Economia della felicità: il dibattito internazionale si allarga
di Gloria Germani - 15/07/2014
Fonte: AAM Terranuova
Cos’è l’economia della felicità? Qualcosa di diverso dalla scienza economica che viene insegnata oggi nelle università. Qualcosa molto distante dall’economia e dalla crescita che sta in cima alle agende politiche delle nazioni “sviluppate” di tutto il mondo . Ambientalista e attivista, Premio Nobel Alternativo dal 1986, tradotta in più di 42 lingue, Helena Norberg Hodge ha avuto il merito di coniare questa bella espressione con cui ha intitolato il suo film ( L’economia della Felicità, Usa- Uk, 2011, distribuito in Italia da Satya.doc) . Dal 2012, insieme ad attivisti di movimenti ecologici, a favore della localizzazione e della decrescita ha organizzato una serie di convegni internazionali a Berkeley in California, a Byron Bay in Australia e questa primavera a Bangalore in India . Ad ottobre 2014 il dibattito si sposterà nello stato dell’Oregon negli States e nell’estate del 2015 nel piccolo Tibet indiano.
Cos’è la globalizzazione?
La questione di fondo che viene sollevata in tutti questi raduni è: cos’è la globalizzazione? Quali sono i suoi effetti sul delicato sistema ecologico? Quali sono suoi effetti sulle diverse conoscenze tradizionali costruite in millenni di interazione tra uomo e natura? E vero che la Globalizzazione è un modello di vita verso cui tendono le varie popolazioni – i cinesi, gli indiani, i brasiliani - come punto d’arrivo della loro Evoluzione? Già nel film, Helena rispondeva molto chiaramente di no ed elencava otto “Scomode Verità” riguardo al mito della Globalizzazione. Oltre la scomoda verità del surriscaldamento globale resa nota da Al Gore, Helena metteva a nudo che la globalizzazione 1. Ci rende infelici; 2. Alimenta insicurezza; 3. Distrugge le risorse naturali; 4. Accellera i cambiamenti climatici; 5. Mette a repentaglio il sostentamento ; 6 aumenta i conflitti; 7. Mette il mondo nelle mani delle multinazionali e infine, forse ancor più rilevante, che la globalizzazione è basata su una giustificazione falsa.
Come Serge Latouche, anche Norberg Hodge o Charles Eisestein mettono a nudo, infatti, il ruolo della Colonizzazione dell’Immaginario, della Occidentalizzazione del Mondo e della Narrazione del Progresso con cui gli europei hanno giustificato la loro espansione nel globo. Prima attraverso oltre due secoli di colonialismo e oggi attraverso tutta una serie di trattati che hanno tolto qualsiasi protezione locale al commercio e all’economia sia reale che finanziaria .
Come sosteneva al convegno l’antropologo inglese Felix Patel, che risiede da molti anni in India: “Non c’è fondamentalismo maggiore dell’Economia”. L’imposizione del valore economico e mercificato su ogni altro valore è il tratto essenziale del nostro tempo , ma non è certo il più veritiero. Di fatto, il primato dell’economia è il semplice risultato di una visione che vede la realtà in termini esclusivamente materiali e quantitativi. Vivendo in Asia, in Africa o in Sud America, - culture ancora vibranti di altri valori e altre concezioni della realtà - è più facile rendersi conto del carattere imposto ed artificiale della modernità , dell’omologazione forzata di certi stili di vita che si estende attraverso le pubblicità miliardarie delle grandi multinazionali: Nike, Coca Cola, Monsanto, Nestlè.
Un modello artificiale che nega la vera affettività
Norberg Hodge da un importante contributo chiarendo che l’arteficio di questi modelli moderni riesce ad imporsi soprattutto sulle nuove generazioni perché sostituisce il reale bisogno di affettività e di relazione ( il sentirsi amato e accettato dal proprio gruppo) con falsi status symbol – jeans, scarpe, vestiti, stili di vita - che identificano le “nuove comunità “moderne. Anche questo è più facilmente visibile in Asia, perché come afferma un docente indiano di storia vissuto per 20 anni in America, sono più di 500 anni che in Occidente si sta uccidendo il senso di comunità, mentre in India lo si sta facendo solo da pochi anni.
Non è un caso, d’altronde, che i leader indiscusso di tutti questi movimenti sia spirituali che politici - l’autore che è stato citato quasi ad ogni intervento – sia stato il Mahatma Gandhi con la sua visione dell’autocontrollo personale ed insieme dell’autonomia dei villaggi per mezzo dell’autoproduzione. Al secondo posto tra i pensatori di riferimento, il suo seguace: l’economista tedesco F. Schumacher che visse in Birmania e si ispirò all’economia buddista per sostenere che “Piccolo è bello”.
La storia dei 5 ciechi e l’elefante
120 organizzazioni indiane che si battono su questi temi a vari livelli – educazione, agricoltura, editoria e comunità di villaggio - oltre a 15 speaker internazionali, hanno partecipato a 4 giorni di seminari e dibattiti che si sono conclusi nella Conferenza pubblica a Bangalore davanti ad un a platea di 1200 perone. La direttrice della rivista Bhoomi , Seetha Ananthasivan , ha aperto i lavori raccontando la famosa storia indiana dei 5 ciechi posti davanti a un elefante. Quello che era davanti alla proboscide, la toccava e diceva che era il ramo di un albero. Per l’altro che toccava le zanne diceva che si trattava di un aratro. Per un altro che toccava le zampe si trattava delle colonne di un tempio. Chi aveva toccato la coda diceva che era la fune di una barca e colui che aveva messo la mano sull’orecchio, aveva detto che si trattava di un ventaglio. Questa metafora è stata ripresa più volte da vari relatori per dipingere la condizione in cui ci troviamo oggi in cui non riusciamo a vedere il sistema nella sua totalità e scambiamo l’enorme fenomeno della globalizzazione con piccoli aspetti. “Se continuamo a vedere le cose frammentate – ha avvertito Norberg Hodge - verremo schiacciati e moriremo. Al contrario siamo un movimento grandissimo e l’interesse mondiale per il ritorno al cibo locale è la cosa più importante che accade oggi…. In Europa , “l’elefante” ci ha schiacciato da così tanti i secoli che non riusciamo più a capire l’insieme” .
Coltivare l’avidità e la violenza
Introdotto come il leader spirituale più importante e chiaro nel panorama mondiale, Samdhong Rinpoche che per oltre 15 anni è stato primo ministro del governo tibetano in esilio, ha esordito proclamandosi un seguace del Buddha e quindi di Gandhi. Per tutta la vita si è interrogato su ciò che da oltre 200 anni rende il mondo nocivo, sul perché da due secoli coltiviamo l’avidità . Già dal suo primo scritto, Hindi Swaraj del 1909, il Mahatma Gandhi parlava dei mali della società moderna, ma i suoi successori politici - Nehru e Patel - non gli hanno creduto. Oggi la negatività del sistema è molto più evidente a tutti con la crisi ambientale, economica ed esistenziale che si dispiega in misure diverse ma ugualmente devastanti nel Sud e nel Nord del mondo.
Samdhong Rimpoche ha parlato degli sbilanciamenti nella visione della realtà che hanno portato alla tragica condizione attuale. Il primo sbilanciamento riguarda la totale attenzione alle comodità corporee a cui corrisponde la dimenticanza della mente; il secondo, l’importanza assoluta dell’individuo e l’oblio della comunità; il terzo, l’importanza della materia e la dimenticanza della moralità. Questi tre sbilanciamenti portano alla crisi con il globo. Per quanto riguarda l’economia, la fede nell’effetto a ricaduta e la fede nell’armonia naturale degli interessi è una falsa fede. Per avere un mercato in crescita continua c’è bisogno di avidità, di violenza e di guerre ( come puntualmente accade oggi). Nella corsa all’iperproduzione abbiamo esaurito quasi tutte le risorse ( fonti non rinnovabili e minerali) e siamo sul punto di non ritorno. Dobbiamo porci la questione delle responsabilità . Al contrario la modernità ha dato tutto il peso ai diritti, ma ha del tutto dimenticato i doveri e le responsabilità nei confronti di tutto il pianeta e delle generazioni presenti e future.
Siamo quel che pensiamo
La conclusione della intera assemblea è che c’è bisogno di una grande Alleanza interazionale per la localizzazione che riporti al centro il l cibo locale, le conoscenze locali e la sensiblità dell’intrinseca connessione tra uomini e tra uomini e natura. Questa silenziosa rivoluzione è già in corso in gran parte del mondo anche se non compare sui mass media. Infatti noi viviamo nel tempo dell’informazione e nella civiltà della conoscenza, ma non ci rendiamo conto di quanto anche questa sia una grande narrazione. Come ha sottolineato infatti uno dei relatori per una sottile gioco d inganni, nei nostri sistemi democratici, i mass media sono controllati dai partiti e i partiti sono controllati dalle multinazionali.
La localizzazione, in realtà, non è niente di nuovo: è ciò a cui Gandhi aspirava. Di fronte alle nuove forme pubblicitarie che promuovono la globalizzazione, abbiamo bisogno di un modello di pensiero diverso, di una direzione alternativa sistemica, che ci porti letteralmente nella direzione opposta . Perché, come dice Joanna Macy, “ noi siamo quel che pensiamo”.