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Chi trivella paga

di Alessandro Ursic - 31/08/2006

A novembre la California deciderà se tassare le compagnie petrolifere
La benzina costa sempre di più, le compagnie petrolifere fanno registrare profitti record e l’energia pulita deve fare ancora parecchia strada prima di affermarsi sul mercato. Problemi connessi tra loro? I cittadini della California lo decideranno a novembre, quando saranno chiamati a votare su una legge che propone l’istituzione di una nuova tassa da far pagare alle compagnie petrolifere che trivellano in California. Con l’obiettivo di destinare i fondi raccolti allo sviluppo delle energie alternative e al miglioramento di alcuni servizi sociali.
 
Prezzi alla pompa di altri tempi: oggi, in California la benzina costa 3,16 dollari al gallone (0,68 euro al litro)La proposta. La misura, chiamata Proposition 87, mira a raccogliere 4 miliardi di dollari entro il 2017, anno per cui si punta a una riduzione del 25 per cento del consumo di benzina e gasolio. L’aliquota da far pagare alle società cambierebbe a seconda del prezzo del petrolio sui mercati: più si alza quello, più crescerebbe la tassa. Allo stesso tempo, la Prop. 87 vieterebbe alle compagnie di alzare i prezzi alla pompa, per coprire il costo della tassa. “E’ ora di fargli pagare la loro parte” , è lo slogan della campagna a favore della proposta. L’anno scorso, le più grandi compagnie petrolifere hanno ottenuto profitti per 78 miliardi di dollari, un record.
 
I dati. Secondo il gruppo Californians for Clean Alternative Energy, uno dei sostenitori della Prop. 87, lo stato più popoloso degli Usa non fa pagare un dollaro alle compagnie che estraggono risorse naturali dal suo territorio, al contrario di altri grossi produttori come l’Alaska (tassa del 15 percento), la Louisiana (12,5 percento) e il Texas (4,6 per cento). Secondo il sito della campagna a favore, YesOn87.org, la California raccoglie più denaro con le licenze di caccia e pesca che con il petrolio. E di greggio ne produce in quantità. Per volume di produzione e di riserve, è il quarto stato negli Usa, e fornisce 656mila barili al giorno: il 12 percento dell’intera produzione statunitense.
 
Le ragioni del No. Dall’altra parte, però, c’è un altrettanto agguerrito fronte del No, finanziato anche dalle compagnie petrolifere. Secondo gli oppositori della Prop. 87, l’obiettivo di finanziare lo sviluppo di fonti alternative è giusto, ma non è questo il modo di farlo. In particolare è criticata l’istituzione dell’organo predisposto a gestire i fondi raccolti, che secondo i detrattori aumenterebbe la burocrazia e non sarebbe chiamato a rispondere a nessuno dei risultati ottenuti. “E’ una ricetta per lo spreco, non per il progresso”, attacca il sito NoOilTax.com, voce ufficiale del No. Per i contrari alla proposta, la Prop. 87 scaricherebbe anche la tassa sui consumatori: se il petrolio californiano costa di più – è il ragionamento – le compagnie lo andranno a cercare da altre parti, con costi di distribuzione, e quindi del prodotto finale, più alti.
 
Argomento sconosciuto. Le due campagne si stanno facendo battaglia a colpi di pubblicità e inserzioni sui giornali: entrambi i fronti hanno raccolto oltre 25 milioni di dollari. Uno spot televisivo del Sì mostra una foto, non proprio lusinghiera, di un ex amministratore delegato della Exxon, che l’anno scorso ha lasciato la compagnia con un bonus di 400 milioni di dollari. Per informare i californiani ci sono ancora due mesi di tempo, e sembra essercene bisogno. Un sondaggio effettuato a inizio agosto ha scoperto che per il momento il 52 percento degli elettori è a favore della Prop. 87 e il 31 percento è contro. Ma solo il 19 percento degli intervistati era a conoscenza della proposta. Se alla fine passerà, è probabile che il Sì farà rumore. Anche perché la California, quando si tratta di ambiente, fa sempre la parte del pioniere.