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Le ultime frontiere dell’islamofobia: l’Islam è “contro il parto cesareo” (e “i nostri valori”)!

di Enrico Galoppini - 25/04/2014


Ci risiamo col “mostro islamico”.

Questa volta è un uomo in procinto di diventare padre, che si sarebbe opposto alla pratica di un parto cesareo a sua moglie.

Il condizionale è d’obbligo, perché dal breve articolo non si capisce se vi fosse un’emergenza o meno. Ossia, se si trattasse di un’urgenza o se il personale dell’ospedale stesse proponendo alla coppia, programmandolo in anticipo, un parto cesareo.

Viene da pensare alla seconda ipotesi, dato che marito e moglie hanno lasciato l’ospedale senza che la donna partorisse.

Fatto sta che sono intervenuti i Carabinieri per “calmare” l’uomo, e già questo basta a montare un “caso”, tanto più che si tratta di un “maschio” che dice la sua al riguardo del parto di sua moglie e, orrore degli orrori, è di “religione islamica”!

Già, uno strano personaggio un “maschio” che si preoccupa (condividendo e sostenendo le vedute della moglie? Non è dato saperlo…) di quel che concerne un parto, della nascita di suo figlio. Ed ancor più strano perché “islamico” (che metterà al mondo un altro “islamico”!).

Ma al di là della vicenda particolare, sulla quale potrebbero emergere altri dettagli, ci sono da fare alcune considerazioni di carattere generale.

Per prima cosa, un figlio – Islam o non Islam – nasce da un uomo e da una donna, quindi significa che anche l’uomo può dire la sua. O no? Oppure, in questo clima neofemminista che impone cretinate come le “quote rosa” e il “femminicidio”, il maschio è considerato alla stregua di un mero “riproduttore” e/o fornitore di sperma?

Sembrerebbe di sì, perché dopo le “banche del seme” è stato tutto un crescendo di delirio di onnipotenza, con conseguenze come quella di una gravidanza gemellare che, per un errore di qualche addetto dell’ospedale, una coppia si trova a dover portare avanti, mentre i genitori biologici potrebbero pretendere la “restituzione” dei bambini cresciuti per sbaglio nell’utero di una mamma che non è la loro, ma che, comprensibilmente, tenendoseli in grembo per nove mesi non potrà non considerare anche “suoi”.

Insomma, un bel pasticcio del “progresso occidentale”, un caso che non si era mai presentato – almeno in Italia – e di fronte al quale la legge non sa assolutamente che cosa dire: http://www.corriere.it/cronache/14_aprile_16/scambio-embrioni-contesa-le-mammeli-voglio-no-sono-miei-770dc1d6-c529-11e3-ab93-8b453f4397d6.shtml.

Poi va detto che sui cesarei molti ospedali ci marciano. Appena s’individua una minima “complicazione” vi è chi lo propone per evitare rogne, e tanti saluti se il bambino, qualora non si fosse messo a testa in giù a partire dalla trentasettesima settimana, avrebbe ancora tutto il tempo per farlo fino alla quarantunesima (più tre o quattro giorni, dipende dall’ospedale).

Conosco casi di bambini che si sono posizionati correttamente il giorno prima dell’ultimo “utile”, oltre il quale sarebbero stati praticati o l’induzione o il cesareo: è opportuno ricordare che al bambino poi nato naturalmente, con un cesareo “preventivo” si sarebbero negati tutti i doni previsti e forniti dalla natura, che oltre ad essere più rispettosa per la madre garantisce tutta una serie di benefici al bambino, che altrimenti, non pronto, viene letteralmente fatto nascere “di sorpresa”…

A ciò si aggiunga che molti si sono abituati a concepire “l’immigrato” come carne da macello, come mansueto utente di “servizi” inderogabilmente presentati come una manna da cielo, dai parti cesarei alle vaccinazioni “obbligatorie”. Insomma, queste persone – vuoi perché sono disinformate, vuoi perché sperano nel “progresso”, vuoi ancora perché temono di “creare problemi” – si prestano ottimamente a fungere da massa di manovra per vari interessi che ovviamente fanno girare tanti quattrini.

Così, se l’immigrato, per giunta musulmano, forse argomentando in maniera non appropriata anche per le difficoltà della lingua ed esasperato da chi non lo vuol stare a sentire, esprime un dissenso verso l’opportunità di un parto cesareo, ecco che gli si scatena la canea contro, compresa quella dei commentatori (in calce all’articolo), veramente degni dell’oscar dell’“islamofobo del giorno”.

A tutto ciò si aggiunga che anche parecchi italiani oramai del cesareo – se non necessarissimo – non ne vogliono più sapere, eppure ciò non scatena le rimostranze di chicchessia.

Quanto alla religione (e l’Islam nello specifico) che “proibisce” il cesareo, è presto detto.

Nell’Islam, come in tutte le religioni, si considera che la natura, che promana da Dio, abbia una sua “intelligenza” e che perciò ogni cosa, se svolta per l’appunto in maniera “naturale” è la migliore per l’essere umano. Ogni intervento “correttivo”, se non è giustificato da un imminente e grave pericolo, non ha ragione di essere, anche per il fatto che – ad un livello per così dire “filosofico” – pretendere di “migliorare”, “perfezionare” ciò che Dio ha già predisposto come “perfetto” è pura e semplice blasfemia e, soprattutto, ingratitudine.

Ma per un musulmano, o un qualsiasi altro credente che non intenda ridurre la religione ad ideologia e a bandiera “identitaria”, oggi son tempi duri, perché tutto rema contro.

Ogni cosa deve essere controllata, manipolata ed artefatta con la scusa del “nostro bene”. Tra le altre delizie, si annoverano i semi transgenici, i fabbricanti di opinioni dei media, la mania del “benessere” e della “vita comoda”, la medicalizzazione dell’esistenza. Il tutto mirante all’espropriazione  di quei saperi e quelle risorse che ciascuno ha dentro di sé e a cui saprebbe attingere se solo lo si educasse a riconoscerli. Il che, applicato alla salute, vuol dire che potenzialmente ciascuno è in grado di essere il medico di se stesso, a patto che venga guidato gradualmente, come in un “cammino spirituale”, a questa basilare consapevolezza.

Per questo, l’aver associato automaticamente il parto agli ospedali è pura e semplice follia, che non a caso uno stuolo di novelli missionari laici delle Ong s’ingegna di diffondere anche tra popolazioni per le quali è sempre stato normale partorire a casa assistiti da persone di fiducia. Ma questo è un sistema che ha un estremo bisogno di persone eterodirette, bisognose di essere “aiutate”. Quindi, di “malati”.

In un simile clima di alienazione nel quale ogni affermazione di “autarchia” desta immediate grida d’allarme da parte del gregge belante ben ammaestrato da chi ha tutto l’interesse a tenerlo in condizione di dipendenza, non stupisce perciò che vi sia anche chi è fermamente convinto che il futuro dell’uomo è quello di un essere che va oltre l’uomo stesso, fino a trasformarlo in un cyborg!

Ecco così che chi rifiuta un cesareo in nome delle sue convinzioni religiose diventa un “pazzo furioso” da internare e, possibilmente, espropriare della paternità una volta nato il bambino, tanto per ribadire che se elevano sempre più il livello delle pretese d’intromissione nelle nostre vite è anche perché esiste una massa di conformisti immediatamente pronta alla condanna sulla base dei più vieti stereotipi inculcatigli.

Tra questi, uno dei più potenti oggi è quello nei confronti della religione, non solo dell’Islam, tant’è che i media – strettamente controllati dalle medesime elite di “Big Pharma” che, guarda caso, detengono l’emissione e la circolazione della moneta, quindi di tutto quanto – si sono specializzati nella messa in guardia da qualsiasi pretesa d’indirizzare le proprie scelte di vita, per non parlare della “cosa pubblica”, in base ad una visione del mondo che al centro mette Dio e non l’uomo del “laicismo” e dei pretesi “diritti umani”. Il quale, povero illuso, potrà ingegnarsi quanto vuole ma non riuscirà mai creare alcunché, né a riprodurre con le sue sole forze quel mistero che è a tutti gli effetti la vita.

Questo spiega inoltre perché gli stessi che attaccano volentieri “l’islamico” perché non rispetta “i nostri valori” non sopportano l’idea che vi sia ancora qualcheduno che non considera l’aborto come un “diritto” ma come un crimine orrendo e odioso. Ebbene sì, ammazzare una creatura praticamente bell’e formata nel ventre della madre per la sola soddisfazione dell’ego è considerato un “valore” e un “diritto”!

Questo, signori e signore, è l’Occidente: la pretesa di controllare tutto il ciclo della vita, intervenendo in ogni modo con mille scuse, illudendosi di essere addirittura in grado di dare la vita e dare la morte. Il che è manifestamente assurdo, poiché, come sanno i musulmani e, con loro, tutti i credenti di questo mondo, solo Iddio è al-Muhyî e al-Mumît, “Colui che dà la vita” e “Colui che dà la morte”, perché solo Lui ‘alâ kulli shay’in Qadîr, “Onnipotente su ogni cosa”.

Non l’uomo moderno, che dall’alto della sua prosopopea, si erge a giudice di tutto e tutti, Dio compreso, di Cui si permette addirittura di pensare che in qualche cosa deve pure aver “sbagliato”.

Stando così le cose, non sorprende dunque che un padre, guidato anche dalla sua religione, dalle sue intime credenze, pensando probabilmente di fare il meglio per sua moglie e il suo bambino, venga additato come un esempio negativo per il semplice fatto che, anziché affidarsi ai moderni “dispensatori della salute”, ritiene più adeguato alla natura profonda dell’essere umano abbandonarsi fiduciosamente al suo Signore e a quel che ha stabilito per le Sue creature.