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Il gruppo Fiat sbaracca. Marchionne pagherà le tasse a Sua Maestà

di Salvatore Cannavò - 31/01/2014





Ovunque tranne che in Italia. La nuova strategia Fiat potrebbe essere sintetizzata da questo slogan dopo che il Consiglio di amministrazione del Lingotto ha deciso di spostare all’estero sia la quotazione sia la sede legale e la sede fiscale della nuova società frutto della fusione con Chrysler. Si chiamera Fiat-Chrysler-Automobiles (Fca), un acronimo che sembra non aver pensato alle ironie italiane che già ieri circolavano sul web. La sede legale sarà in Olanda, quella fiscale in Gran Bretagna, dove si pagano le tasse più basse d’Europa. La quotazione del nuovo titolo, che Marchionne si augura avvenga entro il 1 ottobre di quest’anno, sarà nel mercato più liquido del mondo, a New York, mentre Milano resta per la seconda quotazione.
Il cambiamento è storico e apre “un nuovo capitolo” nella storia dell’azienda come ha sottolineato Marchionne. Agli azionisti, per ogni azione Fiat verrà corrisposta un’azione Fca di nuova emissione. Quelli che rimarranno azionisti fino al completamento dell’operazione, “riceveranno un ulteriore numero di azioni speciale con diritto di voto”.
MARCHIONNE ha celebrato la giornata come una delle più importanti della sua carriera annunciando nuovi investimenti, 8 miliardi, e l’obiettivo di vendere più di un milione di Jeep nel 2014. Per quanto riguarda l’Italia, ha solo sottolineato la positività della nuova strategia Premium, cioè i prodotti di fascia alta.
Le reazioni sono sostanzialmente di due tipi. La stragrande maggioranza plaude alla bravura dell’ad della Fiat e minimizza lo spostamento all’estero dell’azienda. Il presidente del Consiglio, Letta, la definisce “secondaria”. I sindacati, invece, che in serata hanno incontrato lo stesso Marchionne, si sono detti rassicurati dalle parole del manager anche se Bonanni, segretario della Cisl, continua a chiedere maggiori garanzie per Mirafiori e Cassino. Nessuna preoccupazione sullo spostamento della testa: “L’importante - sottolinea il segretario Ugl, Centrella, è che braccia e gambe restino in Italia”. Critica la Fiom che parla di “disimpegno” dall’Italia e chiede al governo di fare di più. Preoccupato, per l’occupazione e lo sviluppo torinese, anche l’arcivescovo di Torino, monsignor Nosiglia.
La novità di ieri, per quanto annunciata, è dunque rilevante e ha un’evidente implicazione fiscale. La Fiat assicura che “tutte le attività che confluiranno in Fca proseguiranno la loro missione compresi gli impianti produttivi in Italia” e non ci sarà “nessun impatto sui livelli occupazionali”.
Ma la scelta della Gran Bretagna è troppo evidente per poter negare un vantaggio puramente fiscale. Nel 2012 l’azienda ha iscritto a bilancio 625 milioni di imposte di cui 420 pagate da Fiat e 205 da Chrysler nonostante quest’ultima abbia registrato ricavi una volta e mezza più grandi di quella. La Chrysler paga le imposte nel Delaware, uno stato che negli Usa è ritenuto alla stregua di un paradiso fiscale. Il vantaggio potrebbe essere di oltre 200 milioni. L’azienda precisa che un problema di tassazione può riguardare solo i dividendi incassati dalla holding: ieri la Fiat Spa, domani la Fca N. V. Nel 2012 i dividendi della Spa ammontavano a oltre 1 miliardo anche se, per effetto di 962 milioni di “svalutazioni” e di altri meccanismi fiscali, le imposte pagate si sono limitate a 31 milioni. Su quella cifra, un risparmio ci sarà. Di quanto?
UNA STIMA EFFETTIVA dipenderà da più fattori. Può essere utile rilevare che nel 2012 la Fiat ha pagato, come un’aliquota fiscale media del 27,5% esclusa l’Irap italiana (al 3,9%) mentre in Gran Bretagna l’aliquota di base è del 22% (e non c’è nessuna Irap). La Gran Bretagna è stimata dall’Ocse al livello di tassazione aziendale più basso fra i paesi del G7 ed è al quarto posto nel G20, dopo Turchia, Arabia Saudita e Russia. Una concorrenza difficile da battere. Benefici importanti anche in Olanda. Il primo riguarda la possibilità per gli azionisti di avere più voti per ogni azione attribuita. Il secondo attiene alla possibilità di collocare una società holding-madre nelle Antille olandesi, con un beneficio da paradiso fiscale. Il terzo vantaggio riguarda la tassazione, inesistente, dei dividendi.
Il mercato, però, ieri è rimasto deluso per i dati del 2013. Gli analisti si aspettavano di più e la Fiat è stata, a un certo punto, sospesa dal listino per eccesso di ribasso. I numeri parlano di ricavi a 86,8 miliardi, di un utile netto a 943 milioni ma che per il 2014 non dovrebbe superare gli 800 milioni e soprattutto della decisione del Cda di non proporre la distribuzione di dividendi per mantenere un livello adeguato di liquidità dopo l’acquisizione di Chrysler. La scommessa globale di Marchionne è appena cominciata.