In margine al 14 luglio
di Alessandro Scipioni - 22/07/2014
Fonte: Il giornale del Ribelle
| | |
Come son belle le rivoluzioni democratiche degli ultimi due secoli. E la principessa di tutte è quella che toccò l’incantata terra di Francia, terra che ha dato i natali a parte del mio stesso sangue. Terra dove magicamente la ricerca di uguaglianza, libertà, giustizia sociale hanno portato il sovvertimento dell’ancien régime. E terra che ha eletto una assemblea che non rispondeva ad altro principio se non la propria stessa volontà, che non trovava freni concentrando in se stessa tutto il potere del mondo. Senza una predefinita morale, senza confine o vincolo all’azione degli eletti. E che divenne, ed ancora oggi è simbolo di come una assemblea che accentri in sé ogni potere è più pericolosa, ipoteticamente dispotica ed in linea di principio più crudele del peggiore dei tiranni. Mirabeau lo aveva previsto e voleva mantenere il potere tra il voto dell’assemblea ed il regio assenso. Inizialmente onorato e tumulato con grandi onori, vedrà poi le sue spoglie mortali profanate e gettate nelle fogne. Non ebbero i rivoltosi nemmeno limite di rispettare la morte. Ma della morte, e in specie di quella violenta, fu fervente sostenitrice questa assemblea. Ed essa stessa finì per divorare chi ne aveva limitato, con una disastrosa, ma magari inconsapevole scelta il potere. Camille Desmoulins vivace ideologo della rivoluzione veniva consegnato insieme all’amata sposa al boia. Ed insieme ad esso cadeva la testa di Jacques Danton che difronte al democratico tribunale creato dai rivoluzionari, che molto più della regia giustizia precedente, mieteva vittime nel popolo francese sconsolato ammetteva : “so che siamo condannati a morte, conosco questo tribunale, sono stato io a crearlo e chiedo perdono a Dio ed agli uomini…non era nelle intenzioni che divenisse un flagello per il genere umano, bensì un appello, un'ultima disperata risorsa per uomini disperati e gonfi di rabbia”. Ben triste esito per chi ambiva alla libertà e trovò nella rivoluzione la vera tirannide.
Ma se la ghigliottina non fu la fine di Jean-Paul Marat, non fu l’aver mandato tanta infinita povera gente a causare il suo assassinio? La mano della sua giustiziera Charlotte Corday non venne armata dalla rabbia nel vedere che mondo stavano costruendo i rivoluzionari, con un ideale di uguaglianza, libertà e fraternità che si concretizzava nell’uccidere chi dissentiva dalla volontà dei governanti? Lo stesso La Fayette, condottiero dei primi rivoluzionari, si salvò dal terrore giacobino solo scegliendo la via dell’esilio. Ma infinito sarebbe l’esercito di piccoli e dimenticati uomini mandati a morte dallo sfrenato fanatismo delle volontà distruttrice di quella rivoluzione che aveva cancellato un odiato regime di privilegi per sostituirvi un terrore assoluto.