Il vecchio e il vento: il pescatore di zefiri
di Gennaro Matino - 26/08/2006
«Dura vita di mare, tempo di sale che mangia la carne e essicca la pelle bruciata dal sole. Rughe marcate da memorie in cerca di pane, tirando a riva il lavoro sudato»
Vento di zolfo accarezza leggero i volti. Il tufo poroso acchiappa il sole e lo conserva nel ventre. Scuro piperno, memoria di vulcani, porta veloce al mare. Bacoli è un brulicare di case bianche, modeste dimore di pescatori.
Seduto sul gradino dell'uscio, il vecchio Alfonso fissava l'acqua turchese e contava le onde appena appena spolverate da un riverbero scintillante.
«Passa tutto il tempo così, commara mia, sempre solo. L'unico compagno è il mare».
Celeste, la nipote, non si rassegnava: da tempo Alfonso era muto. Gli avevano rubato l'onda amica.
«Vedete che peccato, un pezzo di uomo come lui!», esclamò la commara scapuzziando, a ribadire dispiacere senza parole.
«Eh già! Non c'è niente da fare: ogni scarpa diventa scarpone. Ma chi si aspettava che anche don Alfonso lo scummatiello sarebbe diventato scarpone!».
Il contranome in terra Flegrea è più importante del nome stesso. I cognomi, quelli sono: pochi come gli stessi abitanti. Hai bisogno di un soprannome per distinguerti dagli altri e lo scummatiello era un capo rispettato. Guidava paranze e teneva legate reti di uomini che solo al suo comando calavano la rete dei pesci. Il carattere che si ritrovava, spuntuto e incazzaso, quello era e non c'era niente da fare. Poche parole, per lo più gridate in faccia. Sprucido, ma non antipatico, era venerato dai compaesani come il pane. La stima gli veniva dal mare. Lo conosceva come nessun altro. In fondo, se don Alfonso era rude lo era solo per proteggere la sua ciurma di speranzosi disperati dalle insidie del mare. Solo scorza la sua, nulla più. Il cuore ancora si commuoveva allo spuntare del primo sole dietro Miseno, sorpresa rosacea nel silenzio della scia. Passione di libertà la sua, stringeva i denti e gridava dignità per i suoi compagni, per le loro mogli e per i loro figli difendeva quel poco di mare, quel tanto di cielo che il Padreterno aveva loro concesso. Rude e incazzoso, ma forte del mestiere, Alfonso lo scummatiello era una roccia.
Scummatiello è la palamita, il pesce azzurro simile al tonnetto dalla carne scura e saporita. Quando la rete lo ruba al mare, lo scummatiello si stizza, si storce, si strugge. Combatte la sua battaglia, ma non si rassegna a diventare merce. Sa che deve fare i conti con la morte ma spera di poterla guardare in faccia da vivo. Troppa paura della vecchia signora imbastardisce la vita, diceva Alfonso, meglio sarebbe morire da vivi e far morir la morte.
«Neppure una parola dal giorno della disgrazia?», chiese sottovoce la commara, asciugandosi il sudore con un enorme fazzoletto.
«Neppure una, commara mia. Ha inserrato il portone e sopra ha scritto: chiuso per lutto».
Sapeva fiutare il branco di pesci e solitario, come ogni mistico cercatore di sostanze nascoste, alle prime ore del giorno don Alfonso scrutava il mare dal suo gozzo, per scegliere lo specchio d'acqua più ricco. Ad un suo segnale la paranza tuffava gli scafi e, come per miracolo, la pesca era sempre abbondante.
Dura vita di mare, tempo di sale che mangia la carne e essicca la pelle bruciata dal sole. Rughe marcate da memorie di anni passati, in cerca di pane, tirando a riva il lavoro sudato. Il mare è vita, pescare è vita. Anche la tempesta è roba di mare. Il pescatore non finge, scrive la storia per intero, senza mentire. Il vento fa parte del gioco: ti consola quando gonfia la vela e velocemente ti riporta a casa, lo rispetti, invece, quando furioso sconquassa ogni cosa per inventare nuova materia trasformando l'antica. Il vento, favorevole o contrario, è roba di mare, e se ami il mare devi fare i conti con il vento.
Celeste accarezzò la fronte del nonno. Uno sguardo a scambiarsi percorsi d'amore. Le parole sono abbondanti anche senza rumore quando dicono bene condiviso.
«Nonno, hai visto chi ti è venuto a trovare?»
«Don Alfo', non mi riconoscete? Sono commara Rebeccuccia, la moglie di Marmulillo».
Il vecchio guardava il mare, il vento muoveva le sue onde e le rubava avido per portarle lontane. Lui conoscev a il vento, era pescatore di zefiri. Nelle uscite solitarie aveva decifrato il suo linguaggio, del ponente e del levante, e sapeva sempre dove avrebbe soffiato.
La sua ciurma non aveva paura quando il vecchio era a prua, il suo sguardo bastava per dire mare aperto o presto a riva. Il vento non è mai stato nemico del mare e nessuno avrebbe mai potuto convincere don Alfonso che il mare potesse essere nemico del pescatore.
Solo l'ignoranza e la presunzione, assenza di vero, creano mostri. La sua esperienza, passata per le mani incallite, gli aveva insegnato la verità che libera.
Il vecchio sapeva fiutare il vento, sapeva scoprire branchi e credeva di conoscere gli uomini. La sua ciurma era tutto il suo mondo, ma non erano tutti gli uomini.
«Commara mia, quel giorno disgraziato il nonno, come tutte le mattine, uscì per sentire il vento e seguire l'onda giusta. Il mare è potente e misericordioso, e non ti fa fesso se lo sai rispettare. Il povero cristo uscì in barca al mattino e a sera si trovò in prigione».
«In prigione?»
«Mio nonno non volle accettare che il suo mare era diventato zona militare. Diceva che i pesci non fanno la guerra, e che il mare e il vento non possono essere messi in trincea».
Quel poco di mare e quel tanto di cielo all'improvviso erano diventati, invece, zona invalicabile.
Ai pescatori fu ordinato di cambiare mestiere, ma senza cielo e senza mare le loro parole sarebbero morte. La palamita, anche se in rete, combatte e il vecchio scummatiello sfidò il divieto e da solo uscì ad acchiappare il vento.
Don Alfonso passò un mese in prigione e per tutto il mese tentò di spiegare con le sue parole all'uomo di legge che il mare per la gente di Bacoli era tutta la vita. Ma l'uomo di legge aveva le carte scritte e il vecchio non sapeva leggere. Il vento e il mare gli avevano insegnato le loro note e dato che quella era ormai la sua lingua decise che non ne avrebbe parlato un'altra.
Bacoli perse i pescatori e perse le sue radici. Qualcuno ricord a ancora le ultime parole del vecchio scummatiello prima che chiudesse per sempre il portone: «Il vento ti sorprende ma non tradisce».