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Luca Leonello Rimbotti intervista Antonello Cresti sulla musica e il medioevo post-liberista

di Antonello Cresti - Luca Leonello Rimbotti - 19/11/2014

Fonte: psycanprog

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Un'interessantissima intervista del saggista e storico Luca Leonello Rimbotti ad Antonello Cresti su musica, storia, politica, rivoluzione, speranza, alternativa, nuovi "mondi possibili", pensiero ribelle, Wagner, Russolo e medioevo post-liberista prossimo venturo. 
Intervista curata da Valerio D'Onofrio 

E’ una grande soddisfazione poter pubblicare una recentissima intervista del saggista e storico Luca Leonello Rimbotti ad Antonello Cresti. Luca Leonello Rimbotti, nato a Milano nel 1951, è laureato in storia contemporanea, si occupa di mito, filosofia e politica nella cultura europea, in special modo tedesca. Ecco di seguito l’intervista.

Luca Leonello Rimbotti

Luca Leonello Rimbotti

Giornalista, compositore e saggista,Antonello Cresti propone oggi una nuova tappa del suo viaggio intorno ai suoni dell’oltranzismo musicale. Il suo ultimo libro “Solchi sperimentali, una guida alle musiche altre” (Crac Edizioni) scandaglia nei fondali della musica sperimentale in auge soprattutto alla fine del Novecento, ma la cui eredità si agita ancora minacciosa, alle spalle della musica da discoteca che ottunde le masse giovanili. Abbiamo rivolto qualche domanda a Cresti, oggi uno dei migliori e più noti animatori culturali della scena italiana anti-sistema:

Luca Leonello Rimbotti: Dopo i tuoi saggi su psichedelia, folk, industrial e underground tu oggi te ne esci con un libro che al non addetto ai lavori sembra decisamente un catalogo-monstre di tutto quanto, in campo musicale ma non solo, è strutturalmente contro. In ogni nazione, come dimostri, è presente una via peculiare alla sperimentazione: solo estetica estrema o mezzo di abbattimento del modello universale?

Antonello Cresti: Ho fortemente voluto, in questo libro, evitare di concentrarmi esclusivamente sulle avventure sonore provenienti dal mercato anglofono, preferendo espandermi in ogni direzione. Questo perché, a mio avviso, soprattutto nelle musiche sperimentali e di ricerca si possono apprezzare tutte le caratteristiche offerte dal mondo (geografico, culturale, sociale…) da cui provengono tali composizioni. Ecco dunque che non si può capire il krautrock tedesco se non si conosce la situazione dei giovani acculturati nella Germania del Dopoguerra, come non si può apprezzare un album proveniente dal Giappone se non si conosce l’eterna tensione di quel paese, sempre in bilico tra tradizione integrale ed ipermodernismo… E così via! Per questo la scena italiana dai settanta ad oggi è, credo, ben rappresentata. Poiché dobbiamo prima conoscere chi siamo per poter poi apprezzare veramente l’altro! Dalle differenze dunque non può che derivarne una erosione dei fenomeni di massificazione della modernità, creando così una ricchezza che non può non creare fenomeni di sana identificazione.

Solchi Sperimentali

Solchi Sperimentali

Luca Leonello Rimbotti: Tu affermi che il tuo libro non è un’operazione filologica di antiquariato musicale, ma si rivolge a chi sente ancora ciò che chiami “impulso creativo”. In che senso questa macchina dionisiaca potrebbe aprire brecce psicologiche verso il totalmente antagonista?

Antonello Cresti: A mio avviso al giorno d’oggi qualsiasi argomento venga approcciato da una visuale “eccentrica” compie una critica sociale. Siamo nell’epoca in cui è Jovanottil’emblema musicale sotto cui si raccolgono gli elettori che si dicono “rivoluzionari” (!), dunque il resto viene di conseguenza…

Siamo poi in un’epoca senza attenzione, dunque recuperare il senso dell’ascolto, il ruolo attivo dell’ascoltatore (e in questo la musica di cui parlo può offrire una assistenza ideale) non può che aiutare ad essere meno passivi, meno disindividuati nei confronti di qualsiasi altra cosa. La volgarità di questi tempi la si respira ad ogni livello e riportare profondità in qualsiasi zona dell’esistente è operazione quanto mai necessaria.

Luca Leonello Rimbotti: Nei tuoi repertori ragionati vedo che figurano anche gruppi con precisi bagagli culturali alle spalle: alludo ad esempio ai Current 93 e alla loro metafisica del disagio. Il loro leader David Tibet era uno sfacciato neopagano: potrebbero questi temi insinuarsi nelle coscienze e filtrare una concreta volontà di abbattimento dei moralismi di massa neoliberali?

Antonello Cresti: Scherzavo qualche giorno fa sul fatto che, pur occupandomi di musica, mi rivolgo ad un pubblico che è chiaramente “alternativo”. In anni di attività sono entrato in contatto con centinaia di persone, dagli itinerari più vari, politici, spirituali etc… Mai e dico mai ho ricordo di un sostenitore del PD o del fu PDL che si fosse detto interessato alle mie ricerche. Eppure, si potrebbe pensare, è “solo” musica… Le vicende dei musicisti di cui parlo confermano queste empiriche sensazioni: c’è chi si è ritirato in un monastero o in qualche comunità religiosa, come gli italiani Juri Camisasca, o Claudio Rocchi. Chi celebra le forze del male, come i musicisti black metal. Chi vuole fare la rivoluzione in musica, come gli Area, gli Henry Cow. Chi ha un immaginario più torvo, come i Magma. C’è spazio per tutti, tranne che per gli irreggimentati, insomma.

Luca Leonello Rimbotti: Certi oltranzismi sonori come quello veicolato dagli sloveni Laibach sembrano andare verso una fusion fra il martello pneumatico e il sinfonismo robotizzato: direi che andrebbe benissimo come colonna sonora per ilmedioevo post-liberista che si annuncia non tanto lontano…che ne pensi?

Antonello Cresti: Certamente. L’operazione compiuta dai Laibach, e per molti versi anche dagli altri protagonisti dell’industrial, è proprio quella dicontrappunto critico alla modernità. I Laibach poi compiono una operazione filosofica di sovraidentificazione (se n’è occupato anche Zizek), criticando i meccanismi totalitari di questa società apparentemente inneggiando ai totalitarismi che furono, in maniera peraltro trasversale. E anche la violenza del patetico circo del rock ne esce triturata…

Luca Leonello Rimbotti: Come concepisci lo sperimentalismo: performance occasionale di ricerca oppure fondamento per un possibile nuovo edificio culturale del futuro? L’abbinamento fra estremismo rumoristico e sonorità classicheggianti – pensiamo alla Third Ear Band, che utilizzava anche strumenti orchestrali – in altre parole deve essere considerato fine a se stesso oppure – come accadde presso i futuristi con il grande Luigi Russolo – antefatto per ulteriori conquiste della decostruzione creativa?

Antonello Cresti: Non riesco a concepire arte laddove manchi la volontà di abbattere le barriere, di andare oltre le frontiere dell’ovvio, di agire con coraggio e curiosità. Oggi questo appare strano, ed infatti abbiamo i Benigni, i Fabio Volo, i Talent Show, ma se c’è qualcosa di “innaturale” è proprio il mondo intellettuale con cui abbiamo a che fare oggi. Quindi non è un caso se ci troviamo di fronte alla supina accettazione dell’inaccettabile che si presenta coi crismi dell’ “unico mondo possibile”. E’ perché la stessa passività è quella dimostrata dal nostro intelletto, dalla nostra capacità critica, in ogni situazione. Anche quando ci facciamo violentare dalle oscenità musicali sputate fuori da televisioni e Iphone.

Luca Leonello Rimbotti: Wagner attribuì alla musica il compito di smantellare la società del suo tempo per ricostruirne una alternativa, fondata sul mito vivente. La cadaverica società occidentale che vive sullo sfiguramento di massa avrebbe secondo te la forza di partorire dal suo ventre disfatto una sorta di rivoluzionario “Wagner collettivo”?

Antonello Cresti: Non ho certo di che essere ottimista, ma ribadisco che se unnuovo pensiero ribelle dovesse affermarsi non potrà fare a meno di saldarsi con una visione creativa, e dunque anche musicale, ugualmente alternativa. I grandi movimenti ideologici del passato si sono saldati guarda caso con le avanguardie, il surrealismo, Dada, il futurismo etc… Questo perché l’ assalto al cielo prevede anche e soprattutto la creazione di una percezione altra e più profonda rispetto a quella dell’uomo-massa. Wagner diceva cose che oggi molti musicisti pensano ancora, peccato che siano in pochi a seguirli ed anche ad ascoltarli…