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L'Unione Europea conculca le conquiste democratiche e sociali

di Eric Toussaint * - 13/01/2015

Fonte: Arianna editrice

 

Il fallimento dei governi europei, della Commissione Europea e della BCE nella realizzazione di quello che dicono di voler conseguire è evidentissimo:

-          ridurre la disoccupazione

-          rilanciare l’attività economica,

-          risanare radicalmente le banche

-          stimolare e aumentare il credito, in particolare alle piccole e medie industrie

-          aumentare gli investimenti

-          ridurre il debito pubblico

Su tutti questi punti la politica europea è un fiasco clamoroso. Ma sono questi i veri obiettivi che i dirigenti europei desiderano raggiungere?

I grandi media affrontano regolarmente una serie di questioni come: un possibile crack della zona euro; il fallimento delle politiche di austerità in materia di rilancio economico; le tensioni fra Berlino, Parigi o Roma, fra Londra e i membri della zona euro; le contraddizioni in seno al Consiglio della BCE; le grandi difficoltà per giungere a un accordo sul bilancio della UE, l’esasperazione di certi governi europei con l’FMI circa il dosaggio dell’austerità. Sebbene tutte queste tensioni siano ben reali, esse non devono occultarci l’essenziale.

I dirigenti europei dei paesi più forti e i patrons delle grandi imprese sono felici che vi sia una zona economica, commerciale e politica comune, dove le transnazionali europee e le economia del Centro della zona euro ottengono vantaggi dalla debacle della Periferia, per rinforzare la redditività delle loro imprese e guadagnare in competitività rispetto ai concorrenti statunitensi e cinesi. Il loro obbiettivo, in questa fase della crisi, non è rilanciare l’economia e ridurre le asimmetrie fra  le economie forti e deboli all’interno dell’Unione Europea.

Inoltre i dirigenti europei considerano che la debacle dell’Europa del sud sarà un’opportunità per privatizzazioni generalizzate di imprese e beni pubblici a prezzo di saldo. E sono aiutati dall’intervento della Troika e dalla complicità attiva dei governi della Periferia. Le classi dominanti dei paesi periferici sono favorevoli a queste politiche, giacché contano di ricevere una parte della torta che bramano da tempo. Le privatizzazioni in Grecia e in Portogallo prefigurano quello che avverrà in Spagna e Italia, dove i beni pubblici che potranno essere acquistati sono molto più importanti, considerando la grandezza di queste due economie. I dirigenti delle economie europee più forti possono anch’esse pianificare di realizzare una nuova ondata di importanti privatizzazioni nei loro stessi paesi.

E non viene nascosta la stretta relazione fra gli uomini di governo e il grande capitale. Al vertice di molti governi, collocati in posti ministeriali importanti e nella presidenza della BCE, si trovano uomini provenienti direttamente dal mondo dell’alta finanza, in modo particolare dalla banca d’affari Goldman Sachs.

Alcuni politici di prima fila vengono ricompensati con un incarico in una grande banca o in una grande impresa, una volta che hanno portato a buon fine i loro compiti a favore delle grandi corporazioni. Non è nulla di nuovo, però è più palese e più frequente rispetto agli ultimi 50 anni. Si può parlare di veri vasi comunicanti ben visibili.

Pensare che la politica dei dirigenti europei è un fallimento perché la crescita economica non è tornata significa sbagliarsi fortemente nei criteri dell’analisi. Gli obbiettivi perseguiti dalla direzione della BCE, dalla Commissione Europea e dai governi delle economie più forti dell’UE, dai dirigenti delle banche e di altre grandi imprese private, non è né il rapido ritorno della crescita, né la riduzione delle asimmetrie in seno alla zona euro e dell’UE con l’obiettivo di farne un complesso più favorevole perché la crescita possa tornare.

Soprattutto non si deve dimenticare una questione fondamentale: la capacità dei governanti, che si sono messi docilmente al servizio degli interessi delle grandi imprese private, per gestire una situazione di crisi, e anche di caos, e operare nel modo richiesto da queste grandi imprese. La crisi consente di passare all’attacco col pretesto di applicare un trattamento di shock giustificato dall’ampiezza dei problemi.

I diritti economici, sociali e culturali sono continuamente messi in discussione nelle loro fondamenta, senza dimenticare l’offensiva contro i diritti civili e politici quali il diritto effettivo all’elezione dei legislatori. In realtà il Parlamento Europeo non esercita effettivamente il potere legislativo, i parlamenti nazionali dei paesi sottomessi alla Troika vedono come questa detti le sue leggi mentre gli altri parlamenti vedono la propria sovranità e il proprio potere fortemente limitati dai differenti trattati europei, adottati senza alcuna consultazione democratica, come il TSCG (Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governabilità) che fissa requisiti di bilancio inaccettabili. Anche altri diritti vengono irrisi: l’esercizio reale del suffragio universale diretto, il diritto di respingere i trattati, il diritto di modificare la costituzione mediante un processo democratico costituente, il diritto di protestare e di organizzarsi affinché queste proteste abbiano successo. L’UE e i suoi paesi membri rafforzano una deriva autoritaria con il ritorno dell’esercizio diretto del potere da parte dei rappresentanti di una oligarchia economica.

Per fare passi avanti  nella maggiore offensiva portata avanti dopo la seconda guerra mondiale su scala europea contro i diritti economici e sociali della maggioranza della popolazione, i governi e gli organismi padronali utilizzano diverse armi: il debito pubblico, la disoccupazione, il ritardo nell’età di pensionamento, l’esclusione del diritto a ricevere un sussidio da parte delle moltissime persone disoccupate, il congelamento o la diminuzione dei salari e dei diversi sostegni sociali, la riduzione degli effettivi sia nelle imprese private come nel settore pubblico, la ricerca dell’equilibrio di bilancio come pretesto dei severi tagli nei servizi pubblici, la ricerca del miglioramento della competitività degli Stati membri dell’UE fra di loro e rispetto ai concorrenti commerciali di altri continenti.

Per il Capitale, l’obiettivo è aumentare ancora di più la precarizzazione dei lavoratori, ridurre radicalmente la loro capacità di mobilitazione e resistenza, diminuire i salari e le diverse prestazioni sociali mentre si mantengono le enormi disparità fra i lavoratori all’interno dell’UE, con l’obbiettivo di aumentare la concorrenza fra di essi e farli cadere nella trappola del debito.

Primo: ci sono le disparità fra i salariati di uno stesso paese: fra donne e uomini, fra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno, fra vecchie generazioni che beneficiano di un sistema di pensionamento e le nuove generazioni alle quali viene imposto un sistema sempre più individualista e aleatorio. Senza contare i sin papeles (gli indocumentati) super sfruttati e che non godono di nessun diritto sociale legato al lavoro. Per iniziativa del patronato e con l’appoggio dei governi successivi (e in questo i partiti socialisti europei hanno svolto un compito attivo), queste disparità sono cresciute nel corso degli ultimi 20 anni. Ad es. in Germania, 7,5 milioni di lavoratori devono accontentarsi di un salario mensile di 400 E, allorchè il salario normale supera nettamente i 1.500 E[1].

Secondo: a queste differenze si aggregano le disparità fra i lavoratori dei paesi del Centro e quelli dei paesi della Periferia, in seno all’UE, differenze che accrescono quelle praticate all’interno delle frontiere nazionali. I salari dei lavoratori del gruppo dei paesi più forti (Germania, Francia, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Austria, Danimarca) sono il doppio o il triplo dei salari di quelli di Grecia, Portogallo o Slovenia. Il salario minimo legale in Bulgaria (156 euri mensili nel 2013) è 8 o 9 volte inferiore rispetto a paesi come francia, Belgio o Paesi Bassi[2].

In America del Sud, anche quando le differenze sono grandi fra le economia più forti (Brasile, Argentina, Venezuela … ) e i più deboli (Paraguay, Bolivia, Ecuador … ), la differenza nel salario minimo legale è dell’ordine da 1 a 4, quindi una disparità nettamente inferiore di quella all’interno dell’Unione Europea. Questo mostra a qual punto è forte la concorrenza fra i lavoratori europei. Le grandi imprese dei paesi europei più forti sul piano economico beneficiano fortemente delle disparità salariali in seno all’UE.

Le autorità europee rafforzano anche la politica della fortezza assediata violando il diritto dei cittadini e cittadine non europei all’ingresso sul territorio. Inoltre perfezionano la loro politica criminale alle frontiere dell’Europa che provoca la morte di migliaia di persone che cercano di trovare una vita migliore all’interno della UE. E anche il diritto di asilo viene ignorato.

Ciò che vediamo, dietro la cortina di fumo dei discorsi ufficiali, è una logica terribile, ingiusta e mortifera che è in atto. E’ il momento di portarla alla luce per poter affrontarla in modo migliore e poter sconfiggerla.

Traduzione di Aldo Zanchetta aldozanchetta@gmail.com

NOTE:

[1] Il salario minimo recentemente instaurato in Germania sarà effettivo a partire dal 2017, e avrà numerose eccezioni e non si beneficierà di una rivalutazione regolare e automatica. 

*Éric Toussaint,  maître de conférence all’Università di Liegi, portavoce del CADTM internazionale e membro del consiglio scientifico di Attac Francia. I suoi libri pubblicati in Italia sono: Chi sono i padroni del mondo? 50 domande sul debito estero dei Paesi poveri
(con Millet Damien) ,
Debitocrazia. Come e perché non pagare il debito pubblico (con Millet Damien) Edizioni Alegre, 2011, Il Punto d'Incontro, 2006 ; Da dove viene la crisi? L'ideologia neoliberista dalle origini a oggi, ed. dell’Asino 2012.



[1] Il salario minimo recentemente instaurato in Germania sarà effettivo a partire dal 2017, e avrà numerose eccezioni e non si beneficierà di una rivalutazione regolare e automatica.

[2] Vedere http://epp.eurostat.ec.europa.eu/st... con i dati fino al 2013. Vedere anche  http://www.inegalites.fr/spip.php?a... I cui dati sfortunatamente sono fermi al 2011.