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I politici dovrebbero chiedersi come mai il M5S...

di Gianfranco Morra - 31/01/2014

Fonte: italiaoggi


 
I politici dovrebbero chiedersi come mai il M5S, senza strutture, capitali ed appoggi, abbia subito ottenuto più voti che B. nel 1994


Ogni epoca ha i suoi misteri. La nostra ha Grillo e i Cinquestellati, le cui motivazioni e finalità sono ancora, almeno in parte, misteriose. Anche se abbiamo avuto validi studi da parte di scienziati politici come Piergiorgio Corbetta, Ilvo Diamanti e soprattutto Marco Tarchi. Il quale ci offre ora un contributo di notevole diligenza, che occupa tutto il fascicolo 56 della rivista «Trasgressioni», da lui diretta. Si tratta della tesi da laurea di una sua scolara, Cecilia Biancalana, che, già nel titolo, indica le tre colonne su cui Grillo ha eretto la sua dimora: Il populismo tra malessere democratico ed esigenza partecipativa.

Il successo di Grillo viene da lontano. Il malessere per la politica, nato in Italia già negli anni '80, si è accentuato nell'ultimo decennio del Novecento, dopo lo sfascio del comunismo, il trionfo della globalizzazione e la crisi della democrazia rappresentativa. I partiti politici perdono sempre più il consenso dei cittadini, che cercano nuovi profeti e mistagoghi, decisionisti e populisti. Anche se, per singolare paradosso, al declino morale dei partiti corrisponde un forte aumento del loro potere economico e politico (partitocrazia): ormai sono, direbbe Gramsci, delle classi dominanti, ma non più dirigenti. Un potere macchiato, in tutti i partiti, da episodi continui di corruzione.

La crisi del partito ha poi prodotto una personalizzazione della politica. Non c'è più il leader del partito, ma il partito del leader. Una personalizzazione alla quale hanno contribuito potentemente i nuovi media. Da alcuni anni Grillo è stato una risposta a questa situazione. Ch'egli ha saputo capire e utilizzare, come hanno mostrato le elezioni 2013: il massimo di astensione (24,8), il rifiuto dei partiti tradizionali (Pdl 7 mln di voti perduti, Ds tre milioni e mezzo in meno) e il successo del M5S (25,56, secondo partito alla Camera). Un partito appena nato dal «vaffa» di Beppe, senza strutture, capitali e appoggi, ha ottenuto un risultato superiore a quello di Berlusconi nel 1994 (21,1%).

Il suo movimento ha tutti i caratteri del populismo europeo: a partire dalla eticizzazione del popolo (l'«uomo qualunque», i «piccoli»), che non sbaglia mai e detiene tutte le virtù. Grillo ha stilato il certificato di morte della destra e della sinistra, che per lui sono soltanto categorie di comodo per mantenere il potere. Il suo movimento è un populismo isolazionista. Egli deride e rifiuta tutte le organizzazioni internazionali, dall'Onu all'Ue, vuole l'Italia autonoma con le frontiere ben chiuse. Per lui non conta lo jus soli, ma solo lo jus sanguinis: gli extracomunitari come i marocchini, ma anche gli europei come i rumeni, se ne stiano a casa loro. La sua protesta antielitaria, contro politici, sindacalisti, banchieri, burocrati, intellettuali, si serve di un linguaggio incendiario e volgare, che enfatizza quegli scandali, che internet tanto ingigantisce; egli rifiuta tutte le istituzioni, che considera serve-padrone del potere. Grillo propone l'ideale della democrazia diretta, «del, dal e per il popolo» (Lincoln: of the people, by the people, for the people).

Una democrazia plebiscitaria e istantanea, che sarebbe oggi resa possibile dai nuovi media, quei «social network», che, per lui, come per papa Francesco, sono «un dono di Dio», la forma autentica e sincera di comunicazione popolare. Grillo li contrappone alla falsità elitaria dei «venduti» giornali, radio e televisioni. E qui si mostra, insieme, la sua acutezza e la sua contraddizione. Internet ha di certo cambiato il modo di fare politica, ha prodotto una e-democracy. Ma ha aumentato gli spazi di libertà e di partecipazione? Solo in apparenza, perché l'uso di internet da parte di attivisti e seguaci del M5S è dettato da Grillo, che ne è il potente intermediario. È lui che decide argomenti e regole delle votazioni, le chiavi del blog sono sue.

Il movimento si vanta di essere «orizzontale», ma è ultraverticista; il suo fondatore ne è anche il proprietario privato; il suo «non-statuto» non può essere cambiato da nessuno; all'adepto non è consentita alcuna pluralità di espressioni teoriche e pratiche, ma deve solo decidere tra il sì e il no al diktat del Capo. Il modello di Grillo, nel comportamento da leader monocratico, è Berlusconi, ma l'allievo ha di molto superato il maestro.

Eppure anche Grillo non manca certo di meriti. La sua proposta non va confusa con i populismi antidemocratici, come quello peronista. Beppe non è contro la democrazia e, in fondo, quei milioni di voti che ha ottenuto al primo colpo hanno consentito ad un vasto elettorato arrabbiato e deluso di rimanervi dentro. Ma il futuro del suo M5S non sarà facile. Come indica nel titolo la ricerca, il populismo di Grillo trova le sue ragioni nel diffuso malessere, al quale contrappone un'esigenza partecipativa, purtroppo rarefatta e utopistica. Non a caso in 9 mesi di presenza in parlamento i grillini ha fatto solo del chiasso, niente hanno proposto di positivo. Gli eletti, scelti via web con le «parlamentarie», mancano, in genere, di quella esperienza e competenza, che si acquistano facendo attività di partito sul territorio. Tanto che già non mancano segni evidenti di disaffezione da parte dei suoi eletti e ancor più del suo elettorato. Il movimento è ancora forte, ma non corre più come prima.

Il popolo italiano, sgomento e inferocito con i partiti come sono, non contesta il regime democratico, ma i suoi rappresentanti. E degli stessi partiti non auspica la fine, ma il rinnovamento. In fondo l'assenteismo nei grandi paesi europei è da tempo ben più forte che da noi. E quando un partito propone le primarie, il popolo corre ai gazebi, convinto di potere, per una volta, essere fattivo partecipe. Per tacitare il populismo non basta il rinnovamento delle generazioni, occorre pulizia morale e concretezza politica.

Se i partiti sapranno farlo, renderanno inutile la protesta populista, certo giustificata e prevedibile, ma anche astratta e sterile. Anche perché legata in tutto al genio istrionico di una sola persona. E allora il canto del grillo, che pur ha avuto una sua utilità, non otterrà più ascolto. Purtroppo, sinora, i partiti hanno fatto poco in tal senso, anzi hanno fatto molto in senso contrario.