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L'Inammissibile

di Miguel Martinez - 28/08/2006

 

Il paragone tra nazismo e sionismo fa sicuramente sbadigliare. Ma è legittimo sul piano storico? Ne abbiamo già parlato in passato, ma ci vuole qualche ulteriore precisazione.

Non dimentichiamo che il comunicato dell'UCOII non fa affatto un parallelo generale tra nazismo e sionismo, ma solo tra le stragi di rappresaglia compiute dai nazisti - Marzabotto e Fosse Ardeatine - e quelle compiute dai sionisti. Chi afferma il contrario, e quindi parla di altri aspetti del nazismo, parla in malafede.

Ma voglio comunque affrontare la questione dei paralleli più generali tra nazismo e sionismo. Possiamo dire che esistono?

Per certi versi no, perché nulla può essere paragonato oggi al nazismo. Sono passati solo sessanta-settant'anni, ma è un altro mondo.

Il nazismo era nato per dotare anche la Germania di un impero, e oggi un impero non ce l'hanno nemmeno la Francia o l'Inghilterra, che allora dominavano insieme oltre un terzo del pianeta.

Il nazismo era nato per bloccare con la forza la rivoluzione armata della classe operaia, e oggi gli operai, integratissimi, bisogna cercarli con il lanternino.

I nazisti sparavano con i fucili, e usavano il cielo solo per rapide incursioni. Oggi, la morte proviene, non più dai fucili, ma dalle nuvole, e tutte le nuvole di questo mondo sono in mano a un'unica potenza.

Il nazismo era nato per "difendere l'Occidente" dal pericolo russo, e oggi alla Russia non ci pensa nessuno.

Il nazismo era un regime gerarchico nato nel solco delle grandi istituzioni totalizzanti e mobilitanti di quei tempi, la fabbrica, lo stato, il partito, l'esercito: tutte cose che si sono disciolte nell'acido del consumismo globale.

Questo significa che possiamo trovare solo singoli elementi in comune tra il nazismo e qualunque altra realtà di oggi.

Per la grande maggioranza, il cinema è l'unica fonte di conoscenza del nazismo. E quindi il pubblico non conosce alcune cose assolutamente fondamentali del nazismo, e non sa quali elementi siano paragonabili, e quali no.

Ad esempio, pochi sono coscienti oggi dell'ossessione difensiva della Germania. Il nazionalsocialista tedesco viveva, mentalmente, in uno spazio senza difese naturali, tra una Francia che da secoli complottava per espandersi a spese della Germania e per tenerla divisa, e l'Asia, le cui inesauribili orde invadevano continuamente l'Europa, cercando di spegnervi ogni traccia di civiltà. Il segno più visibile di questa minaccia alla sicurezza era il "coltello puntato al cuore della Germania", la Cecoslovacchia, insieme slava e filofrancese.

Qui i paralleli sono perfettamente legittimi: non solo con Israele "assediato da un miliardo di arabi", ma con l'intera cultura che possiamo chiamare neocon in senso ampio.

A sfogliare i vecchi testi, troviamo un altro elemento ricorrente: la necessità di unire tutti i tedeschi in un unico stato. A volte occupando pezzi di altri stati, abitati da maggioranze tedesche. Ma anche scambiando popolazioni. Da secoli, milioni di tedeschi vivevano come commercianti, possidenti, tecnici o semplici contadini, nell'est europeo, dove costituivano il ceto medio assieme agli ebrei.

Il Reich ha "richiamato a casa" tutta questa gente, copiando i sistemi adoperati da greci e turchi per omogeneizzare le proprie popolazioni. Allo stesso tempo, i nuovi arrivati, che magari vivevano dal Settecento nella profonda steppa russa, venivano plasmati in "veri tedeschi".

Qui non è questione di semplici paralleli: sionismo e nazismo nascono nella stessa cultura, che dà per scontato la centralità della questione etnica, il culto del "popolo" che ha bisogno di un "territorio sicuro". Tanto che lo storico israeliano Zeev Sternhell definisce il sionismo laburista, quello che ha fondato Israele, un "socialismo nazionale".

Ma soprattutto, la Germania nazista e l'Israele sionista hanno dovuto affrontare lo stesso fondamentale problema: come tenere sottomesse popolazioni non integrabili.

Per alcuni anni, una gran parte d'Europa è stata trasformata in un gigantesco territorio occupato. Le reazioni all'occupazione sono state varie, ma in molti luoghi sono sorti movimenti di resistenza. E ovunque, i tedeschi, già sotto la pressione non indifferente di una guerra mondiale e di continui bombardamenti aerei, hanno dovuto escogitare metodi per tenere sotto controllo questi movimenti.

L'esperienza di quei tempi offriva due possibili soluzioni: quella che i bianchi erano solo darsi per regolare le questioni tra di loro, e quella che i bianchi erano soliti applicare ai non bianchi di questo mondo.

Tra bianchi, si considerava che le responsabilità fossero individuali, e come tali andavano indagate e punite. Così l'Italia ha risposto alla resistenza altoatesina degli anni Sessanta, non radendo al suolo i villaggi, ma cercando e processando i singoli responsabili di azioni armate (lasciamo perdere le prove falsificate, le torture e qualche sospetto omicidio o autoattentato commessi dai servizi italiani, stiamo parlando del principio generale).

La responsabilità dei non bianchi era invece collettiva, perché i non bianchi non erano individui, ma orde; e le orde capivano solo la forza, che andava applicata a tutta la collettività in una misura tale da far passare ogni velleità di resistenza. Sapendo che per ogni minima ribellione, tutti avrebbero dovuto pagare un prezzo spaventoso, l'intera collettività sarebbe così diventata guardiana e complice del dominante, e si sarebbe assicurata così la pace.

Per la prima volta, i nazisti hanno applicato all'Europa bianca il secondo principio, quello della rappresaglia collettiva, che l'Europa aveva riservato, finora, ai popoli sottomessi dei suoi imperi. Il principio stesso della rappresaglia collettiva è considerato, da allora, qualcosa di criminale.

Ma quello della rappresaglia collettiva è il principio che Israele applica, apertamente, sempre e ovunque. Certo, alle fucilazioni dirette, Israele oggi preferisce le stragi dal cielo, ma questo è un dettaglio tecnico irrilevante.

In questo  senso, che poi è quello usato dall'UCOII, il parallelo tra nazismo e sionismo è semplicemente indiscutibile [1].

Ora, se ciò che Israele fa è legittimo, è legittimo il principio in base al quale hanno agito i nazisti a Marzabotto e alle Fosse Ardeatine e in mille altri luoghi d'Europa. Ed è illegittima la resistenza, su cui dice di fondarsi, tra gli altri, anche l'Italia.

Un sistema che ci annoia tutti i giorni con vacue maledizioni rituali contro il defunto Adolf Hitler non può dire questo pubblicamente. Allo stesso tempo, non lo può negare, perché è un dato di fatto.

E quindi può solo cercare di sopprimere chi lo fa presente, ricorrendo a falsificazioni emotive e dichiarando semplicemente "inammissibile" la comparazione tra stragi israeliane e stragi naziste.



[1] Nota: stiamo parlando d'Israele, perché qui si discute del caso dell'UCOII, ma lo stesso discorso vale per gli Stati Uniti, che praticano da sempre la rappresaglia collettiva, e, a partire dall'11 settembre, la teorizzano anche.

Al concetto di rappresaglia collettiva, aggiungiamo un altro concetto che il nazismo ha preso dall'esperienza coloniale e che oggi viene praticato apertamente dagli Stati Uniti e da Israele, quello del diritto di violare qualunque sovranità nazionale.