La teologia della memoria strumentale
di Miguel Martinez - 28/08/2006
Poi parlano male delle dittature...
La faccenda è questa.
Fatto primo.
Un certo stato mediorientale, allo scopo dichiarato di "riportare indietro di vent'anni" il proprio vicino, lo bombarda, uccidendo almeno 1.300 persone (ma nuovi cadaveri emergono ogni giorno dalle macerie), quasi tutti civili, dissemina tutto il paese di bombe a grappolo che esploderanno nei prossimi anni e decenni, causando altri morti, e infine provoca una delle più gravi catastrofi ecologiche nella storia del Mediterraneo.
Fatto secondo.
Un'associazione italiana pubblica a proprie spese un comunicato sui giornali in cui denuncia un po' rumorosamente tutte queste cose, nonché decine di altri misfatti commessi in passato dallo stesso stato-tsunami.
Tutti i politici, ma proprio tutti, dalla Lega ai Comunisti Italiani, hanno condannato uno dei due fatti, con una furia senza precedenti.
A voi indovinare quale.
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Alcuni giorni fa, l'Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia (UCOII) ha fatto pubblicare, a proprie spese, un'inserzione su alcuni quotidiani. L'inserzione sarebbe dovuta uscire subito dopo la strage di Qana, ma gli editori hanno fatto ritardare la pubblicazione, che è avvenuta solo dopo il cessate il fuoco.
Il testo contiene un elenco di stragi commesse dallo Stato d'Israele, con qualche esagerazione su alcuni numeri, ma anche con molte importante ommissioni. Il testo contiene due riferimenti piuttosto incidentali alla Seconda guerra mondiale: il titolo, che recita, IERI STRAGI NAZISTE, OGGI STRAGI ISRAELIANE; e la frase conclusiva, MARZABOTTO = GAZA = FOSSE ARDEATINE = LIBANO.
La maggior parte delle persone pensanti prova un senso di fastidio ogni volta che sente chiamare in causa i famosi nazisti, e questo succede per un motivo molto semplice, che ha a che fare con il meccanismo della teologia.
Quando un musulmano cercava una scusa per esigere la riscossione di un prestito, trovava un hadith - una frase attribuita al profeta Muhammad - che lo giustificava; e viceversa, quando cercava una scusa per non pagare un prestito, trovava un altro hadith che lo giustificava.
In tutti e due i casi, si mascherava il proprio interesse personale con qualche comportamento attribuito, veramente o falsamente, ma comunque fuori contesto, al profeta dell'Islam.
Oggi è la stessa cosa, solo che il ruolo di Muhammad lo svolge Adolf Hitler, anche se in negativo.
Ogni cosa che abbia fatto il governo tedesco tra il 1933 e il 1945 può diventare oggetto strumentale di condanna: l'ecologista può sottolineare come i nazisti abbiano costruito le prime autostrade, un antiproibizionista come la Germania nazista abbia condotto le prime massicce campagne salutiste contro il fumo.
Ovviamente a nessuno dei due interessa la storia tedesca: stanno parlando di autostrade e di sigarette. Ma vogliono fare a meno della noiosa procedura dialettica e democratica, della discussione che obbliga a portare argomenti. Vogliono annientare subito l'avversario, chiedendone la liquidazione in quanto essere demoniaco.
E questo si ottiene, oggi, in maniera elementare, portando come prova l'autorità inconfutabile dei nostri tempi: Adolf Hitler, che incarna nella fantasia di massa quell'ente sacro che chiamano "Memoria Storica". Come è giusto, questa tecnica retorica ha anche un nome scientifico, reductio ad Hitlerum.
In questo senso, l'UCOII ha partorito un parente artigianale di tutte le sciocchezze che sentiamo ogni giorno e ogni ora sugli "islamonazicomunisti", sull' "Islamic Fascism", su "Ahmadinejad uguale a Hitler". Diciamo per inciso che quest'ultima equazione viene usata spesso e volentieri da Adriano Sofri, cui Repubblica regala frequentemente la prima pagina.
Ma su simili usi della reductio ad Hitlerum sentiamo tutt'al più qualche blanda ironia, mentre nel caso dell'UCOII abbiamo esplicite richieste di carcere, espulsione e messa al bando: cioè le punizioni più gravi che la nostra società possiede.
Quindi l'accusa contro l'UCOII non è quella di aver usato a sproposito il nazismo, cosa che fanno tutti.
Ma di averlo fatto come un frate eretico che nel Medioevo avesse osato interpretare a modo suo un brano della Bibbia, senza averne l'autorizzazione.