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L'ordinamento internazionale del sistema monetario*

di Giacinto Auriti - 21/08/2006

Fonte: Luigi Leonini

 

*BRANO ESTRATTO DAL LIBRO Del Professor GIACINTO AURITI

L'ORDINAMENTO INTERNAZIONALE DEL SISTEMA MONETARIO,ovvero un progetto di riforma del sistema monetario per restituire ai popoli la proprietà della moneta. [Editore Marino Solfanelli].
Tale libro è uno dei contributi più importanti all'analisi dei metodi di lavoro del grande parassita dell'umanità.Auriti è stato consigliere del comico-conferenziere Beppe Grillo sulle questioni monetarie.  Al libro mancano i fatti importanti seguiti al 1981,anno di edizione,ma l'importante è che i meccanismi descritti sono sempre validi ed attuali.Un attenta lettura è raccomandata a tutti colore che non sono disposti a credere alle favole raccontate dalla televisione e dai media sull 'economia moderna.

1) Evoluzione e recenti sviluppi del sistema monetario internazionale.

L'ordinamento internazionale del sistema monetario è certamente la parte più importante del diritto internazionale, perché tocca non solamente aspetti
economici giuridicamente rilevanti per il diritto internazionale, ma considera anche categorie di interessi di tale rilievo, da non poter essere
ignorati nella interpretazione delle stesse vicende storiche di ogni tempo.L'indagine che ci siamo proposti - sia pure a livello istituzionale -
colma una lacuna del tradizionale insegnamento del diritto internazionale.
Merita infatti di essere posto nel giusto rilievo il fatto che nel sistema monetario si è andata realizzando una nuova forma di sovranità monetaria che
non è solamente internazionale, ma anche per molti aspetti sovranazionale.
Il regime monetario, che tradizionalmente si era retto sul rigido principio delle sovranità nazionali in una visione sostanzialmente isolazionistica,
veniva infatti a modificarsi integralmente nel periodo successivo all'ultimo conflitto mondiale.

La modifica delle strutture economiche che, con le più avanzate tecnologie,venivano ad accelerare enormemente i procedimenti di produzione delle
ricchezze, e l'imponente sviluppo dei traffici, che mettevano in contatto mondi diversi, mercati e contraenti di diverse nazionalità ed operanti in
differenti aree monetarie, facevano avvertire l'esigenza di collegare in un unico sistema i flussi monetari che a questi fenomeni si accompagnavano.
Ciò significava soddisfare l'esigenza di stabilire parametri certi per la determinazione dei valori monetari, pur se espressi in differenti divise, e
cioè stabilire un comune denominatore delle varie monete. L'oro, che aveva tradizionalmente svolto questa funzione, non era più sufficiente a
soddisfare la sempre crescente necessità di liquidità monetaria. Si imponeva quindi la necessità di creare un nuovo strumento capace di assolvere alla
funzione di moneta internazionale. Il conseguimento di questa finalità caratterizzava l'evoluzione del nuovo sistema monetario internazionale.

2) Gli accordi di Bretton Woods.


A partire dal periodo immediatamente successivo all'ultimo conflitto mondiale, si è verificato un sostanziale mutamento dei sistemi monetari tradizionali, in modo tale da renderli particolarmente rilevanti per il diritto internazionale, e tali da modificare gli equilibri politici ed economici dei mercati.     Questo nuovo sistema ha la sua origine negli accordi di Bretton Woods del 22 luglio 1944. I lavori di questa conferenza  si basarono sul due progetti presentati rispettivamente da Harry White,delegato degli U. S. A., e da John Mainard KEYNES, delegato inglese,pubblicati contemporaneamente il 6 aprile 1943. Poiché attorno a questi due progetti si mossero i lavori della conferenza e, come vedremo, gli argomenti e le intuizioni in essi contenuti trovarono ampia valorizzazione nei
successivi sviluppi dell'ordinamento internazionale del sistema monetario,merita farne qui un rapido cenno (Di particolare interesse rilevare che la
Conferenza di Bretton Woods fu preceduta da una pre-conferenza, alla quale parteciparono 15 Stati, che si tenne ad Atlantic City dal 23 al 30 giugno
1944. Oltre ad alcune questioni procedurali, in detta riunione preliminare furono affrontati aspetti di grande rilievo, quale il regime relativo alla
flessibilità dei cambi.)     Il progetto WHITE - sul quale fu basata la realizzazione del Fondo Monetario Internazionale - prevedeva un cosiddetto
fondo di stabilizzazione internazionale dell'entità non inferiore a 5 miliardi di dollari, costituito dal conferimenti in oro e divise dei paesi
partecipanti.     A questo fondo avrebbero potuto attingere i paesi aderenti per soddisfare le loro esigenze di liquidità monetaria (Le vendite di oro
del Fondo agli Stati Uniti avrebbero permesso di raccogliere dollari, che già da allora si prevedeva dovessero divenire la divisa più richiesta da
utilizzare normalmente nelle transazioni internazionali.In questo progetto si veniva così sostanzialmente a proporre il dollaro come moneta di riserva
delle altre divise ,in quanto ancorato ad una base aurea). A tal fine era prevista la costituzione di una unità monetaria denominata Unitas, che
avrebbe avuto appunto come riserva questi valori. WHITE infatti considerava l'Unitas - con un contenuto aureo di 137 e 1/7 grani (pari a 10 dollari del
tempo) - come moneta internazionale concepita alla stregua di una specie di titolo di credito rappresentativo dei valori posti a sua garanzia. In questo
schema l'oro assumeva una posizione di tutto rilievo e ciò anche in considerazione del fatto che in quel periodo gli U.S.A. erano la nazione con
le maggiori disponibilità auree.     Secondo il piano WHITE i Paesi membri erano obbligati a cedere al Fondo, in cambio della rispettiva moneta
nazionale, tutte le divise estere e l'oro che fossero venuti ad avere in eccesso rispetto ai quantitativi posseduti all'atto della loro adesione al
Fondo.Il piano WHITE - che nelle grandi linee poi fu accolto nella realizzazione del Fondo Monetario Internazionale - funzionava come una
Banca, in cui ogni Paese figurava come "correntista" utilizzando divise monetarie tradizionali (oro e rispettiva moneta).  Il progetto presentava
quindi dei limiti di incremento della massa monetaria che non poteva essere proporzionata al bisogno di moneta, cioè all'incremento dello sviluppo
economico, ma alla quantità di riserva. Il progetto WHITE, che dava la parvenza di una maggiore affidabilità, perché basato su una garanzia aurea,
in effetti non dava alcun serio affidamento che non vi sarebbero stati eccessi arbitrari nella emissione di moneta, come dovevano dimostrare i
successivi sviluppi della politica monetaria.  Anche il progetto KEYNES
prevedeva la costituzione di una nuova unità monetaria internazionale da
utilizzare come riserva: il Bancor, che si differenziava però da quella
americana, perché non prevedeva la costituzione di un fondo di riserva come
presupposto della sua emissione, in quanto concepiva il Bancor come moneta
internazionale puramente convenzionale, riconosciuta nell'ambito di una
unione valutaria fra Stati. Per il piano KEYNES, la Clearing Union avrebbe
dovuto funzionare come strumento per la trasformazione in Bancor dei saldi
attivi dei paesi creditori. Nel piano KEYNES, quindi, il Bancor veniva a
costituire una nuova moneta da emettere - sul presupposto di un saldo
attivo - a favore del Paese creditore. Il Bancor avrebbe dovuto avere la
qualità di unità di misura del valore, ma non quella di essere oggetto di
valore. Noi sappiamo che questa è una ipotesi impossibile, in quanto non è
concepibile una unità di misura senza la caratteristica corrispondente a
quella dell'oggetto che deve misurare. Sarebbe come concepire un chilogrammo
che non avesse la qualità del peso o un metro senza la qualità della
lunghezza. Coglie questo aspetto del problema il PALLADINO (Giuseppe
PALLADINO, "La recessione economica americana", p. 129, ed. Signorelli, Roma
1958.), che definisce l'ammontare dei Bancor spettante ad ogni paese
creditore, come "limite delle quote teoriche che avrebbe funzionato come
semplice remora per iPaesi debitori e come base di intervento per correggere
eventuali squilibri patologici e strutturali". Dunque il progetto KEYNES non
si sarebbe concretato altro che nella limitazione della stessa sovranità
monetaria dei paesi aderenti; ovverossia nel considerare il Bancor come
parametro di valore cui commisurare gli incrementi monetari di ogni nazione.
I Progetti WHITE e KEYNES, anche se avevano delle apparenti affinità, erano
quindi strutturati su due concezioni e filosofie monetarie completamente
antitetiche. Entrambi i piani contemplavano tuttavia una istituzione
internazionale: rispettivamente un "Fondo" per WHITE e una "International
Clearing Union" per KEYNES, allo scopo di realizzare una comune disciplina
valutaria e le necessarie limitazioni alle politiche monetarie dei Paesi
membri. La impossibilità di fondere in un unico progetto le due soluzioni,
derivò dal fatto che i fondamenti dei due piani muovevano su due concezioni
antitetiche del valore monetario: per WHITE la moneta aveva valore
creditizio ossia di titolo rappresentativo dei valori della riserva; per
KEYNES la moneta aveva valore puramente convenzionale,cioè svincolato da
qualunque forma di riserva, pur costituendo essa stessa riserva per le varie
banche centrali. Entrambi i progetti realizzavano poi degli scopi parziali,
mentre presentavano dei difetti di grande rilievo per differenti aspetti. I
lavori della Conferenza di Bretton Woods si svolsero con la partecipazione
delle 44 nazioni invitate dal Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano
ROOSEVELT.   La presidenza fu assunta dal Segretario del Tesoro Americano
MORGENTHAU. Il Congresso giunse alla unanime condanna del regime monetario
precedente all'ultimo conflitto mondiale, mettendo in evidenza la necessità
di eliminare la restrizione dei cambi e del commercio con l'estero,
incoraggiando la cooperazione internazionale. Nel discorso conclusivo fatto
da Lord KEYNES, veniva posto in evidenza che la conferenza dovesse
considerarsi come l'inizio di una nuova esperienza senza precedenti.
"Abbiamo compiuto qui a Bretton Woods qualcosa di più significativo di
quanto è detto nell'atto finale". Con queste parole di KEYNES si chiudevano
dopo tre settimane, e precisamente il 22 luglio 1944, i lavori della
Conferenza.

3) Il Fondo Monetario Internazionale.

Gli accordi di Bretton Woods portarono alla costituzione dello strumento
operativo per l'attuazione delle mete indicate dalla conferenza: il Fondo
Monetario Internazionale. Le opinioni contrastanti su cui strutturare il
Fondo Monetario rispecchiavano le formule antitetiche proposte
rispettivamente da WHITE e da KEYNES. Prevalse la tesi americana. Il Fondo
monetario fu strutturato come una Società per Azioni, e l'accordo che
istituiva il Fondo entrò in vigore il 17 dicembre 1946.
La partecipazione al capitale, rappresentato in quote versate da ogni paese,
ed il cui ammontare era stabilito sulla base della potenza economica dei
paesi aderenti, era anche la base per la distribuzione dei voti. La quota di
ogni paese era composta per il 25 per cento da oro e per il 75 per cento da
moneta nazionale. In cambio di tali conferimenti i paesi acquistavano la
possibilità di ottenere Diritti di prelievo, cioè potevano comperare moneta
straniera,necessaria a saldare i propri debiti. Scaduto il termine al quale
il diritto di prelievo era sottoposto, il Paese che lo aveva utilizzato
doveva riacquistare la propria moneta o con moneta di riserva, o con la
moneta straniera che aveva precedentemente acquistato. Il limite massimo di
utilizzo di diritti di prelievo non poteva superare il 200 per cento della
quota di ogni Paese aderente in moneta nazionale. Questo progetto
salvaguardava una posizione di apparente equilibrio fra le varie Nazioni, in
quanto il dollaro era sorretto da garanzia aurea. L'accoglimento del sistema
americano portò ad una programmazione tale, per cui ci si avvide che la
disponibilità di oro e di dollari (la cui emissione avrebbe dovuto essere
limitata al rapporto di 35 dollari per ogni oncia troy di oro fino) non
sarebbe stata sufficiente ad un adeguato incremento della liquidità
monetaria internazionale, in conformità di quelle finalità previste
dall'art. 1 dello statuto del Fondo (4).

Nella strutturazione del Fondo monetario internazionale non venivano tenute in alcuna considerazione le monete di conto, cioè utilizzabili soltanto nella contabilità fra Stati (Unitas e Bancor), mentre diventava operante il principio, comune ad entrambi i progetti, di riconoscere all'oro la funzione di parametro di riferimento per consentire che gli Stati aderenti potessero pagare in oro i loro debiti.

(4) L'Art. 1 dello Statuto del Fondo Monetario Internazionale ne definisce lo scopo:

-promuovere la cooperazione monetaria internazionale attraverso un istituto che consenta la consultazione e la collaborazione sui problemi monetari
intemazionali;

-facilitare l'espansione e lo sviluppo equilibrato del commercio internazionale, contribuendo con questo mezzo alla promozione ed alla conservazione di elevati livelli di occupazione e di reddito reale, ed allo sviluppo delle risorse produttive di tutti i Paesi membri; - promuovere la stabilità dei cambi, mantenere un corretto ordinamento dei cambi tra i Paesi membri, evitare svalutazioni competitivi;

-eliminare restrizioni sui cambi che ostacolino lo sviluppo dei commercio internazionale;

- Mettere a disposizione dei Paesi membri le risorse del Fondo sotto opportune condizioni, per consentire loro di correggere gli squilibri delle
loro bilance dei pagamenti, senza ricorrere a misure dannose della prosperità nazionale o internazionale;

- ridurre la durata e abbassare il livello dei disavanzi delle bilance dei pagamenti dei Paesi membri.

La crisi del sistema monetario internazionale.
L'abbandono dello schema inglese con una moneta di riserva (Bancor) diversa da quelle nazionali metteva gli U.S.A. in una posizione di particolare privilegio. Gli accordi di Bretton Woods erano infatti concepiti in modo tale da essere impunemente violati, perché nessuna nazione era posta nelle condizioni di controllarne
l'inadempimento, cioè di controllare se il Tesoro Americano avesse emesso dollari in misura maggiore di quanto consentito dalle disponibilità di
riserve d'oro. Un tale controllo avrebbe infatti costituito un'ingerenza negli affari interni di un Paese straniero non ammissibile secondo i principi del diritto internazionale. Questo fondamentale difetto del sistema di Bretton Woods non è altro, poi, che il difetto essenziale derivante dall'equivoco iniziale di concepire la moneta come titolo (di credito) rappresentativo del valore della riserva (aurea o non) e non già come titolo puramente convenzionale, quale effettivamente è.
Questa possibilità consentiva infatti agli U. S. A. la realizzazione di un disavanzo cronico della propria bilancia dei pagamenti. Ciò per l'ovvia
ragione che, a differenza degli Stati membri, che erano costretti a prosciugare di moneta i propri mercati per restituire nei termini al Fondo
Monetario i prestiti ottenuti, questo problema non si poneva per gli U. S.A., il cui deficit della bilancia dei pagamenti era soddisfatto con la,massima facilità, dato che il Tesoro Americano, essendo il creatore della  moneta base del sistema, non aveva nessuna difficoltà a provvedersene.
Questo fenomeno causò l'effetto di un notevole squilibrio sui mercati mondiali, prima di tutto perché, come veniva rimproverato principalmente
dalla Francia, con questo sistema gli U.S.A. esportavano la loro inflazione; in secondo luogo la massa dei beni e servizi importati causava una notevole
crisi nel sistema produttivo americano, perché questo mercato era predisposto all'importazione con il conseguente rallentamento dei propri
procedimenti produttivi, disoccupazione, ristagno economico. Se da una parte i paesi più industrializzati dovevano fronteggiare la spinta
inflazionistica, d'altro canto erano avvantaggiati da un notevole slancio produttivo, che veniva giustificato politicamente dalla opportunità di
ricostruire le economie dissestate dalla guerra. (Famosa la frase del noto economista francese Jacques RUEFF, per cui gli U.S.A. tornavano a
distribuire birilli per continuare a giocare). In effetti il dollaro,andando ad invadere aree monetarie di altri paesi, veniva ad esautorarli nella parte più essenziale della sovranità politica, perché si arrogava molte prerogative della sovranità monetaria di tutti i paesi aderenti al Fondo Monetario. Il sistema del resto era strutturato in modo tale che non
poteva prescindere dall'uso del dollaro come moneta internazionale. Dal 1959
al 1971 tutti i mercati mondiali furono così invasi da masse sempre crescenti di dollari. Ha inizio a questo punto il fenomeno degli eurodollari che tecnicamente vengono definiti come dollari appartenenti a non residenti e che influiscono in modo non lieve a determinare squilibri monetari (abbondanza o rarità di moneta) con spostamenti causati da spinte speculative da un mercato all'altro. Gli U.S.A. che, sulla base degli
accordi di Bretton Woods e con l'istituzione del Fondo Monetario Internazionale, avrebbero potuto immettere sui mercati mondiali 10.000 milioni di dollari, avevano praticamente creato oro-carta per 80.000 milioni di dollari. Se dunque gli U.S.A. da una parte violarono gli accordi monetari, ciò avvenne con il tacito consenso della gran parte delle banche centrali del mondo occidentale, perché non è concepibile che masse così ingenti di dollari potessero essere immessi sui mercati mondiali in modo
surrettizio. L'antitesi che nacque fra gli Stati Uniti d'America e la Francia di DE GAULLE, particolarmente gelosa della propria sovranità monetaria, sfociò, come è noto, nella richiesta da parte francese di convertire in oro le masse di dollari esistenti sul proprio mercato.
L'esempio francese fu seguito anche da altre banche europee, sicché per
tener fede alla convertibilità nel rapporto di 35 dollari per oncia troy di
oro fino, gli Stati Uniti d'America dal 1958 al 1971 subirono una copiosa
uscita di oro per un ammontare di circa 90.000 tonnellate.

Il dollaro cominciò a indebolirsi e l'oro a riprendere quota.

-5) Il Pool dell'oro

La previsione della possibilità di un rapido refluire del valore monetario dalla carta all'oro, che ha sempre costituito una preoccupazione costante dei sistemi bancari, in quanto minaccia la stessa affidabilità e stabilità del sistema monetario internazionale (Talché dal 1717, data della costituzione della Banca d'Inghilterra, la politica svalutativa dell'oro aveva dato luogo solo a poche rivalutazioni ufficiali per modeste
percentuali, non proporzionate certamente alle spinte inflazionistiche del
mercato.), aveva indotto le banche centrali a costituire nel 1961, a Londra,
il Pool dell'oro con lo scopo di contenere il prezzo del metallo entro i limiti dei 35 dollari per oncia troy. Con questo accordo le banche compravano oro a prezzo alto per venderlo a prezzo basso, ciò per l'ovvia ragione che la perdita subita sulla differenza di valore tra il prezzo dell'oro acquistato ed il prezzo dell'oro venduto, veniva abbondantemente ricompensato dagli incrementi di valore conseguiti nelle quotazioni
ufficiali delle divise. Questo controllo del prezzo dell'oro dunque non è
comprensibile se non si considera che il sistema bancario, avendo la
possibilità di creare al costo nullo moneta nominale, e quindi avendo a
disposizione senza limite e senza costo tutto il denaro di cui avesse
necessità, veniva abbondantemente compensato della perdita subita nella
compravendita di oro, perché,sottovalutando l'oro, lucrava sul
corrispondente e contestuale aumento del potere d'acquisto della moneta
carta. La sovrabbondanza di dollari sul mercato causava però una tale massa
di richieste per convertire dollari in oro, che nell'ultimo trimestre del
1967 le riserve dei paesi del mondo occidentale, impegnate a sostenere il
dollaro per il rispetto dei patti di Bretton Woods, diminuirono di 1.400
milioni di dollari corrispondenti a circa 1.250 tonnellate di metallo ceduto
al prezzo di 35 dollari per oncia troy. Il 15 marzo 1968 il mercato di
Londra, incapace di tener fronte alla sempre crescente richiesta di oro
dovette chiudere,così come il mercato di Zurigo. Quello di Parigi però, che
aveva legato la propria politica monetaria all'oro, rimase aperto ed il
prezzo salì rapidamente dai 35 dollari ad oltre 44 dollari l'oncia.
L'avvenimento fu di tale risonanza che i Governatori delle banche centrali,
riunitisi dopo pochi giorni a Washington decisero di astenersi da ogni forma
di intervento sul mercato dell'oro. Nella comunicazione rilasciata dopo la
riunione veniva testualmente dichiarato: "il governo americano continuerà ad
acquistare e vendere oro all'attuale prezzo di 35 dollari per oncia nelle
transazioni con le autorità monetarie... L'oro detenuto da organi ufficiali
dovrebbe essere utilizzato soltanto per effettuare trasferimenti tra le
autorità monetarie". Su questa premessa veniva costituito il doppio mercato
dell'oro: uno riservato alle transazioni fra banche centrali, in cui la
quotazione del metallo era mantenuta rigidamente al livello di 35 dollari
per oncia, l'altro del libero mercato, in cui la quotazione era lasciata
oscillare secondo le spinte della domanda e dell'offerta. Va rilevato che in
quel periodo la levitazione dei prezzi era anche causata dalle richieste
particolarmente importanti avanzate dalle industrie spaziali ed elettroniche
per la realizzazione di nuove tecniche costruttive. Il risultato fu
l'accentuazione del divario dei prezzi dei due mercati. Questo episodio non
poteva non causare importanti effetti anche sul sistema monetario, perché i
Paesi debitori, cioè con bilancia di pagamento in disavanzo, erano
sottoposti ad un sacrificio economico ulteriore a quello contabilmente
definito, perché impossibilitati a pagare con oro a quotazione di libero
mercato; senza dire che i Paesi con consistenti riserve d'oro ,fra cui
l'Italia, vedevano limitata la loro potenzialità di creare nuova moneta,
come invece avrebbero potuto se il prezzo della loro riserva aurea fosse
stato quotato liberamente. Con lo squilibrio che ne derivò sul sistema
monetario venne meno il principio della stabilità dei cambi consacrato a
Bretton Woods.

6) La fine del regime di Bretton Woods e l'avvento del Dollar Standard.

Le tensioni ed il disagio in cui si era venuto a trovare il tesoro americano
dopo la palese impossibilità di rispettare i patti di Bretton Woods portò
alla storica dichiarazione di Nixon del 15 agosto 1971 a Camp David, con cui
veniva annunciata la decisione di sospendere la convertibilità del dollaro
in oro. Data l'importanza di questo avvenimento, sembra opportuno esporre
qui gli aspetti salienti di questa nuova radicale modifica del sistema
monetario internazionale. L'economia americana era stata sottoposta a delle
gravi sollecitazioni. La artificiosa sopravvalutazione del dollaro rispetto
all'oro e quindi rispetto alle altre divise monetarie, aveva aperto delle
gravi crisi sul mercato americano. Gli U. S. A. avevano pagato a caro prezzo
in termini di crisi economica e freno dello sviluppo produttivo
l'affermazione del dollaro a livello mondiale come moneta di riserva. Non è
senza significato infatti che, contestualmente alla non convertibilità
venivano annunciati da Nixon provvedimenti di protezione doganale del 10 per
cento sul prezzo dei beni importati dagli Stati Uniti. Le giustificazioni
vere per cui gli U.S.A. giunsero a questo passo basavano sull'ovvia
considerazione che, essendo stati emessi sui mercati internazionali i D.S.P.
come moneta puramente convenzionale - cioè concepita senza riserva aurea -
non c'era nessun motivo che il dollaro continuasse a rispettare questo
vincolo di garanzia. La teoria monetaria intuita da KEYNES nella
progettazione del Bancor aveva trovato nei fatti la sua conferma storica. Ed
ancor più questa intuizione doveva essere avvalorata dalle vicende che
seguirono immediatamente la dichiarazione di Nixon. Sembrava in quei giorni
che lo stesso sistema monetario occidentale dovesse crollare. Il fatto che
il dollaro, all'apertura dei mercato dei cambi, si svalutasse di minime
percentuali rispetto alle altre monete, è la prova che il valore monetario è
puramente convenzionale, mentre invece se fosse stato vero il principio che
la moneta era da considerare come fede di deposito di oro o di altre
riserve, il dollaro avrebbe dovuto perdere del tutto il suo valore. Ciò
significa,in altri termini, che qualunque siano le alchimie ed i sofismi
giudico-politici con cui è giustificato il valore della moneta all'atto
della sua emissione, rimane il fatto essenziale che la moneta trae valore
dalla circostanza che sia accettata dalle collettività nazionali puramente e
semplicemente come mezzo di pagamento e come unità di misura del valore dei
beni reali. Gli U.S.A. avevano ottenuto per gradi il riconoscimento
internazionale che la propria moneta, pur senza riserva, fosse da
considerare moneta di riserva. Era la trasformazione ufficiale del Gold
Exchange Standard in Dollar Standard . Si ebbe nei giorni immediatamente
successivi alla dichiarazione nixoniana una riunione straordinaria dei
Ministri finanziari europei a Bruxelles, che dopo un vivace confronto di
soluzioni, in particolare tra Francia e Germania, si concluse con la
decisione che il corso del dollaro degli Stati Uniti si stabilisse
liberamente in certi paesi della comunità con il mercato libero dei cambi,
mentre invece per altri si aveva la istituzione del doppio mercato. In
quell'occasione le autorità monetarie italiane, con un comunicato del
Ministero del Tesoro successivamente integrato da una dichiarazione
dell'Ufficio Italiano dei Cambi, dichiaravano libera la lira di fluttuare
nei confronti del dollaro. Sulla stessa linea si muoveva anche il Fondo
Monetario Internazionale che, tramite una dichiarazione, resa da Pierre Paul
Schweitzer, Direttore Generale del Fondo, inviata ai Ministri delle Finanze
dei 118 Paese aderenti, metteva in guardia da soluzioni frammentarie che
avrebbero pregiudicato seriamente i risultati conseguiti nel periodo
successivo all'ultima guerra mondiale. Il significato implicito di questa
dichiarazione era sostanzialmente quello di proporre la conservazione del
dollaro come moneta di riserva. Del resto la sua abolizione avrebbe
gravemente leso gli interessi dei Paesi che avevano tesaurizzato masse
imponenti di dollari, che una volta declassati dal rango di moneta di
riserva, avrebbero perso gran parte del loro valore. Significativa
l'espressione usata nell'occasione da Paul Samuelson: "Il problema da
affrontare oggi è quello degli 80.000 milioni di dollari rimasti sullo
stomaco delle Banche centrali".

7) I diritti speciali di prelievo.

Gli squilibri monetari che avevano pregiudicato la stabilità del dollaro
come moneta di riserva internazionale, inducevano le autorità monetarie a
programmare un nuovo strumento di liquidità internazionale: i diritti
speciali di prelievo. L'istituzione di questa nuova moneta di riserva
internazionale fu approvata dall'Assemblea dei governatori delle banche
centrali dei Paesi aderenti al Fondo Monetario Internazionale, tenutasi dal
25 al 29 settembre 1967 a Rio De Janeiro. Questa nuova moneta elaborata
nelle sue caratteristiche in quattro anni di studio dal Club dei 10 (cioè il
gruppo dei dieci Paesi più industrializzati fra cui l'Italia) veniva ad
aggiungersi alle altre monete di riserva. Il valore dei D.S.P. venne fissato
sulla base di quello di 1 dollaro, cioè 1 / 35 di oncia troy di oro fino.
Questo nuovo strumento monetario aveva circolazione limitata a transazioni
fra Stati o fra le loro banche centrali. Con l'istituzione dei diritti
speciali di prelievo (che inizialmente funzionava come strumento dei
depositi e delle aperture di credito per cambi), il F.M.I. diventava un
istituto di emissione. Possiamo dire che trovava realizzazione così il
progetto KEYNES, che aveva previsto la possibilità di creare il Bancor come
moneta di riserva puramente convenzionale, prescindendo dall'oro. Secondo il
progetto, le quote di diritti speciali di prelievo assegnate ai Paesi membri
erano proporzionate alle quote di partecipazione al Fondo Monetario
Internazionale. Questa caratteristica fu criticata perché realizzava la
conservazione di posizioni di privilegio a favore degli Stati economicamente
più forti e bloccava le possibilità di sviluppo dei paesi economicamente più
deboli, che pur avrebbero potuto conseguire notevoli miglioramenti economici
e produttivi a patto che avessero ottenuto la disponibilità dei necessari
mezzi finanziari. I diritti speciali di prelievo furono considerati con
notevole favore da gran parte degli ambienti politici e finanziari, perché
consentivano la costituzione di riserve monetarie senza dover dipendere
dalla egemonia del dollaro, ma in effetti ebbero ben poco rilievo pratico
perché giunsero a rappresentare appena il 3 per cento delle riserve
mondiali. Va tuttavia rilevato che i diritti speciali di prelievo sono
entrati nella pratica delle transazioni internazionali anche per finalità
differenti da quelle cui erano stati inizialmente destinati. Banche
americane, svizzere, svedesi ed istituzioni pubbliche francesi hanno emesso
titoli espressi in diritti speciali di prelievo, o costituito depositi in
D.S.P.. I pedaggi per il transito nel canale di Suez sono stati calcolati in
D.S.P. e non più in sterline egiziane. La possibilità della estensione del
loro uso ha indotto il Fondo Monetario Internazionale a cambiare i criteri
per la definizione del valore base dei D.S.P. ed è stato sostituito al
riferimento tradizionale (1 / 3 5 di oncia di oro ovvero un dollaro) un
cosiddetto paniere di 16 monete, a decorrere dal 1 luglio 1974; per
"paniere" intendendosi la media ponderata delle divise monetarie. Le monete
che partecipano del paniere sono quelle degli Stati le cui quote di
esportazione di beni o servizi sono stati superiori all'1 per cento delle
esportazioni mondiali valutate nel periodo 1968-72 ( E cioè: Stati Uniti,
Germania, Inghilterrra, Francia, Giappone, Canada, Italia, Olanda, Belgio,
Svezia, Australia, Danimarca, Norvegia, Spagna, Austria, Sud Africa.). La
predisposizione di questo strumento, che andava ad aggiungersi a quelli
tradizionali (dollaro e oro) era giustificata dalla situazione di disagio in
cui gli U. S. A. si erano venuti a trovare per la impossibilità di emettere
dollari nel rispetto dei patti di Bretton Woods.

8) Considerazioni critiche e comparative sui vari orientamenti di politica
monetaria Internazionale.
Possiamo dire - dopo l'abolizione del Gold Exchange Standard e
l'instaurazione dei D.S.P. che l'oro ha fatto il suo tempo e che è destinato
ad essere relegato nel ruolo di semplice merce? Non crediamo che questa tesi
sia attendibile per i seguenti motivi. L'oro ha le caratteristiche
essenziali: a) di costituire per consuetudine la veste di un valore
monetario tradizionalmente riconosciuto in tutti gli Stati del mondo; b) di
non poter essere producibile ad nutum principis ; c) di non poter essere
demonetizzabile arbitrariamente, perché il suo valore è convenzionalmente e
tradizionalmente riconosciuto prima che dagli Stati, dalle stesse
collettività nazionali; d) di non porre problemi di cambio, essendo già
accettato come moneta, se non da tutti, dalla gran parte degli Stati del
mondo. Del resto il tallone d'Achille dei D.S.P., così come regolato nel
sistema monetario internazionale, sta nel fatto di essere attualmente
considerato in un sistema monetario ibrido, in cui cioè il valore monetario
è concepito in parte come valore convenzionale e in parte come valore
creditizio. All'atto dell'emissione infatti il D.S.P. prescinde dalla
riserva monetaria, quindi ha valore convenzionale mentre invece è destinato
a costituire riserva monetaria delle varie divise nazionali, che assumono
cosí valore creditizio rappresentativo delle riserve. Nel caso quindi,
tutt'altro che improbabile, che gradualmente i D.S.P. si affermino come
moneta di riserva,viene da chiedersi se le banche centrali rispettino il
limite di emissione della propria moneta nazionale in proporzione alle
quantità di D.S.P. o di altra moneta di riserva in propria Disponibilità.
Non si vede perché i vari Stati membri del F.M.I. non possano e non debbano
seguire l'esempio eclatante dato al mondo dagli Stati Uniti d'America, che
hanno violato i limiti di emissione convenuti a Bretton Woods non solo
impunemente ma lucrando altresì il grosso risultato di imporre al mondo il
Dollar Standard.

Adottare il sistema keynesiano di sostituire all'oro i D.S.P., non ne
modifica la peculiarità fondamentale che un accordo di questo tipo possa
essere impunemente violato perché l'emissione di divisa nazionale, essendo -
come abbiamo rilevato - una prerogativa propria ed esclusiva di ogni stato,
non ammette interferenze o controlli esterni adeguati, senza pregiudizio
alla stessa sovranità. Questa è la ragione per cui , malgrado le raffinate
teorie dei monetaristi e l'abolizione ufficiale dell'oro come riserva,
questo metallo continua ad avere notevole prestigio nelle transazioni
internazionali. Basti considerare ad esempio che i Paesi dell'OPEC
(esportatori di petrolio) ne hanno ancorato il valore ad un rapporto di 20
barili di petrolio per oncia troy di oro fino. (Nel caso che l'oro fosse
svalutato, ne deriverebbe un automatico riequilibrio, perché i Paesi
acquirenti di petrolio avrebbero interesse a pagare in oro piuttosto che in
dollari). A ciò aggiungasi che il valore dell'oro deriva anche dalla sua
utilità specifica a soddisfare esigenze industriali di particolare rilievo,
specie nelle nuove tecnologie altamente sofisticate. Per questi motivi
l'economista francese jacques Rueff ha sostenuto, al tempo del governo De
Gaulle, la necessità del ritomo al Gold Standard puro, proponendo la
rivalutazione del prezzo dell'oro del cento per cento. La vera grande
modifica di fondo della sostituzione della moneta nominare alla moneta merce
sta nel fatto che in questa la disponibilità del mezzo necessario
all'emissione della moneta sta nelle mani di chiunque ce l'abbia, in una
concezione orizzontale della funzione monetaria che rimane prerogativa del
mercato, in quella invece la sovranità monetaria è retta su una concezione
verticistica ,perché è nelle mani della banca di emissione, la quale ha per
legge la potestà in regime di monopolio, di emettere moneta senza limite e
senza costo, attribuendosene peraltro la proprietà a titolo esclusivo. La
banca infatti emette la moneta prestandola e poiché prestare denaro è una
prerogativa del proprietario essa è per legge dichiarata proprietaria del
dell'atto dell'emissione. Si è realizzato così il basilare inconveniente
dell'attuale sistema monetario, in cui chi crea i valori monetari sono i
cittadini mentre chi se ne appropria è il sistema bancario che si avvia
ormai a conquistare tramite la sovranità monetaria una sovranità
sovranazionale, per non dire mondiale. Questo rovesciamento contabile ha
realizzato un macroscopico indebitamento di tutti i popoli del mondo verso
il sistema bancario senza contropartita. Non bisogna dimenticare tuttavia
che il gold-standard ha i difetti non lievi di consentire l'emissione
monetaria solo ai paesi che dispongono di oror e di determinare
conseguentemente l'incremento di liquidità monetaria non in proporzione alle
esigenze produttive e di mercato, ma alla quantità di metallo pregiato. Col
ritorno al gold-standard si verificherebbe,quindi, una drastica spinta
deflazionistica per rarità monetaria con gli inconvenienti ben maggiori di
quelli del sistema a moneta nominale. Questo significa che l'oro pur
continuando ad avere il suo prestigio per le ragioni suddette nei rapporti
internazionali fra banche centrali non potrà svolgere altro che una funzione
ausiliaria e integrativa del sistema con moneta carta. Per questi motivi
occorre porsi l'arduo compito di programmare una riforma dell'ordinamento
internazionale del sistema monetario che abbia , per quanto possibile, i
pregi dei sistemi tradizionali senza averne i difetti.

9) Rigidità e flessibilità dei cambi monetari. Nell'ambito del sistema
monetario internazionale, asume particolare importanza il regime dei cambi.
Questo regime non può dare stabilità e certezza dei valori monetari
costituenti oggetto delle transazioni internazionali, perché la moneta è una
unità di misura oscillante nella entità dei suo valore, ossia del suo potere
d'acquisto, non solamente per iniziative degli organi monetari, ma anche per
le più varie cause operanti sul mercato (produzione, consumo, offerta e
domanda di merce o di denaro, prezzo del petrolio ecc.), per cui non è
facile a volte individuare le cause delle spinte inflazionistiche o
deflazionistiche.  Basti pensare ad esempio che l'inflazione monetaria può esser causata non solo da abbondanza di moneta, ma anche da aumento della domanda dei beni reali. La domanda infatti causa l'aumento dei prezzi, che esprime quindi una
spinta inflazionistica non controllabile dalle autorità monetarie.
 
Tre sono i sistemi di cambio tradizionalmente operanti:
a) libera convertibilità delle monete;
b) cambio fisso;
c) cambio flessibile entro limiti rigidi di oscillazione.

Ognuno di questi tre sistemi presenta pregi e difetti, di cui merita dare qui un rapido cenno. Per comprendere, sia pure nelle grandi linee questo fenomeno, occorre distinguere tra inflazione e deflazione, che sono fenomeni monetari interni, e sopravalutazione, e sottovalutazione, che sono fenomeni internazionali. Data l'impossibilità che le autorità monetarie controllino tutte le cause determinanti le spinte inflazionistiche o deflazionistiche, per dare stabilità ed affidamento alle previsioni del valore monetario per la determinazione dei prezzi nelle vendite internazionali (importazioni ed esportazioni) si è addivenuti ad accordi plurilaterali per contenere le
oscillazioni dei cambi fra le varie monete entro limiti rigidi. Su questa linea opera il cosiddetto "serpente monetario europeo"che stabilisce un limite di oscillazione delle monete europee fra di loro all'interno del serpente, ed all'esterno verso il dollaro statunitense. Questo strumento, se soddisfa le esigenze dei singoli operatori, in quanto dà una certa affidabilità sul mantenimento del rapporto di cambio, non è tuttavia privo di inconvenienti, perché l'esperienza ha dimostrato che si verificano
fenomeni di sopravvalutazione o sottovalutazione artificiosa delle monete con notevole pregiudizio dell'equilibrio dei mercati sottoposti a regime di cambio fisso e semi-rigido. A titolo di esempio facciamo il caso che venga instaurato il cambio fisso tra lira e marco tedesco nel rapporto di 400 a 1. Se al momento in cui il cambio fisso viene adottato, una unità di merce costa 400 lire in Italia ed i marco in Germania, per l'aquirente sarà indifferente acquistare l'unità di merce nell'una o nell'altra nazione. Se
però, malgrado il mantenimento del cambio fisso le spinte inflazionistiche interne sono di diversa entità, e se l'inflazione in Italia è del 50 per cento ed in Germania dello 0 per cento, avviene che la medesima unità di merce potrà essere acquistata in Italia al prezzo di 600 lire e in Germania sempre al medesimo prezzo di 1 marco. A questo punto l'operatore economico italiano avrà interesse ad acquistare il detto prodotto in Germania, in quanto in virtù del cambio fisso sarà messo in condizione di ottenere 1
marco per 400 lire, pagando al vecchio prezzo il prodotto in Germania. Questo esempio sta a significare che con il cambio fisso si determina la predisposizione del mercato con moneta sopravalutata (nel nostro esempio l'Italia) all'importazione, con il conseguente fermo produttivo e ristagno economico mentre invece il mercato con moneta sottovalutata (nel esempio la Germania) è predisposto all'incremento produttivo ed alla esportazione. Queste considerazioni mettono in evidenza che la modifica dei rapporti di cambio monetari è tutt'altro che neutra nello scambio internazionale. E ci si spiega come strumenti monetari, che ad una visione unilaterale ed incompleta possono apparire idonei ad eliminare alcuni inconvenienti (ad
esempio la instabilità dei cambi propri del libero mercato), presentano per
altro verso altri inconvenienti di non minore rilievo di quelli che si erano voluti eliminare. Per questi motivi la politica monetaria si è orientata su formule di compromesso fra lo schema della rigidità e quello della libera fluttuazione dei cambi, adottando lo schema semi-rigido con limiti di oscillazione sufficientemente ampi da evitare fenomeni imponenti di artificiosa sopravvalutazione o sottovalutazione monetaria.
10) Le società multinazionali.
Su queste premesse ci si può spiegare il fenomeno delle società multinazionali che si sono ormai affermate come protagoniste su tutti i mercati del mondo. Si tratta, come è noto, di società per azioni, o per meglio dire di gruppi di società anonime che operano contestualmente su differenti mercati in posizione di assoluta preminenza. Tanto è vero che il fenomeno si è imposto all'attenzione dei legislatori oltre che della
dottrina e della giurisprudenza per tentare di arginare l'enorme potenzialità di conquista dei mercati e di dirompente concorrenza. La vera ragione della maggiore vitalità di questi gruppi di imprese sta nel fatto che, potendo operare su mercati di diversa nazionalità e sotto differenti sistemi monetari sono in condizione di sfruttare le favorevoli congiunture monetarie: ad esempio incentivando la produzione e la esportazione, nei paesi con moneta sottovalutata, e disincentivando i procedimenti produttivi e promuovendo l'importazione, nei paesi con moneta sopravalutata. Esse sono così strutturate da poter superare facilmente le crisi causate dalla inversione di scelta della politica monetaria e dei cambi, perché sono a loro volta nella possibilità di invertire le proprie scelte incentivando o fermando i procedimenti produttivi sui vari mercati. La loro potenza economica è data dunque dal fatto che sulle loro vele soffia sempre il vento favorevole dei rapporti di cambio delle monete, cui va aggiunto il
privilegio di una disponibilità praticamente illimitata di finanziamento. E' ovvio che ciò è possibile perché sono controllate dalle medesime società strumentalizzanti il sistema monetario. Come è stato giustamente detto, con le multinazionali le banche centrali operano in prima persona sul mercato avendo a disposizione senza costo e senza limite tutto il denaro che vogliono. Ed è questo il vero motivo per cui nei loro confronti non è possibile alcun tentativo concorrenziale da parte delle normali imprese
commerciali. I tentativi finora proposti di arginare l'azione dirompente di questi giganti dell'economia sono rimasti inoperanti e circoscritti al semplice rango delle buone intenzioni, perché il vero problema non è tanto quello di codificare leggi anti-trust , quanto quello pregiudiziale di sottrarre il dominio della moneta al sistema bancario.
11) Precisazioni introduttive sul concetto di valore.
La strutturazione di un equo sistema monetario internazionale è il presupposto indispensabile per la normalizzazione degli equilibri politici ed economici mondiali. Poiché il tema, anche se di fondamentale irnportanza, costituisce un aspetto puramente tecnico della politica economica, va preliminarmente chiarito che esso presuppone a monte un discorso che deve necessariamente toccare aspetti essenziali di razionalità, di etica e culturali, che altrimenti lo strumento monetario impazzisce nelle mani di chi l'adopera e non è più uno strumento al servizio della collettività, ma viceversa una grave minaccia alle stesse libertà fondamentali dei popoli. Quando dei termini strabilianti entrano nel linguaggio corrente, l'opinione
pubblica perde la consapevolezza del loro significato e si adatta ad accettare come fatti normali anche episodi assolutamente straordinari. Infatti oggi l'opinione pubblica ha accettato, come fatto del tutto normale e ragionevole, l'istituzionalizzazione del cosiddetto oro carta. Per realizzare una valutazione razionale ed obiettiva di questo fenomeno, occorre innanzitutto precisare che al vertice bancario internazionale è
stato possibile sostituire alla moneta-merce il simbolo monetario di costo
nullo perché ha compreso un fondamentale principio di filosofia del valore,e cioè che il valore non è mai una qualità della materia. Il solido, il liquido, il peso, il volume ecc. sono qualità della materia, non il valore,perché esso consiste sempre in una previsione, ovverosia in un rapporto tra fasi di tempo, che è una dimensione dello spirito. Così ad esempio possiamo dire che una penna ha valore perché prevediamo lo scrivere. Quindi il valore è il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto. Anche la moneta ha valore perché ognuno è disposto a cambiare merce contro moneta perché prevede di poter dare a sua volta moneta contro merce. Quindi la previsione del comportamento altrui come condizione del proprio, è la fonte
del valore convenzionale monetario. Ciò posto, ci si rende conto che anche l'oro ha valore di moneta, non perché sia oro, ma perché ci si è messi d'accordo che lo abbia. Quando si orienta l'attenzione della generalità sulla convertibilità della carta moneta in oro, in effetti si evidenzia come necessario un fatto che invece è del tutto inutile a conferire alla moneta il suo potere di acquisto. La vera ragione per cui si vuole conservare nella opinione pubblica l'illusione che la moneta sia una "fede di deposito" e spacciare quindi sotto forma di titolo di credito un valore convenzionale,sta nell'indurre l'uomo della strada nel falso convincimento che esista un limite obiettivo alla emissione della moneta nominale (in quanto commisurata alla quantità di riserva) e che l'emissione del simbolo monetario da parte della banca non possa essere gratuita - come invece è - perché sarebbe condizionata dalla disponibilità del bene reale "oro". Con il pretesto della riserva oro si vuole sostanzialmente conservare nell'opinione generale il riflesso condizionato causato dalle vecchie culture basate sull'uso secolare delle monete merci, ossia su una concezione materialistica del valore. In tal modo, con l'emissione di carta moneta strutturata come falsa cambiale o
falsa fede di deposito, si induce la collettività a dare merce, che ha un costo, contro oro carta, che costo non ha.
12)Valore creditizio e valore (convenzionale) monetario. Questa strategia di
dominazione dei mercati si è basata dunque sulla confusione, deliberatamente
preordinata, tra i due concetti di valore creditizio e di valore
convenzionale. Mentre per valore creditizio si intende quello relativo alla
prestazione oggetto del credito, per valore convenzionale, invece, deve
intendersi un valore che è causato dalla stessa convenzione. Per chiarire
questa differenza è utile portare un esempio: se si instaurano due atti di donazione reciproci fra due persone, si ha ex post un risultato identico a quello di un contratto di permuta. Ed è evidente che se due persone, invece di fare due atti di donazione, fanno un contratto, vuol dire che vi è un incentivo specifico e che quindi nel contratto risiede una utilità diversa, e superiore a quella della prestazione e della controprestazione. Questo valore convenzionale è causato dalla previsione del comportamento altrui come condizione del proprio. Così avviene per la moneta, il cui valore è determinato dal semplice fatto che ognuno è disposto a dare moneta contro
merce, in previsione di poter dare a sua volta merce contro moneta. I valori monetari esplodono così, mediante una pura attività mentale dei componenti le collettività nazionali che realizzano, con la convenzione monetaria, il valore della moneta. Spacciando sotto forma di titolo di credito il valore convenzionale, il sistema bancario conseguiva lo scopo di appropriarsi dei valori convenzionali prodotti dalla collettività. Esso infatti, approfittando della circostanza che la emissione dei titoli di credito è
prerogativa del debitore, apparendo come debitore nella dichiarazione cartolare, ed arrogandosi il diritto di emettere il titolo, acquistava la proprietà della moneta. Con questo sistema la banca riusciva a trasformare un debito apparente in un arricchimento sostanziale. Per esempio, il tenore documentale della banconota "Lire mille pagabili a vista al portatore", starebbe a significare solo teoricamente che esibendosi questo documento alla banca, essa dovrebbe essere tenuta a corrispondere l'equivalente merce oro. E poiché, per legge, la banca non può convertire in oro i titoli monetari, essa e autorizzata ad emettere questa cambiale, che è una falsa cambiale, perché senza scadenza e senza responsabilità, e quindi con la garanzia di non pagarla. La banca così trasforma un proprio debito apparente in un arricchimento sostanziale,mediante un macroscopico rovesciamento contabile di cui nessuno si scandalizza forse perché troppo evidente, e che le consente di appropriarsi di un valore che non ha nulla a che vedere col credito. Mentre il credito si
estingue con il pagamento, la moneta continua a circolare dopo ogni transazione indefinitivamente. Ed essendo, oltre tutto, la moneta il mezzo per soddisfare ed estinguere il credito, non può avere essa stessa valore creditizio, anche se a volte il credito viene usato come surrogato della moneta (ad esempio la cambiale usata come mezzo di pagamento). E' questa la prova che la moneta, anche se circola normalmente sotto la veste di titolo di credito, incorpora un valore puramente convenzionale. La categoria dei valori convenzionali ancora oggi è quasi del tutto ignorata dalla scienza economica ,e dal sistema legislativo, tanto è vero che non esiste ancora un valido regime giuridico della funzione monetaria. Secondo le teorie
tradizionali, quando si parla del valore, erroneamente si intende per lo più
per tale il valore costo, come incorporazione del costo nel prodotto. E'
storicamente provato che ogni qual volta è invalso l'uso di considerare una
merce come simbolo monetario,il suo valore è aumentato notevolmente. Poiché
infatti il valore di un bene è commisurato alla sua utilità, quando una
determinata merce, oltre a soddisfare l'esigenza cui è naturalmente
destinata, soddisfa anche quella di essere misura del valore per lo scambio,
ovviamente aumenta di valore perché aumenta di utilità. Ciò avvenne ad
esempio all'inizio della storia coloniale americana negli Stati del nord per
il granoturco e le pelli di castoro, e negli Stati del sud per il tabacco e
il riso, quando queste merci furono considerate come moneta.La moneta assume
valore per il semplice fatto che è l'unità di misura del valore dei beni.
Ogni unità di misura ha, infatti, la qualità corrispondente a ciò che deve misurare. Come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, come il chilogrammo ha la qualità del peso perché misura il peso,così la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore. Ed il valore della moneta è convenzionale, oltretutto, perché ogni unità di misura è convenzionalmente stabilita. Acquistare consapevolezza di questa verità significa scoprire l'enorme potenzialità di valore della nostra attività
mentale di gruppo, tanto è vero che il valore monetario sussiste anche quando il simbolo monetario è di costo nullo e carente di qualsiasi forma di riserva, come oggi avviene per il dollaro e i diritti speciali di prelievo. Che la moneta avesse la duplice caratteristica di essere l'unità di misura del valore dei beni e di incorporare quindi il valore della stessa unità di misura, era chiaramente affermato da Ezra Pound : "La moneta non è uno strumento semplice come una vanga. Contiene due elementi,quello che misura i prezzi sul mercato e quello che dà il potere di comprare la merce". Da ciò deriva che la funzione monetaria causa una duplicazione dei valori e raddoppia quantomeno la ricchezza dei popoli che la adottano, perché la
somma delle unità di misura (monete) esprime una quantità di valore corrispondente a quello di tutti i beni reali misurati o misurabili nel valore. E' tempo che l'opinione pubblica si renda conto che chi crea il valore della moneta non è chi la stampa o la emette, ma chi l'acetta come mezzo di pagamento, cioè la collettività dei cittadini. La mancanza di questa consapevolezza, fa si che ad appropriarsi del valore monetario non siano popoli , ma il sistema bancario internazionale, in virtù del monopolio
culturale della categoria dei valori convenzionali.
13) Rilevanza della forma e della istituzionalità giuridica nella creazione
del valore monetario.
Occorre precisare quali caratteristiche tecniche ed economiche assuma il
procedimento di emissione nella creazione del valore monetario, ed in particolare l'enorme rilevanza della istituzionalità giuridica (cosiddetto corso legale) e la conseguente manifestazione formale mediante il simbolo monetario di costo nullo.E' la manifestazione formale del simbolo che, una volta recepita dalla collettività, ne determina la tipica rilevanza giuridica per la coscienza sociale. E' questa che crea il valore monetario convenzionale, sicché nel momento stesso in cui si è incorporato nel simbolo il valore convenzionale, si obiettivizza in un nuovo bene: la moneta.Questo
bene ha dunque le caratteristiche di essere:
a) immatetiale, b) collettivo, c) di avere un valore condizionato:

 

a)immateriale perché la strumentalità risiede non nell'elemento materiale
del simbolo (la cui funzione consiste nel manifestare il bene, individuarlo
come oggetto di diritto, attribuirne la titolarità al portatore del
documento) ma nella convenzione monetaria. A conferma di ciò sta il fatto
che, se si dichiara una moneta fuori corso, essa, pur senza perdere la sua
integrità fisica, perde il suo valore. Ciò avviene perché il simbolo ha
perso la sua rilevanza giuridica. In breve, perché è venuta meno la
convenzione sociale che attribuiva al simbolo il tipico valore convenzionale
monetario. La rilevanza giuridica è la tipica convenzione che rende
attualmente utile ogni modo di essere degli strumenti giuridici.Merita
ricordare a questo punto la magistrale definizione di Pedio: " Conventionis
nomen generale est omnia pertinens quod faciunt qui inter se agiunt"
(Digesto2,14,1,3).

Da queste ovvie considerazioni emerge la assoluta inattendibilità delle
teorie che capziosamente ed interessatamente pretendono di qualificare la
moneta come merce, cioè come bene materiale. Queste teorie sono di solito
sostenute per intendere il monopolio culturale delle scienze monetarie,
dirottando la cultura di massa sui falsi binari della concezione
materialistica del valore. La merce è stata da sempre la forma o
manifestazione esteriore del valore monetario e solo entro questi limiti è
accettabile la sua strumentalità o il suo valore che dir si voglia.Anche
l'oro ha valore di moneta non perché sia oro, ma perché ci si è messi
d'accordo che lo abbia. Tanto è vero ciò, che si usa ormai normalmente la
carta per espletare la funzione tradizionalmente assunta dall'oro e nessuno
si scandalizza se si usa correntemente oro-carta, cioè moneta formalmente
manifestata mediante un simbolo di costo nullo.Quando si distinguono i beni
materiali da quelli immateriali in base alla considerazione che i primi
sarebbero percepiti mediante i sensi (qui tangi possunt) ed i secondi
mediante l'intelletto, non si comprende il punto essenziale della funzione
della forma. Anche i beni immateriali si manifestano infatti mediante un
mezzo sensibile: ad esempio carta ed inchiostro nel diritto d'autore o nel
disegno del brevetto o dell'opera dell'ingegno. Non è dunque questo il
criterio distintivo tra le due categorie di beni. La verità è 'invece che i
beni materiali si distinguono dai beni immateriali, perché in quelli la
strumentalità risiede nella materia, in questi invece risiede in una realtà
spirituale. Il valore che è elemento comune a tutti i beni - sia quelli
materiali che quelli immateriali - consiste sempre in una realtà spirituale,
cioè - come abbiamo detto in una previsione, che è una dimensione dello
spirito perché è un modo di essere del tempo. Così come non è concepibile la
vita senza tempo, non è concepibile valore senza vita, tanto è vero che non
esiste ricchezza in un mondo di morti. E' dunque la nostra esperienza
vivente che ci rende consapevoli di questa verità.

Se la moneta fosse puramente e semplicemente merce, cioè materia, essa
sarebbe concepibile anche in un mondo senza vita. Per reductio ad absurdum,
dunque, questa tesi è da respingere.

b) collettivo in quanto ha la caratteristica di essere ad un tempo unità di
misura convenzionale del valore dei beni e valore della stessa misura che
diventa pertanto oggetto di scambio. E' la collettività stessa che
accettando la moneta come unità di misura e mezzo di pagamento ne crea e
conserva il valore, sicché la moneta non sarebbe concepibile se non
nell'ambito di una collettività che ne usa. Questa caratteristica assume
importanza di grande rilievo nell'ordinamento internazionale del sistema
monetario, perché quando di questa convenzione monetaria partecipano
differenti Stati, nasce un interesse comune alla stabilità ed alla difesa
dei valori monetari che costituisce un incentivo alla pacifica consistenza
ed al coordinamento dei sistemi economici.

c)di aver un valore condizionato dalla esistenza di beni da misurare nel
valore. Questa condizione è comune a qualsiasi unità di misura. Ed è questa
una precisazione fondamentale per evitare l'equivoco di ritenere la moneta
"rappresentativa" del valore dei beni esistenti sul mercato quasi fosse una
specie di titolo di credito o fede di deposito.Il valore monetario è
infatti, come abbiamo visto, convenzionale e non creditizio. Avere
consapevolezza di questa verità significa anche comprendere che, all'atto
della nascita, questo bene deve essere regolato anche come oggetto di
diritto; occorre cioè stabilire per legge, all'atto dell'emissione
monetaria, di chi sia la proprietà della moneta. Una valida riforma del
sistema monetario internazionale non è concepibile se a monte non accoglie
il principio fondamentale di considerare ogni popolo proprietario della sua
moneta. E' infatti la collettività dei cittadini che con la sua attività
mentale crea il valore convenzionale monetario. Come abbiamo già detto, e
torniamo a ricordare, il valore della moneta è creato dal fatto che ognuno è
disposto ad accettare moneta contro merce perché a sua volta, prevede di
poter scambiare moneta contro merce. Questa previsione del comportamento
altrui come condizione del proprio è la fonte del valore convenzionale
monetario.Dunque, ogni popolo va riconosciuto proprietario della sua moneta
in quanto è lui stesso che la crea. Il mancato chiarimento di questo
concetto ha consentito il secolare equivoco dell'emissione monetaria. La
banca infatti si è attribuita la proprietà della moneta perché l'ha emessa
mediante indebitamento del mercato, prestandola, e siccome prestare denaro è
sempre prerogativa del proprietario, con un rovesciamento contabile, si è
attribuita la proprietà della moneta, il cui valore è invece, creato dai
cittadini. Particolarmente significativa e rivelatrice la considerazione di
E. POUND : "Lo scopo della guerra civile americana venne scoperto in un
numero dell'Hazard Circular del 1862: Il grande debito che i nostri amici
capitalisti dell'Europa faranno creare da questa guerra, verrà adoperato per
controllare la circolazione. Noi non possiamo permettere che i greenbacks
(biglietti di stato) circolino, perché non possiamo averne il dominio.

14)Brevi cenni sulla evoluzione storica dei simboli monetari di costo nullo.

Non si può comprendere come sia stata possibile la realizzazione storica di questa strategia monetaria, se non si considera la fondamentale esperienza del popolo ebraico dopo la fuga dall'Egitto. Questo popolo si fermò e visse
per quarant'anni nel deserto del Sinai, in un periodo storico in cui l'economia era prevalentemente agricola. Per sopravvivere non aveva altra altemativa che spendere il tesoro sottratto agli egiziani, consumando definitivamente la ricchezza acquistata, ovvero trovare un'espediente per appropriarsi senza costo, dei beni prodotti dagli altri popoli. E' storicamente provato che il popolo ebraico, invece di comprare merce mediante l'oro e l'argento, introdusse nel mercato, come mezzi di pagamento,i titoli rappresentativi dell'oro e dell'argento, ed i mercanti stranieri erano ben disposti ad acquistare questi simboli (mamrè o mamrà) in luogo delle monete metalliche, sia perché, usando i titoli rappresentativi evitavano il rischio di essere rapinati dai predoni (che non avendo alcuna cultura scritturale non raffiguravano nei simboli documentali alcun valore monetario), sia perché avevano nel simbolo il massimo affidamento, in quanto questa cambiale emessa dal componente il popolo israelita era garantita solidalmente da tutta la collettività ebraica. Non ci si può spiegare infatti l'assoluta fiducia riconosciuta dal mercato al simbolo documentale,
così come se fosse stato esso stesso d'oro, se non si considera il poderoso
influsso che ebbero nel popolo ebraico alcuni fondamentali comandamenti mosaici. Mosè infatti comandò al suo popolo l'obbligo dei prestito reciproco in caso di bisogno e la remissione dei debiti ogni sette anni, in ricorrenza del cosiddetto anno sabatico (Deuteronomio, 15, 1 -6). Nel rispetto collettivo di questi precetti, per l'ebreo era indifferente prestare o non prestare denaro al proprio fratello, perché avendo prestato denaro, ognuno a sua volta era in condizioni di pretendere il prestito da un altro ebreo, ed era altresì indifferente che nell'anno sabatico si avesse la remissione dei debiti perché - per quanto grande fosse stato l'ammontare dei debiti estinti - si era sempre nella condizione di poterli riaccendere all'inizio del nuovo settennio.Da questi comandamenti mosaici derivò che, ogni qual volta la cambiale veniva presentata per l'incasso, veniva regolarmente pagata, perché il debitore insolvente poteva rivolgersi per un prestito ad un altro ebreo, e questi glielo concedeva per comandamento religioso, tanto più perché, se a sua volta avesse avuto necessità di denaro, poteva
pretenderlo nei confronti di altro componente il popolo ebraico. Così avvenne che ogni titolo di credi