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Earth day: l’ipocrisia della modernità

di Roberta Barone - 25/04/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


"Nascere uomo su questa terra è un incarico sacro. Abbiamo una responsabilità sacra, dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto, ben al di sopra del dono meraviglioso che è la vita delle piante, dei pesci, dei boschi, degli uccelli e di tutte le creature che vivono sulla terra. Noi siamo in grado di prenderci cura di loro", Shenandoah

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Verga la chiamava la “fiumana del progresso”, era l’onda che travolgeva tutti coloro che non riuscivano ad adeguarsi alla legge della natura. Ma questa non era solamente l’idea che del progresso aveva il Positivismo perchè lo stesso Leopardi affermava che i veri responsabili dell’infelicità sono gli uomini moderni sempre più lontani dalla natura: “Gli uomini primitivi, gli umili, il fanciullino e gli antichi, sono felici perchè più vicini alla natura, quindi ignorano il loro reale stato”.

Ma poco importa all’uomo del ventunesimo secolo, lo stesso che vive in metropolitana tra una punta e l’altra della città o lo stesso che lavora per comprarsi la macchina per andare a lavoro. Non abbiamo più tempo per fermarci a riflettere, pensare, progettare. Il sistema capitalistico in cui siamo tristemente inseriti vuole una società modellabile secondo le proprie esigenze, masse che consumano arricchendo le percentuali di guadagno delle multinazionali. Siamo numeri, nient’altro che numeri in movimento e per continuare ad alimentare tale sistema, la natura è diventata il mezzo più efficace per soddisfare certe logiche di mercato. 

Dagli organismi geneticamente modificati all’enorme inquinamento che uccide il pianeta, nel mondo in via di sviluppo l’ambiente viene sempre di più sottoposto ad un maggiore sfruttamento, una maggiore pressione da parte dell’uomo che, così facendo, rischia di uccidere se stesso. È quello che numerose associazioni di cittadini in tutto il mondo denunciano instancabilmente: difendere l’ambiente, lavorare per il cambiamento ma soprattutto promuovere la sensibilità alle tematiche ambientali. Proprio in occasione dell’Earth Day,giornata mondiale della terra, almeno un miliardo di persone in tutte il mondo ha celebrato il tema delle ”green cities contro la cementificazione e l’abbandono delle campagne.  Situazione che in Italia ha visto chiudere 1,2 milioni di aziende negli ultimi venti anni, come denuncia la Coldiretti. Ed è anche per questo che il nostro paese sembra lanciare una grande sfida: aprire gli occhi su ciò che è stato fatto per affrontare al meglio il tema della salvaguardia del pianeta come un’emergenza immediata.

Secondo il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, bisognerebbe insistere “sulla riduzione delle emissioni nocive”, sulle fonti rinnovabili e “sulla messa in sicurezza del territorio, la difesa dei mari, della natura, delle specie protette”. 

Ma purtroppo l’Italia è anche quel paese ammalato dalle industrie e dalle discariche e dove i dati di mortalità diventano sempre più preoccupanti. Dalle raffinerie di Porto Torres e Gela alle acciaierie di Taranto, dal boom economico degli anni settanta ai numerosi casi di tumore e malformazioni genetiche tipiche delle zone più contaminate. Abbiamo sicuramente voluto il “progresso” ma quasi mai abbiamo imparato da quel tragico destino riservato ai Malavoglia di Verga, come a dire “chi è causa del suo male piange se stesso”. Una cosa però dovremmo dirla ad alta voce: non è la terra ad avere bisogno di noi ma siamo noi ad avere bisogno della terra, portiamole dunque rispetto.