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Buttafuoco tra angeli ed eroi contro la dittatura della ragione

di Alessandro Volpi - 19/11/2014

Fonte: Barbadillo


buttafuoco«Buttafuoco è un passatista». Così, con aria di supponenza, con un misto di sdegno e scherno, con quella superiorità intellettuale tipica degli stronzi di sinistra, di quelli che, citando infedelmente il Marchese Fulvio Abbate, sono convinti di avere gli occhialetti di Gramsci sul… Così Corrado Augias ha apostrofato il Saraceno l’altra sera dalla Gruber. «Ma tu, perché sei così affascinato dal nazismo?» ha continuato, non soddisfatto, come per dire: «Dai, ammettilo, sei un nemico del Progresso».

Ecco, questo in sostanza stava dicendo Augias: gli muoveva l’accusa di non conformarsi alla Ragione Universale del Progresso incarnata nella Santa Democrazia e nel dogma dei Diritti Umani. La sentenza, implicitamente contenuta nelle parole e nel volto di Augias, è stata: «Sei un passatista, un fideista, un violento fascista, non hai i requisiti per partecipare al dialogo». Ma lasciamo perdere “l’Affaire Augias-Buttafuoco”, che in fondo non è altro che l’ennesima sciarriatina mediatica di cui tutti si dimenticheranno in poche ore, e che è servita soltanto per aumentare l’audience di La7.

Torniamo all’inizio. «Buttafuoco è un passatista». Che significa? È un nostalgico, uno che vorrebbe tornare ad epoche passate, che rifiuta il presente e il futuro in nome del passato.

Ma perché? Ecco, sono convinto che Buttafuoco si trovi a brancolare nel passato per lo stesso motivo per cui Diogene di Sinope si aggirava di giorno con la lanterna: cerca l’uomo. In questi dannati tempi l’uomo è scomparso, quell’oggetto, residuo “antiquato” nelle maglie della Tecnica è stato liquidato, e Buttafuoco, un “passatista” appunto, si ostina a cercarlo nelle epoche passate.

Ma che cos’è l’uomo per Buttafuoco? Qui andiamo sul complicato… Non è l’uomo dell’Humanitas classica, non è l’uomo moderno, quello dell’umanità liberata; questo particolare umanesimo di Buttafuoco è quell’anti-umanismo di Heidegger, che è anche l’ultimo – e disperato – tentativo di salvare una certa forma di umanità, un certo modo di essere uomo dell’uomo. Io credo che il modello di questa umanità siano gli amanti holderliniani che compaiono nella lirica “L’addio”. Questi sono i primi versi:

Volemmo separarci, ritenendolo buono e saggio;

perché, compiuto il gesto, ci spaventò come un delitto?

Ah, ci conosciamo poco,

perché in noi domina un Dio.

L’Amore, come esperienza fondamentale dell’esistenza. Questo è uno dei primi elementi dell’uomo che Buttafuoco va cercando. «All’amore bisogna credere, sempre. Anche quando ci fa pazzi di dolore». E poi il senso del sacro, e il terrore per il sacrilegio, la sensazione di compiere un delitto che gli amanti hanno nel rompere la sacralità del vincolo. E allora siamo al terzo elemento: la scoperta dell’impossibilità della conoscenza razionale dell’uomo, quindi la permanenza del mistero, la necessità della fede… Insomma, siamo al Divino. Perché è l’esser travolti dalla follia dell’amore, o dal dolore della morte, che pone l’uomo, di fronte alla permanenza del mistero. Freud «l’impostore» ha fallito nel tentativo di portarci alla conoscenza razionale dell’amante, e allora non ci rimane che arrenderci ed esser travolti, oppure tentare di codificare un discorso, ma che non sarà quello “oggettivante” della scienza – che legge l’uomo come un ente tra gli enti, come un pezzo di materia che compone l’arido suolo terrestre – ma sarà l’amante stesso che, osservandosi in trasparenza, scorgerà il Divino: il discorso sull’amore deborda necessariamente nel discorso teologico. Ecco, questo Buttafuoco cerca nel passato l’uomo che fa esperienza dell’amore, ma anche della morte, e con ciò si apre al mistero, al Divino; scorge qualcosa che lo trascende, si vota al proprio destino e si prepara al sacrificio.

Pietrangelo Buttafuoco