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L'ultima di Fukuyama

di Pietrangelo Buttafuoco - 05/01/2015

Fonte: Ilsole24ore




Ci prova sempre Francis. Fukuyama, dunque, la butta ormai sulla teoria del definitivo destino della storia. «Dopo di me, il diluvio», in un certo senso. O, nella variante di Nick Carter, il celeberrimo motto: «L'ultimo chiuda la porta!». È tutta una foga, quella dello storico nippo-americano, a mettere il punto sull'ultima pagina a disposizione dell'Umanità. Ed è una fissazione, la sua. Il compimento di tutto – secondo lui – doveva aver giusta epica con la caduta del Muro di Berlino e il crollo dell'Urss. Giusto a smentirlo, s'è dovuta diseppellire la scimitarra del Vegliardo della Montagna. Un nuovo più impegnativo conflitto, nientemeno che un'altra Crociata nell'epoca del post-moderno ateo e materialista, s'è svegliato ma se – come canta Battiato – «il giorno della Fine non ti servirà l'inglese», chissà cosa si potrà fare del compimento del capitalismo. L'uscita del nuovo libro di Fukuyama (Storia dello sviluppo politico dagli albori della civiltà ai giorni nostri) zappa sempre nella stessa vigna, quella di un pregiudizio secondo cui l'appuntamento ultimo del bipede eretto è la democrazia. Qualcosa come lo scatto ultimo dell'homo sapiens quando – forte del pollice prensile – dismette il comunismo tribale del cro-magnon. A questo punto urge il soccorso di Bachelard e della sua fenomenologia dello spazio vissuto. L'unico volume geometrico a disposizione della politica è un ventre dalle sicurezze intime e fantastiche all'interno del quale, come Giona, nessuno riesce a misurare l'illusione razionale di un approdo. Ed è sempre la pancia di una balena quel volume, o di un Leviatano. Difficilmente un cetaceo o un mostro ateo o un materialista. E neppure parlante la lingua inglese.