La Jihad e i Wolfowitz di questo mondo
di Gilad Atzmon - 30/07/2006
Dunque, com’è potuto succedere? Com’è riuscito un piccolo gruppo paramilitare come l’Hezbollah a scuotere l'onnipotente stato ebraico appoggiato dagli americani; impresa in cui gli stati arabi hanno immancabilmente fallito per circa sei decenni? In realtà ci si potrebbe porre una domanda simile a proposito dell'insorgenza irachena. Se è piuttosto evidente che l'esercito di Saddam è stato sconfitto dalla schiacciante forza distruttiva angloamericana, la resistenza islamica sta vincendo la battaglia sul campo sia in Iraq che in Afghanistan. Né l'America, né la Gran Bretagna sembrano capaci di fornire una scusa ragionevole per il numero crescente di attacchi mortali contro le loro forze d’invasione. Anche se gli eserciti degli stati arabi sono talvolta sconfitti sul campo di battaglia, anche se capita che molti politici arabi seguano la strada tracciata da Washington con ferma determinazione, c'è la resistenza islamica, che non è riconosciuta in alcuna forma nazionale, a contrattaccare. Inoltre la sfida islamica è imbattibile. Gli israeliani hanno guardato per più di due decenni il muro sempre più alto della resistenza musulmana. In Palestina è l'Hamas, in Libano l'Hezbollah. In questo contesto i militanti islamici assestano un colpo dopo l'altro ad Israele. Similmente, l'esercito americano è quotidianamente assillato dall'insorgenza, in Iraq e in Afghanistan. Come i ben più potenti sovietici, che fallirono in Afghanistan, né Israele né gli Stati Uniti né la Gran Bretagna hanno la capacità di reagire efficacemente all'emergente guerriglia islamica. Dobbiamo affrontare questa realtà una volta per tutte. Gli arabi sono ben lungi dal dare il meglio quando operano sotto forma di 'stato nazionale'. Al soldato arabo può mancare la volontà necessaria a morire per una stupida bandiera. Sia nel caso dell'Iraq di Saddam che in quello dell'Egitto di Nasser, una volta cominciato un conflitto si manifesta subito un crescente divario tra il leader demagogico carismatico, assertivo e sopra le righe e un qualche inceppamento delle prestazioni sul campo di battaglia. Diversamente dai soldati americani, britannici, francesi ed israeliani che nella storia hanno sempre dimostrato una reale tendenza al suicidio collettivo in nome di poche vuote speranze plasmate in forma di 'ideologia', i soldati arabi rimangono leggermente indietro quando si tratta di esibire questa sorta di idiota zelo militante patriottico nazionale. Probabilmente sono troppo intelligenti per quel tipo di giochi mortali. E dovrebbe sorprenderci? Niente affatto. Il nazionalismo è un concetto europeo, ha poco a che fare con la mentalità, la storia e gli affari generali degli arabi. Il patriottismo nazionale non si è mai fatto strada seriamente nella psiche araba. La divisione dell'Arabia e del Medio Oriente in piccoli stati nazionali con confini e bandiere non è mai stata un'evoluzione naturale degli stessi popoli arabi indigeni. È stata invece la conseguenza di manovre politiche internazionali imposte agli arabi dalle superpotenze. La suddivisione del vicino oriente, affettato in piccoli stati nazionali, era concepita per servire gli interessi delle forze imperiali occidentali. In pratica furono la Gran Bretagna e la Francia a tracciare i confini del Medio Oriente già nel 1916 (con l'Accordo Sykes-Picot) e fu poi l'America a unirsi ad esse nel ridisegnare quei confini per garantire al contempo la sicurezza di Israele e una costante fornitura di petrolio. In assenza di un rozzo ardore nazionalista, non è molto sorprendente che gli eserciti degli stati arabi non abbiano una buona riuscita sul campo di battaglia. Tuttavia l'Hezbollah, l'Hamas e gli insorti di Iraq e Afghanistan stanno tormentando gli eserciti occidentali. Riescono a farlo con i soli armamenti leggeri: senza carri armati, senza missili cruise, senza satelliti, senza una marina. Vincono senza aerei e senza l'appoggio di una superpotenza. Tutto quello che hanno a disposizione è semplicemente una fede, la Jihad. Se guardiamo all'Iraq (o a quello che ne rimane), a Bin Laden (il mito), all'Hamas (il governo palestinese democraticamente eletto) e all'Hezbollah (il caso di successo più eclatante) è tutto molto chiaro. L'arabo vince esclusivamente quando combatte da musulmano, da credente. Diversamente dal superficiale soldato occidentale, che dà la vita per vuoti slogan creati dall'uomo, il musulmano darebbe la vita per una causa divina. Voglio dirlo apertamente: se c'è un’idea significativa dietro l'espressione "nazione araba", quell’idea è l'Islam. Il musulmano prende ordini dall'Onnipotente. Ammetto che se io stesso, pur essendo un laico, dovessi scegliere tra la chiamata di un presidente americano ritardato e quella del Signore, ovviamente seguirei quest'ultima. Tuttavia è ovvio che i Wolfowitz di questo mondo mancano di comprendere che il nazionalismo arabo incarnato da stati indipendenti è fondamentalmente un mito. Erroneamente considerano il panorama territoriale arabo come un vero riflesso nazionale di una qualche autentica aspirazione etnica e di considerazioni geopolitiche. In realtà una tale percezione non ha niente a che vedere con la realtà. Il Libano e la Siria sono un unico paese, almeno agli occhi di moltissimi siriani e libanesi. Il nord della Palestina non è diverso dal Libano e la Cisgiordania è stata a lungo considerata un territorio unificato con la Transgiordania. Quando il Libano viene demolito dalla potenza aerea dello stato ebraico e circa un terzo della sua popolazione viene sfollata, i siriani sono i primi a fornire aiuto umanitario. Quando Gaza viene mortalmente e indiscriminatamente bombardata dall'Esercito di Difesa Israeliano, l'Hezbollah interviene per aprire un secondo fronte e per alleggerire la pressione sui fratelli palestinesi. Quando le forze espansionistiche di America e Gran Bretagna insistono nel rubare il petrolio iracheno, è la confraternita musulmana a fermarli, invece dell'esercito iracheno. La resistenza araba è in pratica un esercizio di fratellanza islamica. Per coloro ai quali ancora sfugge il quadro, la Jihad va ben oltre qualsiasi significato occidentale di patriottismo nazionale. La Jihad è cosmica, eppure personale. Mentre i Wolfowitz di questa terra insistono nel voler dominare il mondo arabo nel nome della democrazia e di altre idee semi-liberali, è il combattente islamico per la libertà ad attraversare terre e mari unicamente per servire ai militari americani il non plus ultra della dedizione umana. Mentre i Wolfowitz di questo mondo insistono nel voler trasformare la Gran Bretagna e l'America in una forza di missione israeliana, è la confraternita musulmana che ci dà un buon motivo per credere che alla fine, quando i tempi saranno maturi, la pace prevarrà. Per quelli di noi che si rifiutano di riconoscere il significato dell'Islam, dirò che la 'radice' araba della parola 'Islam' è Salama, che origina dalle parole Pace e/o Sottomissione, sottomissione a Dio e pace per tutta l'umanità. La stessa parola Jihad si presta ad ulteriori analisi. Deriva dalla radice araba J-H-D, che significa 'sforzo'. Altre parole che derivano da questa radice sono 'impegno', 'fatica', 'travaglio'. Essenzialmente la Jihad è uno sforzo per praticare la religione nonostante l'oppressione e la persecuzione. Nella forma più alta significa combattere il nemico dei musulmani e dell'Islam. Certamente Condi, Bush, Olmert e il suo stato ebraico sono i nemici peggiori dell'Islam. E tuttavia l'Islam definisce i confini della Jihad. Il Corano ci dice (2:190-193): - Fate la guerra, per la causa di Dio, a coloro che vi fanno guerra ma non siate aggressori; Iddio non ama gli aggressori. - Uccideteli dovunque li incontriate e cacciateli di donde vi hanno cacciati; il tumulto e l'oppressione sono peggiori dell'uccisione; ma non date loro combattimento presso la Moschea Sacra, a meno che essi (per primi) non vi abbiano dato combattimento lì; ma se vi attaccano, uccideteli. Tale è la punizione per i miscredenti. - Se, però, la smettono, allora Dio è compassionevole e misericordioso. - Combatteteli dunque, finché non vi siano più tumulto e oppressione, e prevalgano la giustizia e la fede in Dio; ma se la smettono, non vi sia ostilità che contro coloro che praticano l'oppressione. In breve, diversamente dalla brutale aggressione israeliana e dal fervore omicida americano, che non conoscono limiti, l'Islam limita la violenza, ed inoltre il suo scopo non è il dominio ma la pace. Questa ovviamente si verificherà quando avrà fine l'occupazione israeliana ed i palestinesi faranno ritorno alla loro terra e alle loro case. Ciò accadrà quando il colonialismo sionizzato angloamericano sarà completamente sconfitto. Questo messaggio è chiaro e non è aperto a negoziazioni. Se guardiamo all'Hezbollah, all'Hamas e alla guerra di insurrezione in Iraq non viene lasciato molto spazio ai dubbi. Mentre molte nazioni arabe sono state sconfitte, la fratellanza araba, e cioè l'Islam, sta vincendo. Se fossi un israeliano che vive nella Palestina occupata sarei inquieto. L'uso eccessivo della forza e l'uccisione indiscriminata di libanesi, palestinesi e soldati delle forze di pace delle Nazioni Unite è la conseguenza diretta della profonda ansia israeliana. La tattica sionista sta fallendo e loro lo sanno. Il loro esercito non sa più il fatto suo. A questo punto siete in grado di capire perché. Il nazionalismo è estraneo agli ebrei quanto lo è agli arabi. Anzi, il sionismo ha cessato di essere un movimento nazionale locale molto tempo fa. Fin dalla Dichiarazione di Balfour (1917) un numero sempre maggiore di sionisti opera come una lobby etnica ebraica che promuove interessi ebraici globali. Da tempo il sionismo non si limita a concentrarsi sull'Eretz Yisrael, e cioè la Terra Promessa, ma intende trasformare il nostro universo in un 'Universo Promesso'. Questa idea è nota come Neoconservatorismo, e i suoi ambasciatori rappresentati prevalentemente da Anziani Sionisti la diffondono attivamente a Londra (http://eustonmanifesto.org/), New York City e Washington (http://www.newamericancentury.org/). Ma il tempo è agli sgoccioli per la filosofia neoconservatrice e per coloro che la praticano. Non so se la storia in generale tenda a ripetersi, ma in un certo modo, per quanto riguarda la Storia ebraica, si sta riscrivendo di continuo lo stesso racconto: è la storia di una volontà di potere ossessiva e instancabile che finisce immancabilmente in circostanze tragiche. Si è verificata nel Medio Evo in Spagna, nel diciassettesimo secolo in Polonia e in Ucraina (Bogdan Chmielnitzki), nell'Europa del ventesimo secolo, e sembra che ora stia per accadere qualcosa di drammatico in America. Quando si considera che l'American Jewish Committee (AJC), il Comitato Ebraico Americano, è palesemente impegnato a trascinare l'America in una guerra in Iran nel nome della comunità ebraica mondiale (PDF), e quando si considera che i Wolfowitz di questo mondo sono stati gli architetti che hanno progettato la criminale guerra in Iraq, ci si può trovare a chiedersi se gli ebrei impareranno mai dalla loro storia. Preferisco davvero non pensare a quello che sarà l'esito dell'attuale ottuso bellicismo ebraico. Tenendo conto dell'emergente sconfitta americana in Iraq e del crescente isolamento internazionale, è solo questione di tempo prima che un personaggio carismatico americano si metta a puntare il dito contro la lobby israeliana. L'aspetto piuttosto devastante consiste nel fatto che non saranno solo gli ebrei, la maggior parte dei quali completamente innocenti, a soffrire quando questo accadrà. Quando tutti i Wolfowitz di questo mondo si accorgeranno che è giunto il momento di sottrarsi alla vendetta americana (che può evolvere in una nuova tragedia per gli ebrei, e cioè il Coca-Colacausto), cercheranno probabilmente di fuggire in Palestina, Dio ne scampi. Chiaramente i sionisti e il loro stato ebraico sono fortemente impegnati a perpetrare una nuova guerra mondiale, ed abbiamo buoni motivi per ritenere che Olmert non abbia escluso la possibilità che l'attuale conflitto in Libano possa condurre ad un'ulteriore escalation con la Siria e l'Iran. Ovviamente questo non l'ha fermato. Perché avrebbe dovuto? Non appena gli israeliani hanno cominciato a sganciare bombe su Beirut, Bush e Blair si sono affrettati ad appoggiare il diritto di Israele a difendersi. I Wolfowitz di questo mondo hanno nomi diversi per il conflitto che loro stessi hanno creato. Lo definiscono spesso uno scontro culturale e sono piuttosto abili nel rivestire il loro nudo zelo assassino di ragionamenti semi-umanistici. Soprattutto amano presentarsi come i messaggeri della democrazia. E tuttavia, se la loro nozione di democrazia assomiglia alla 'Democrazia di una sola razza' praticata nel loro caro amato e omicida Israele, non è poi così sorprendente che queste idee non guadagnino terreno altrove. Verosimilmente, pur di mantenere in vita il loro piccolo razzista stato ebraico, i Wolfowitz sono lieti di intraprendere una guerra integrale contro l'Islam. Per ora Condi, Bush e Blair stanno mostrando il loro appoggio. I Wolfowitz sono sul tetto ma, come dire, mezzo milione di libanesi per questo hanno perso le loro case. In qualche modo, i Wolfowitz di questo mondo non riescono mai a interiorizzare il fatto che gli esseri umani sono creature moralmente orientate. Invero, le nazioni e le persone riescono a sopravvivere a epoche funeste. Non molti anni fa è successo in Germania, ora accade in America. E tuttavia gli esseri umani possiedono qualcosa che manca ai Wolfowitz. Hanno un meccanismo di correzione etica; gli umani rimpiangono i torti commessi, hanno una coscienza. L'America è passata attraverso il maccartismo ma si è ripresa, cerca ancora di fare i conti con il suo passato razzista e l'attuale discriminazione razziale, lo ha fatto con i suoi crimini di guerra in Vietnam. L'America senza dubbio si riscuoterà dalla sua omicida fase sionista. emplicemente non ha altra scelta. Quando accadrà, i Wolfowitz di questo mondo dovranno nascondersi dietro una pietra o un albero, e la pietra e l'albero diranno: "O americano, c'è un Wolfowitz nascosto dietro di me, ho paura, portalo via! Aiuto, aiuto!” Gilad Atzmon 27.07.06 Originale da Tradotto dall'inglese in italiano da Mirumir e revisionato da Mary Rizzo, membri di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft: è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne l'autore e la fonte. |