Popolarità della dittatura
di Lorenzo Merlo - 10/03/2015
Fonte: Il giornale del Ribelle
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Fine democrazia. Ormai uno slogan in via di diffusione. Non allude solo alla presa di coscienza che la democrazia, così come l’avevamo creduta, non è mai stata. Allude anche e soprattutto al suo decadimento.
Esso è implicito quando le promesse che ci ha fatto, reiteratamente, non vengono mantenute.
Quelle promesse ci hanno indotto a trasformare la psicologia, da lottatrice a pretenziosa. Avevano lottato i nostri padri per realizzare un nuovo standard che sancisse il superamento del modello totalitario. Noi, che ne abbiamo goduto senza lotta, ne abbiamo disperso il patrimonio. Non tanto perché non ne riconosciamo il lascito, quanto piuttosto perché non ci adoperiamo lottando per mantenerlo. Pretendiamo sussista indipendentemente da ciò che facciamo, dal nostro grado di assunzione della responsabilità di come stanno le cose. Tutte le cose. Ma questa è una considerazione anche banale e comunque astratta.
Concretamente si assiste a una crescente disaffezione verso un lungo elenco di aspetti, ognuno dei quali diviene argomento individuale e sociale per allontanarsi dalle istituzioni, per dimenticare i valori della democrazia, per avvicinarsi a quelli del pugno di ferro, meno gentili e meno libertari.
Eccolo il lungo elenco.
Frustrante lotta all’evasione fiscale - problema delle pensioni - disoccupazione crescente – qualità della scuola - qualità dei servizi sociali - numero crescente di imprese in fallimento e chiusura – crescita della criminalità spiccia e organizzata - tensioni razziali anch’esse in aumento - scandali istituzionali - corruzioni - fuga di cervelli - speculazioni edilizie - sperpero del valore turistico dell’Italia - immigrazione - clandestinità - Unione Europea come progetto solo economico-materiale - mafia al nord - inquinamento - inquinamento militare - Italia sotto il giogo Nato e Americano - aumento della forbice sociale - democrazia sostituita dalla partitocrazia - primi ministri non eletti - riforme sociali realizzate unilateralmente - sinistra senza valori propri - esodati - edonismo - consumismo – povertà - nascite in calo - paure viscerali in aumento - odio - frustrazioni - diritto all’autodifesa in crescita - terrorismo - tassazione crescente - speculazioni finanziarie.
La deriva verso destra ha quindi argomenti importanti che fanno da solide basi per chi aspira a risolvere i problemi con il criterio del giro di vite. Ma ancora più importante, anzi esiziale a quella scatola svuotata che possiamo chiamare ancora sinistra, è la diffusione di quegli argomenti la cui viralità è latente e, si teme, epidemica.
L’assenza frequente delle istituzioni nella gestione della vita concreta dei suoi - si credeva e si diceva- diretti, protetti e accoliti cittadini e/o la loro ormai immutabile inidoneità a gestire i problemi nodali della società, a riconoscere quelli in arrivo e sciogliere quelli annosi, sono espressioni che derivano da una osservazione del mondo italiano e non solo, alla quale accedono per primi i dimenticati e vessati.
Se ciò può essere considerato anche capitalisticamente fisiologico, al punto in cui ci troviamo ogni intellettualmente onesto non può esimersi dal riconoscere come fare per andare a traguardare le cose da quel punto di vista che non lascia scampo alla fiducia e che alimenta il far da sé. Da quella mira c’è un panorama al cui orizzonte, ben oltre l’aurora, si sta alzando il sole nero e liberatore di un nuovo, aggiornato quanto vuoi, totalitarismo.
La richiesta è popolare. “Populistica” la chiamano i suoi detrattori non avendo argomento migliore. Quelli che avevano ideali, che potevano riconoscersi e vendersi come vessilli socialistici, che non distinguevano tra politica e privato, ora non vantano più niente. Non vendono più niente se non promesse di benessere vario, proprio come da sempre hanno fatto i loro storici avversari.
Oggi più che mai fanno testo i valori individuali di sicurezza fisica ed economica, tutto il resto è stato portato al macero. Il posto migliore dove comprarli, perché è di merce che stiamo parlando, non è nel negozio con più blasone, è da quello che lo vende a meno.
La corsa al ribasso è partita, si sa da dove, ma non dove si concluderà. È una corsa in maschera, dice di voler andare a sistemare le cose, e va bene, ma non dice che tutti noi potremmo essere una di quelle cose da sistemare.