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La Grecia rappresenta la prima battuta di arresto delle teorie neo liberiste in Europa

di Luciano Lago - 10/02/2015

Fonte: controinformazione





Risulta evidente che trionfo di Syriza nelle elezioni in Grecia ha segnato una prima grave sconfitta per il neoliberismo in Europa. Di fronte alle richieste di rinegoziare il debito, fatte dal nuovo governo di Atene, La Troika di Bruxelles e Francoforte si è trovata nella situazione di dover scegliere tra un atteggiamento di intransigenza che potrebbe essere il primo passo verso la disintegrazione dell’Europa o una forma di pragmatismo con una soluzione che implicherebbe la necessità di doversi allontanare dai rigidi schemi del programma economico neoliberista.

Dai colloqui avuti fino ad oggi, da parte di Tsipras e del suo ministro delle finanze,Yanis Varoufakis, nel corso del rapido tour fatto presso le capitali europee, sembra ormai evidente che si sia scelta la seconda strada, quella dell’intransigenza, la via scelta dalle autorità di Bruxelles e Francoforte. C’è stata infatti la decisione presa da Mario Draghi, per conto della BCE, di non accettare più in garanzia i titoli del debito pubblico greco, una chiusura di fatto alle possibilità di finanziamenti al nuovo governo di Atene.

A questa è seguito, come se non bastasse, il monito pronunciato dal ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, al termine del suo incontro con il collega greco, Yanis Varoufakis : ” La Grecia deve rispettare gli impegni assunti per il suo salvataggio”. Un concetto espresso con altrettanta chiarezza e che di fatto gela le speranze di una dilazione nel pagamento delle tranche del debito accumulato dal paese ellenico.

Questa inoltre la dichiarazione rilasciata dal ministro delle Finanze tedesco:
“La Grecia deve lavorare con il Fondo monetario internazionale, la Bce e la commissione europea”.
Per la nuova compagine governativa greca, uscita trionfatrice dalle elezioni, si è aperta una prospettiva interessante sia per la Grecia sia per gli altri paesi in Europa, per le implicazioni che questa potrebbe avere.  Un prospettiva  che risulta anche piena di ostacoli che potrebbero mettere a seria prova la reale volontà della sinistra di Tsipras   di rappresentare una alternativa reale alle politiche imposte da Bruxelles.

Greek Finance Minister Varoufakis and German Finance Minister Schaeuble address news conference at the finance ministry in Berlin

La formazione di Tsipras ed il suo nuovo governo possono proporre le contromisure annunciate già durante la campagna elettorale , come l’aumento del salario minimo da 500 a 750 euro, l’elettricità gratis e le cure mediche previste in forma gratuita per le famiglie bisognose, la riassunzione di parte dei dipendenti pubblici licenziati in passato, ma inesorabilmente il nuovo governo si dovrà scontrare con il problema delle casse vuote del Tesoro in Grecia, ove la disponibilità della moneta è nelle mani della BCE, con i finanziamenti bloccati per mancanza di garanzie, con lo spread salito ai massimi da quando è cambiato il governo.

Con il diniego del credito  garantito alla Grecia,  da parte della BCE,  accompagnato dal  ricatto del debito in scadenza, dalla risalita dello spread, si è capito chi dispone realmente del bastone del potere nell’Unione europea: i padroni della moneta.

Il problema di programmi di Syriza è quello che potrebbero essere non sufficientemente radicali ed alternativi, considerando che continuano a sostenere di non voler uscire dall’euro e quindi a dover essere subordinati a delle regole neoliberiste a cui loro non vorrebbero sottostare. Questa contraddizione l’ha notata anche un esperto economico di alto livello, come il premio Nobel per l’economia Paul Krugman (sul New York Times il 26 gennaio). Questa considerazione fatta da un illustre economista, certamente non radicale e non di sinistra, sempre critico del sistema dell’euro dall’inizio, dovrebbe far riflettere. Vedi: Nytimes.com

Secondo Krugman, per comprendere il “terremoto politico” greco bisogna rifarsi al 2010 quando la Troika ha imposto alla Grecia “una combinazione di austerità e di riforma”. Si è venduta al popolo greco una “fantasia economica” che si è trasformata in recessione, disoccupazione di massa, tagli selvaggi ai servizi pubblici e dei salari.
Il paese dovrà impiegare anni nel tornare ai livelli sociali precedenti alla crisi. Con questa politica di austerità e con le riforme suggerite dalla Commissione Europea, le autorità di Bruxelles avevano spiegato alla Grecia che il paese avrebbe ridotto la sua spesa pubblica e l’indebitamento ed avrebbe ripreso la via dello sviluppo.

Questo non è successo ma al contrario la Grecia si è affossata in una crisi economica ed in una catastrofe sociale senza uscita: il fallimento totale delle teorie neoliberiste, attestato dalle cifre: debito salito al record del 175% del PIL ed il reddito nazionale troncato del 25% , quanto meno. Senza contare la miseria crescente, persino la sottonutrizione di migliaia di bambini e di anziani, i decessi aumentati a dismisura fra malati ed anziani per impossibilità di accedere alle cure mediche, situazione verificata anche da organismi delle Nazioni Unite che hanno attestato la violazione dei diritti elementari delle persone avvenuta in Grecia. Questo il “grande successo della Grecia” dell’euro, come ci aveva raccontato Mario Monti, il personaggio fatto senatore a vita dal presidente Napolitano (per meriti speciali??).

Questo disastro ha portato però vantaggio ai grandi gruppi multinazionali che sono calati sul paese come avvoltoi, attirati dalle privatizzazioni dei servizi pubblici lanciata dal governo e dal programma di alienazione di beni pubblici, incluso parti del territorio delle zone turistiche, alcune delle isole dell’Egeo. Era chiaro che questa barbarie economica e questa catastrofe sociale avrebbe avuto una crescita esponenziale del malcontento e questo è stato intercettato da Syriza ma anche dalla opposizione più radicale di destra costituita da Alba Dorata, una formazione di estrema destra che ha subito una forte repressione governativa, con i suoi esponenti incarcerati sulla base di pretesti ma che è riuscita ugualmente a conquistare la terza posizione fra i partiti più votati.

Con le scadenze che si prospettano per il governo greco, oltre 2.000 miliardi di euro da finanziamenti da pagare nei prossimi mesi, il governo greco dovrà scegliere se pagare o fare default, rimanere nell’euro o uscire e ritornare ad appropriarsi di una propria moneta, non ci sono terze vie.

La stampa economica del sistema finanziario, ad esempio il “Financial Times”, hanno già dipinto il quadro e sostengono che Tsipras dovrà scegliere se vorrà essere lo ” Hugo Chavez” greco, il leader populista venezuelano, feroce avversario dell’imperialismo USA e della grande finanza, o seguire l’esempio di Luiz Inacio Lula da Silva, il presidente brasiliano che, arrivato al potere ha governato all’insegna del riformismo piuttosto che imbarcarsi in una scelta di socialismo collettivista. Vedi: Will Syriza’s Tsipras turn out to be a Lula or a Chávez?

La stampa economica e finanziaria ha già preso di mira Syriza ed osserva le sue mosse, pronta a sparare a zero sui nuovi governanti greci, se questi si discosteranno dalle direttive neoliberiste.

Come vice presidente economico, Tsipras ha nominato il deputato ed economista Yanis Dragasakis, che sarà incaricato di negoziare con la Troika. Questi,in un suo libro “Il Minotauro globale” ha sostenuto  che gli stati Uniti sono i responsabili della crisi per aver creato un sistema finanziario che permette agli USA come potenza dominate di vivere di rendita dei flussi di capitale che gli arrivano dagli altri paesi grazie al signoraggio del dollaro.

La questione centrale sarà la negoziazione del debito della Grecia che di fatto è impagabile. Il governo di Tsipras si era dichiarato disponibile a pagare dopo una ristrutturazione del debito che dovrebbe incontrare l’accordo con i creditori che sono essenzialmente la Germania, la Francia e l’Italia, per la metà dell’importo. Una cessazione unilaterale dei pagamenti avrebbe l’effetto di un terremoto finanziario in tutto il continente.

Da questi nuovi politici greci arrivano anche dei messaggi che possono “svelare” delle verità che fino ad oggi sono state coperte dall’ipocrisia e dalla manipolazione dei media. C’è voluto un esponente del nuovo governo greco, Yanis Varoufakis,  per chiarire quello che non è un segreto anche per l’Italia: testuale la sua affermazione, “il debito pubblico italiano non è sostenibile” [nel contesto di una moneta unica]. Il ministro Padoan si è affrettato a puntualizzare che non è vero, il debito italiano è perfettamente sostenibile.

A parte la diatriba fra ministri,  anche dalle parole del leader greco è emerso poi  che la Germania si era “dimenticata” di pagare i debiti di guerra ad Atene, mentre non si astiene di richiedere il pagamento del debito greco attuale, si parla di quel debito tedesco che i vincitori del secondo conflitto decisero di abbonare alla Germania dopo la fine della guerra mondiale, senza contare  il furto dell’oro greco da parte dei nazisti (oro mai restituito).

Tuttavia esiste un contesto internazionale che potrebbe forzare gli avvenimenti ed offrire un vantaggio al nuovo governo della Grecia : la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia: considerando i tradizionali legami (culturali e religiosi) che legano la Grecia con la Russia, non si può escludere un riavvicinamento di questi paesi con una possibile offerta della Russia di sostenere finanziariamente la Grecia, che d’altra parte si dissocerebbe dalle sanzioni votate dall’Europa. Le ripercussioni economiche e politiche di una uscita della Grecia dall’EURO, potrebbe avere conseguenze geopolitiche difficili da affrontare dall’Unione Europea, considerando anche altri paesi come l’Ungheria o la Repubblica Ceka che hanno già manifestato un loro dissenso sulle sanzioni alla Russia.

Per la troika questo potrebbe essere un campanello d’allarme, un precedente molto pericoloso. Questo deve suggerire una certa accortezza nelle decisioni, visto che, a sua volta, la politica europea è del tutto subordinata alle decisioni di Washington, come è risultato, più evidente che mai, nel caso delle sanzioni alla Russia (con tanto di riconoscimento delle pressioni esercitate sui soci europei da parte del vice presidente USA Joe Biden).

Non a caso anche da Obama è arrivato un messaggio diretto alla Merkel di non ostinarsi a spremere un paese già in grave crisi e questo deve far pensare a quale sia la preoccupazione degli USA: defezioni della Grecia e di altri paesi europei dalla politica di sanzioni ed il rischio incluso (non remoto) che la Grecia possa in futuro, entrando nell’orbita russa, richiedere una uscita dalla NATO.

A nessuno sfugge che l’Europa di Bruxelles si trova impantanata ad affrontare un momento molto serio di crisi e di possibile dissolvimento, il caso Grecia è soltanto il primo, potrebbe sembrare poco rilevante per il suo minore peso economico ma da questo potrebbero arrivare di seguito un “caso Spagna”, con le elezioni previste a fine d’anno ed una possibile vittoria del partito euroscettico di “Podemos”, considerato in testa ai sondaggi. Senza contare la crescita impetuosa dei partiti euroscettici anche in tutti gli altri paesi europei, quei paesi devastati dalle politiche neoliberiste che hanno aumentato il debito, affossato l’economia di paesi una volta altamente produttivi come Spagna, Italia e Francia e creato una svalutazione di fatto dei salari e delle proprietà immobiliari con risultati devastanti per le fasce sociali più deboli ed anche l’impoverimento della classe media.

In questo contesto lo strappo della Grecia potrebbe essere un fattore decisivo per dare la scossa all’equilibrio di un sistema già precario, di una unione che si è dimostrata sempre più disgregata e corrosa da competizione dei vari paesi , questa della Grecia è la prima netta sconfitta delle teorie neoliberiste e potrebbe far aprire gli occhi all’opinione pubblica degli altri paesi e suscitare un dibattito sulla validità o meno delle tesi economiche predicate come totem dai sostenitori dell’ultra liberismo.