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Verso la circolarità

di Fabrizio Maggi - 17/02/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


La sostenibilità richiede la modulazione di cicli economici basati sul rispetto delle dinamiche della biosfera: nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma.
  

Walter Stahel, segretario generale del Product Life Institute, sosteneva la necessità di usare i materiali e l’energia in un modo più responsabile già all’inizio degli anni Ottanta. L’idea venne ripresa da Michael Braungart e William McDonough nel loro voume Cradle to Cradle; Remaking the way we make things: quello che propongono i due autori è la creazione di un sistema industriale che non sia esclusivamente efficiente, bensì libero dai rifiuti. La linearità con cui l’economia neoclassica funziona produce molti più rifiuti di quanti siano ecologicamente sostenibili; la biosfera, al contrario, è strutturata su cicli circolari, dove i rifiuti di una specie forniscono il cibo per un’altra e le risorse fluiscono. Nel modello elaborato dai due studiosi, tutti i materiali appartengono a due diverse categorie: nutrienti tecnici o biologici.

I nutrienti tecnici sono limitati ai materiali sintetici non tossici e non pericolosi, privi di effetti negativi sull’ambiente naturale; possono essere impiegati in cicli continui, nello stesso prodotto e senza perdere la loro integrità o qualità. Tale operazione consente il loro riutilizzo più volte nel tempo ed evita la degradazione in prodotti di minor valore che poi diventano rifiuti.

I nutrienti biologici sono materiali organici che una volta usati possono essere lasciati in un qualsiasi ambiente naturale e decomporsi nel suolo, fornendo nutrimento per piccole forme di vita senza danneggiare l’ambiente. Il tutto relazionato all’ecologia locale: materiali organici provenienti da una determinata nazione o area geografica possono risultare pericolosi per l’equilibrio ecologico di un’altra nazione o area geografica. Aumentare l’efficienza di un sistema sbagliato non è la soluzione del problema. Il nodo della questione è realizzare prodotti ecologicamente migliori, non fare di più ma fare bene. A definire gli obiettivi di una economia circolare ha pensato il rapporto della MacArthur Foundation Towards a Circular Economy, in cui si scrive quanto segue:

“Un’economia circolare è un sistema industriale restaurativo già nelle intenzioni e nel progetto. In un’economia circolare, i prodotti sono progettati per facilitarne il riuso, il disassemblaggio e la riparazione o il riciclo, con la consapevolezza che è il riuso di grandi quantità di materiali riscattati da prodotti arrivati a fine vita, piuttosto che l’estrazione di nuove risorse, a costituire il fondamento della crescita economica. Inoltre, l’economia circolare si sposta verso l’uso delle energie rinnovabili, eliminando l’impiego di sostanze chimiche tossiche, che compromettono il riuso, e unta all’eliminazione dei rifiuti attraverso un migliore design di materiali, prodotti, sistemi, e, tra questi, dei modelli di business.”

Un primo passo concreto per il cambiamento potrebbe essere rappresentato dalla transizione verso l’offerta di servizi, a scapito della massimizzazione del volume di vendite di prodotti. La responsabilità dei materiali utilizzati in un prodotto rimarrebbe a carico dell’azienda che lo ha realizzato e ci sarebbe un forte incentivo a sfruttare al massimo la materia già utilizzata per trarne il guadagno più prolungato possibile. I prodotti verrebbero progettati per durare a lungo e per essere facilmente aggiornati, riusati e riciclati. La Rolls Royce, ad esempio, ha recentemente sostituito la vendita dei motori aeronautici con il noleggio alle diverse linee aeree che ne fanno uso; Michelin affitta gli pneumatici per i veicoli pesanti ed è responsabile per la loro manutenzione, sostituzione e riciclo a fine vita; Interface noleggia rivestimenti tessili e ne rimette in circolo i materiali nel tempo.

La sfida per il futuro è realizzare una svolta verso il concetto di “servizio invece di prodotto” per un’ampia gamma di merci di consumo: computer, telefoni cellulari, elettrodomestici, automobili, elementi di arredo e tessili. Lo stesso principio si può applicare al mercato immobiliare. Le conseguenze di un modello in cui i beni e i servizi sono senza dubbio positive. I produttori saranno responsabili per i prodotti e i materiali lungo il loro ciclo di vita, dismissione inclusa. Diventerà economicamente vantaggioso produrre oggetti che siano facili da riparare, migliorare smontare e riciclare. La gestione dei rifiuti e degli scarti verranno internalizzate e diverranno responsabilità del produttore e non, come avviene oggi, un costo a carico della società. Il modello conduce anche verso una maggiore creazione di posti di lavoro a livello locale in attività come la manutenzione o la gestione, il riciclo, il recupero e il ricondizionamento, mentre l’occupazione convenzionale nella manifattura e nell’estrazione dei minerali andrà a calare. Ma il vero beneficio, il risultato più importante, sarà la riduzione della pressione sulle risorse naturali.