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Grande Fratello: emblema di una società alla deriva

di Roberta Barone - 05/03/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Il Grande fratello del 2014 è una scelta politica travestita da reality tv. Un "gioco" scherzoso che tanto riesce ad insinuarsi nella formazione delle giovani generazioni tanto attente a comparire prima che ad essere.

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“Big brother is whatching you” non è solamente lo slogan del famoso romanzo di George Orwell “1984″.

L’idea di un grande fratello che ci guarda, ci osserva e che mette in risalto le maschere più false dell’individuo è ormai una mania diffusa in almeno quaranta paesi del mondo. Inutile forse sottolineare la grande genialità di un uomo capace di volare al di là del proprio tempo, immaginando o dando involontariamente vita con i suoi scritti, ad un modello televisivo capace di racchiudere l’ipocrisia umana in una telecamera.

“Il Grande fratello ti guarda”. Non è più un personaggio immaginario, un dittatore posto al vertice di una scala gerarchica creata ad hoc per lobotomizzare i seguaci di un partito. Il Grande fratello del 2014 è una scelta politica travestita da reality tv. Un “gioco” scherzoso che tanto riesce ad insinuarsi nella formazione delle giovani generazioni tanto attente a comparire prima che ad essere.

Proprio così. Basta osservare per pochissimi minuti cosa avviene all’interno della Casa del Grande Fratello, programma tanto pubblicizzato dai media e dalle emittenti televisive italiane, per rendersi conto del degrado culturale che traspare non solo dall’impostazione del programma, ma soprattutto dai comportamenti richiesti agli stessi concorrenti per fare show ed ingrossare le percentuali dello stare.

Se il futuro di un popolo si misura nell’importanza data all’istruzione dei più giovani, allora questo Occidente che tanto ha fatto per civilizzarsi e “civilizzare i popoli barbari” (Tacito ricorda il grande ruolo dei romani esportatori di civiltà – Agricola e Germania) sembrerebbe adesso scavare la sua tomba. Tanti sono infatti gli intellettuali e gli studiosi che si son posti la domanda: quale tipo di civiltà (ammessa o meno la legittimità dell’intervento) siamo capaci di esportare a quel mondo orientale che la rifiuta di accettarla?

In Italia, per esempio, non sono pochi coloro che sembrano rasseganti all’immagine di un paese dove il popolo risulta ormai estraneo al principio di sovranità popolare che fa capo alla Costituzione. Un paese dove si accetta il potere di capi di Governo non eletti dal popolo mentre si partecipa alle “Primarie” del Grande Fratello per la votazione dei suoi concorrenti. Il messaggio che emerge da programmi televisivi come questo reality è quello secondo cui il vittimismo del ragazzo con una storia difficile alle spalle possa trasformarsi in fortuna economica, non quello dell’importanza dello studio o della coltivazione delle proprie passioni al fine di costruirsi un futuro più certo, una casa sulla roccia.

Ed ancora l’esaltazione del protagonismo, la sfacciata esibizione della propria sessualità senza alcuna censura, la vendita della propria personalità in cambio di notorietà. In una società immersa in una così rapida trasformazione, nemmeno l’informazione nazionale risparmia a suoi spettatori la notizia dell’avvio del Grande Fratello ponendola in primo piano, per poi censurare i reali motivi per cui in Italia si muore di fame e di disperazione.

Secondo l’Unione Cattolica della stampa italiana (Ucsi), il Grande Fratello rappresenta “l’unica surpazione dell’ intimità per una curiosità malsana- si legge in un documento- il ritratto di una società nutrita dall’ipocrisia, dall’egoismo ad oltranza, dove si vince solo a patto di aver eliminato tutti gli altri”. Ecco perché la scelta di proporre ai giovani trasmissioni come quella del Grande Fratello è una scelta politica da non sottovalutare.

Il potere, quello che realmente controlla le nostre vite dalle multinazionali alle nostre più intime abitudini, esige una società addestrata a consumare sempre di più, investendo così sulla “cultura” della bellezza estetica e materiale. Come diceva Elias Canetti in “La provincia dell’uomo”: “Il progresso ha i suoi svantaggi; di tanto in tanto esplode”.