terza al mondo dopo Stati Uniti e Germania. Quindi, se si dovesse arrivare a intaccare il cosiddetto tesoretto, ci sarebbe un cassetto da aprire su cui rivalersi e mi auguro che questo non si verificherà mai. Al momento attuale, fin tanto che non si creano i presupposti per invogliare nuovi imprenditori e grandi industrie a ritornare in Italia attraverso fenomenali sgravi fiscali o ritorno alla concertazione sindacale straordinaria, ahimè, il Paese è destinato a andare incontro a 100 km/h contro un muro di cemento armato.

Un piano per sollevare il Paese (espandi | comprimi)
Non vi è dubbio che il debito ormai ha una proporzione notevole, ma il debito in sé è una variabile che può essere considerata sul piano statico non determinante, è la sua evoluzione e la capacità di riuscire a rimborsarlo nel tempo che, in questi ultimi 18 mesi, viene messa in discussione a fronte della perdita di piccole e medie imprese che chiudono per fallimento, per processi di delocalizzazione o di internazionalizzazioneperché non si è più in grado di sostenere economicamente la propria attività sul piano reddituale, questo andrà a compromettere la possibilità di andare incontro a una depressione economica mai vista prima.
È per questo motivo che sono favorevole e sostengo che quanto prima è necessario un contenimento coatto della spesa pubblica italiana, andando a colpire tanto i dipendenti statali, quanto tutte le autorità di rappresentanza, sia politica che istituzionale, che impattano profondamente sui bilanci italiani. Solo con un ridimensionamento consistente dei costi dello Stato, dell’amministrazione statale italiana, è ipotizzabile creare le premesse per un abbassamento consistente di decine di punti percentuali sulla tassazione diretta e indiretta per persone fisiche e imprese e poi, secondariamente, l’istituzione di benefici fiscali attraverso delle vere e proprie defiscalizzazioni di redditi e di profitti per le grandi multinazionali e per le grandi aziende che volessero venire a impiantarsi in Italia, in particolar modo nelle regioni del Sud, dando lavoro a tempo indeterminato. Questa è una delle ricette adottata da Paesi che sono diventati nostri principali competitor, cioè fanno concorrenza all’Italia attraendo i nostri imprenditori puntando su questo marketing industriale.
Circa tre settimane fa abbiamo avuto tanti proclami, esternazioni felicitanti dei primi ministri europei che brindavano per l’accordo che istituiva il famoso “scudo antispread”. Quello che percepiamo dopo le ultime giornate di borsa è che questo grande bazooka messo in essere per fronteggiare la speculazione finanziaria sembra essere completamente inefficace perché è privo di munizioni, ovvero è un bazooka che per sparare necessita di autorizzazioni, di nullaosta da parte, in questo caso, della Germania, quindi è un’arma che possiamo considerare inefficace in quanto scarica. Il nostro Paese e l’Europa non sono più di tanto oggetto di speculazione finanziaria o meglio, quello che sta accadendo sui titoli di Stato e poi a cascata anche su tutto il settore finanziario e mi riferisco agli scarichi pesanti e al sell off borsistico che caratterizza i titoli bancari, finanziari e assicurativi, è legato alla percezione di rischio che hanno i grandi operatori istituzionali, per cui si sta vendendo il titolo di Stato spagnolo e italiano perché si ritiene che questi Paesi nei prossimi anni non siano in grado di far fronte ai propri impegni. Attenzione a non confondere fenomeni di borsa richiamando con il termine “speculazione” normali operazioni di smobilizzo di portafogli da parte degli operatori istituzionali, cioè fondi pensioni, fondi di investimento, che non ritengono sia più opportuno per ragioni di rischio continuare a essere investiti in Italia, Spagna & Company.