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Enrico Mattei: fu una bomba

di Alfonso Piscitelli - 19/11/2014

Fonte: Arianna editrice



Il tragico epilogo di una grande avventura italiana. A distanza di anni il quadro appare chiaro: fu una bomba. Indagini  del 1997 dimostrarono che l’aereo  «venne dolosamente abbattuto». Le tracce sull'anello e sull'orologio di Mattei. La dichiarazione di Fanfani del 1986. Mandanti ed esecutori ovviamente impuniti. Terzo e ultimo articolo sul caso Mattei di Alfonso Piscitelli

Mattei superò l’ostacolo della debolezza italiana lanciandosi sul mercato internazionale.  Egli cercò quindi di far entrare l'Agip nel "Consorzio per l'Iran" creato per far tornare sui mercati il petrolio iraniano dopo la deposizione di Mohammad Mossadeq. L’ammissione di Mattei fu respinta e lui si rivolse direttamente allo Scià di Persia ottenendo concessioni particolarmente favorevoli e inimicandosi vieppiù le Sette Sorelle.

Mattei combatteva in posizioni di svantaggio e negli anni della mania americana (si ricordi l’Alberto Sordi di “Un americano a Roma”) cercò di costruirsi una opinione pubblica favorevole. Fondo per questo Il Giorno. Fece politica in senso proprio, nella consapevolezza che molti politici non rappresentavano interessi propriamente italiani.

Ai paesi arabi si presentò come il rappresentante di una nazione sostanzialmente non imperialista. Che aveva perso con la guerra il suo piccolo impero coloniale e che poteva trattare con i paesi emergenti e petroliferi su basi di equità e umana solidarietà.

Capì anche la necessità di un completamento nucleare del settore energetico e in breve tempo  costruì  la più grossa centrale nucleare europea e poneva l'Italia terza nel mondo, dietro a USA e Inghilterra.  Inesausto, si lanciò anche alla ricerca dell’uranio.

Nel 1958 firmava un accordo petrolifero con  Abderahim Bouabid, ministro dell'Economia del Marocco. Era ormai un ministro degli esteri ombra della repubblica italiana. Un osservatore del tempo, Cacace, giungeva ad affermare: «la forza di Mattei si dilata sino al punto che diventa quasi impossibile per i governi in carica assumere iniziative di politica estera senza il suo consenso».[Giorno dopo giorno, finita l’era De Gasperi, Mattei stava spingendo l’Italia fuori dall’orbita dello stretto controllo americano. Amintore Fanfani fu indotto a definire come “neo-atlantismo” la dottrina o per meglio dire la prassi politica per la quale l’Italia cercava di allentare le maglie di una stretta sudditanza americana.

Mattei fu spregiudicato nell’ungere i partiti per portali sulle sue posizioni, contattando indistintamente i partiti parlamentari dalla sinistra alla destra. “I partiti sono come taxi” affermò machiavellicamente dopo un piccolo scandalo per le tangenti ENI al MSI di Michelini.  Va detto che Mattei non saliva su quei taxi per arricchirsi, al contrario usava i taxi di partito per portare la politica verso una direzione strategicamente ragionata.

Machiavellico in politica interna, Mattei realizzò una straordinaria politica estera-energetica: accordi con la Persia, con la Libia, con l’Egitto, con il Re di Giordania. Riconobbe all’Algeria uno Status nazionale quando ancora i Francesi la imbrigliavano come colonia. L’Eni offrì ricette di ammodernamento alla Tunisia, al Libano, al Marocco ponendosi come una piccola Internazionale  del Mediterraneo.

L’ENI era sicuramente uno Stato nello Stato, più efficiente di quello repubblicano ufficiale irretito da una serie continua di crisi di governo. La flotta aerea dell’ENI era il simbolo di questa potenza acquisita.

In tutto questo Mattei trovò anche il tempo di essere “pronubo” per un matrimonio di Stato tra lo Shah di Persia, reduce da un matrimonio infecondo, e la figlia dell’ultimo Re d’Italia Umberto II! Matrimonio poi andato a monte.  Più che all’abbraccio con una principessa di Savoia, senza dubbio lo Shah era interessato a liberarsi dall’abbraccio soffocante degli Americani che gli avevano appena fomentato un golpe in casa…

Un altro successo in casa consacrava intanto la leadership informale di Mattei: la scoperta del petrolio in Sicilia. Mattei scese nell’isola acclamato come un trionfatore e fece un discorso politico vero e proprio. Pronunciò, a detta di alcuni, il suo discorso funebre…

In quei giorni gli arrivavano lettere di minaccia dell’OAS per il suo appoggio all’Algeria Libera. Già in un suo viaggio in Marocco era stato scoperto un giravite nel motore: errore casuale o sabotaggio? Intanto il capo del KGB segnalava a Mattei che erano in corso “tentativi di neutralizzazione della sua persona”. Si dice che salutando la moglie per andare alla volta della Sicilia Mattei le disse che quello poteva anche essere un addio. Si dice.

 La sera del 27 ottobre l’aereo su cui stava ritornando da Catania a Milano precipitò nelle campagne di Bascapè (provincia di Pavia). Era in corso un violento temporale…

 

Prime indagini portarono all’archiviazione "perché il fatto non sussiste". Nuove indagini  del 1997 dimostrarono che l’aereo  «venne dolosamente abbattuto». Ma un velo di pudore si stendeva su mandanti ed esecutori. Sull’anello d’oro e l’orologio di Mattei vi erano però i segni certi di una deflagrazione. C’era una bomba su quell’aereo.

Sorella Morte si prese anche alcuni collaboratori di Mattei e onesti italiani che indagarono sull’attentato. Si pensi al caso del giornalista De Mauro. Con la sua consueta foga il primo segretario del PCUS  Nikita Krusciov si dolse del fatto che   “il caro amico dell’Unione Sovietica Enrico Mattei” era stato assassinato.

Fanfani, rompendo la ufficiale reticenza delle autorità italiane, nel 1986 parlò dell’incidente come di un abbattimento: anzi come del primo atto di terrorismo aeronautico in Italia.