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Enrico Mattei: una grande politica estera energetica

di Alfonso Piscitelli - 19/11/2014

Fonte: Arianna editrice



Mattei fu avventuriero: agì d’impulso e d’intelligenza, a volte nel mistero sia alla guida dell’AGIP che in seguito  dell’ENI. Finì con lo sfidare il cartello delle Seven Sisters. Secondo articolo di Alfonso Piscitelli sulla grande figura di Enrico Mattei.

 

Mattei fu avventuriero: agì d’impulso e d’intelligenza, a volte nel mistero sia alla guida dell’AGIP che in seguito  dell’ENI. Finì con lo sfidare il cartello delle Seven Sisters.

Dagli Stati Uniti giunsero offerte per acquistare le attrezzature dell'Agip; ma proprio la "generosità" dell'offerta (250 milioni) suggerì che l’AGIP era un patrimonio da non mettere in vendita. Mattei partì al contrattacco: se fino ad allora le concessioni per le estrazioni su suolo italiano  erano quasi esclusivo appannaggio di aziende straniere e soprattutto statunitensi ora era l’AGIP a impegnarsi sul terreno, escludendo texani e simili.

Mattei si muoveva con spregiudicatezza, senza preclusioni. Trasformò i suoi compagni di battaglia partigiani nella ossatura della classe dirigente dell’AGIP e dell’ENI, nello stesso tempo ripescò l'ingegner Carlo Zanmatti, che era stato epurato perché fascista  e ne fece un suo consigliere. Fu anche molto “italiano” nel realizzare salti mortali contabili  assegnando fondi alla ricerca, attingendoli dagli stanziamenti ricevuti per l'ordinaria amministrazione. Si presentava ai direttori di Banca chiedendo prestiti che a pochi altri sarebbero stati concessi.

Intanto fioccavano i dossier in lingua inglese sulle simpatie social-comuniste e anti-atlantiste di Mattei. Mattei fu accusato di essere un “elemento di destabilizzazione” del blocco delle Liberal-democrazie e fu difeso dai suoi compagni di partito con il consueto democristiano coraggio: ovvero fu degradato a semplice consigliere di amministrazione.

Uno spiraglio si aprì quando il comandante partigiano Boldrini fu nominato da De Gasperi presidente dell’AGIP e Mattei poté seguirlo come numero due. Poi nel 1948 il grande successo sul campo: a Ripalta, nel cremasco fu scoperto un giacimento di gas naturale. La liquidazione dell’ente era definitivamente scongiurata. Tra le file dell’AGIP la paura dei licenziamenti fu sostituita dall’entusiasmo di un progetto vincente: fino al 1952 fu un excalation di ritrovamenti – importanti quelli nella piana del Po – e di costruzioni di gasdotti.

Mattei calava le sue amate tubature nel terreno con metodi leciti e illeciti. Parecchi sindaci si trovarono “intubati” nel loro territorio dopo  agguato quasi  militare avvenuto nottetempo.

E nel 1949 a Cortemaggiore uscì fuori dal terreno anche il petrolio! « Il 13 giugno del '49 il Corriere d'Informazione esce con un titolo a nove colonne "Scoperti in Val Padana vasti giacimenti di petrolio". Esagerazione trionfalistica per una bolla che si esaurirà in poche settimane, ma intanto il disegno di Mattei si consolidava: prendeva corpo il progetto di un ente generale per coordinare le politiche energetiche: sarà l’ENI appunto. Mentre la stampa lanciava la "Supercortemaggiore, la potente benzina italiana", Mattei diventava un personaggio da copertina. Il suo volto associato a quello buffo del Cane a Sei zampe dell’ENI.

Mattei non aveva perso il gusto della organizzazione quasi militare: ispezionava in incognito le pompe di benzina. E premiava o redarguiva i benzinai all’occorrenza…

Costituì la Liquigas, azienda che avrebbe rivoluzionato la distribuzione del gas,  intanto i titoli azionari dell’AGIP volavano in Borsa e chi li aveva acquistati nel periodo della sua “liquidazione” aveva fatto l’affare di una vita.

Trovò il tempo anche di farsi impietosire da La Pira acquistando la fabbrica Pignone, il cui fallimento aveva messo in ginocchio mezza Toscana: “Ho sognato Dio e mi ha detto che tu devi salvare il Pignone”, gli disse La Pira. Con questa potentissima raccomandazione nasceva il Nuovo Pignone al servizio della industria di Stato capitanata da Mattei.

Intanto però la dipendenza petrolifera dell’Italia rimaneva ben più reale degli ingenui sogni di “autarchia” venduti dalla stampa italiana. E i rapporti tra Mattei e le Sette Sorelle erano, eufemisticamente, problematici.