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Enrico Mattei: dalla resistenza all'AGIP

di di Alfonso Piscitelli - 19/11/2014

Fonte: Arianna editrice


 

 

 

Molti sentendo la notizia dell’incidente mortale accaduto al presidente della Total Christophe de Margerie hanno avuto un sussulto ricordando che nello stesso periodo dell’anno in un altro incidente aereo moriva il grande Enrico Mattei. Ovviamente coincidenze, nulla di scientificamente dimostrabile riguardo alla natura dolosa dell’incidente di De Margerie (riguardo all’altro incidente mortale, i sospetti sono stati confermati col passare del tempo).

Mentre ancora si piange la scomparsa dello chef della Total, che nei mesi precedenti alla morte aveva auspicato la necessità di superare l’egemonia del dollaro nelle compravendite energetiche, ci sia consentito di rievocare la figura straordinaria di Mattei. Che la storia ricorderà come uno degli italiani più significativi e benefici del XXI secolo.

Mattei nacque marchigiano e figlio di carabiniere: da una famiglia modesta e decorosa. Suo nonno era un semplice carrettiere.  Da ragazzo sembrava che il suo fosse un futuro da operaio: la scuola dell’epoca non gli riconosceva particolari talenti. E tuttavia ben presto passò dai ranghi operai al settore quadri della piccola azienda chimica nella quale era stato assunto. Approdare a Milano e aprire una attività in proprio nel campo del settore chimico e delle vernici fu per lui un passo rapido. La vita cominciò  a sorridere a questo “self-made-man” che alla fine degli anni Trenta conobbe e sposò una ballerina austriaca.

È stata trovata traccia di iscrizione del giovane Mattei al P.N.F, ma d’altra parte il possesso della famosa “tessera” era conditio sine qua non per inserirsi in certi ambiti lavorativi durante la dittatura fascista. Vero è che Mattei cominciò anche ad inserirsi in quegli ambienti cattolici antifascisti che in seguito avrebbero animato la corrente di sinistra della DC.

Durante il biennio 1943-45 partecipò alla resistenza tra le file dei partigiani bianchi e fu rappresentante della Democrazia Cristiana nel CLN. Con il nome di battaglia di “Marconi” fu attivo nelle Marche curando il  supporto logistico alle formazioni partigiani e il servizio informazioni: nel secondo caso la capillare rete di parroci e suore furono un suo strumento privilegiato di operazioni sul terreno…

Dopo che le SS ebbero intuito il suo coinvolgimento nella Resistenza passò all’azione più diretta al Nord, raccogliendo un numero di volontari che nella primavera del 1945 superò il numero dei 40.000. A lui toccò tenere la cassa delle formazioni partigiani, per questo fu definito: «il tesoriere del Corpo volontari della libertà, onesto, scrupoloso, imparziale».

Fu anche arrestato dai Tedeschi e riuscì ad evadere grazie all’aiuto del partigiano Edgardo Sogno. Alla fine salvò la pelle e fu tra i sei capi del CLN  a sfilare per le vie di Milano alla testa delle forze  partigiane.

A conclusione della guerra le sue innate capacità organizzative lo posero in prima fila nella nuova classe dirigente al fianco di  Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Ezio Vanoni, Augusto De Gasperi (fratello di Alcide] Enrico Falck.

Tre giorni dopo la Liberazione fu chiamato da Merzagora ad assolvere la funzione di liquidatore dell’AGIP, l’ente fondato durante il Ventennio per la produzione, lavorazione, distribuzione del petrolio. Mattei arrivò, vide la situazione e capì che l’AGIP doveva essere non solo salvato, ma rilanciato.

Respinse facilmente l’accusa di essersi innamorato di un vecchio carrozzone del fascismo (lui che proprio in quei mesi assumeva la vicepresidenza dell’ANPI e fondava l’Associazione Partigiani Cristiani). Dietro quell’accusa fuori luogo si trinceravano gli esponenti democristiani che capivano come la scelta strategica di Mattei fosse conflittuale con gli interessi petroliferi-statunitensi che essi si premuravano di rappresentare in Italia.

 

Alfonso Piscitelli