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Una cultura unidimensionale

di Lucrezia Lessio - 21/04/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


Una società unidimensionale che ha inglobato tutto, soprattutto la cultura. Una letteratura divenuta semplicemente conferma di ciò che esiste. L’opposizione annichilita e annullata. Marcuse parlava di una società senza opposizone, una società irrazionale.

   

 

La paralisi della critica: la società senza opposizione”, Marcuse intitola così l’introduzione de “L’uomo a una dimensione”.

Termini forti per definire la collettività che si fa “unidimensionale”: una “società senza opposizione” è traduzione di un inesorabile processo di omologazione degli individui all’ordine costituito. Una maggioranza che accetta la società così com’è senza confrontarsi e competere per un cambiamento. Si tratta di individui succubi di un pensiero unico che li porta a convincersi di riuscire trovare in essa tutto ciò di cui hanno bisogno. Marcuse nella sua opera mostra come la caratteristica fondamentale del mondo capitalistico sia la sua irrazionalità. Irrazionalità che si è diffusa a macchia d’olio attraverso una progressiva standardizzazione dei modelli di consumo e ‘americanizzazione’ del quotidiano. L’Uomo ad una dimensione è infatti un’opera profondamente americana, nata dal soggiorno dell’autore negli Stati Uniti. Si tratta di una società succube di se stessa e nell’insieme irrazionale, che viene traviata da un uso sempre più consistente dei mezzi di comunicazione di massa: il rilievo della televisione cresce incessantemente, rivoluzionando gli stili di vita e creando così una nuova cultura in cui l’immagine prevale sulla parola scritta. L’irrazionalità non penetra solamente società e politica, arriva ad insinuarsi soprattutto nella cultura, infatti una delle caratteristiche più evidente di questo processo è proprio “l’appiattirsi dell’antagonismo tra cultura e realtà sociale, tramite la distruzione dei nuclei d’opposizione, di trascendenza, di estraneità contenuti nell’alta cultura, in virtù dei quali essa costituiva un’altra dimensione della realtà. Codesta liquidazione della cultura a due dimensioni non ha luogo mediante la negazione ed il rigetto dei ‘valori culturali’, bensì mediante il loro inserimento in massa nell’ordine stabilito, mediante la loro riproduzione ed esposizione su scala massiccia”. I valori culturali propugnati dalla società unidimensionale vengono interiorizzati dagli individui in maniera meccanica senza lo sforzo di una comprensione. Nella società pre-tecnologica la letteratura e l’arte erano essenzialmente “alienazione”, essa era forte del potere della negazione, cioè poteva “parlare il proprio linguaggio solo finché sono vive le immagini che rifiutano e confutano l’ordine costituito”. I personaggi che vi apparivano erano sovversivi, ribelli, come ad esempio “l’artista, la prostituta, l’adultera, il gran criminale senza patria, il guerriero, il poeta ribelle, il diavolo, l’idiota, coloro che non lavorano per vivere, almeno non in un modo ordinato e normale”. Questi personaggi “sono l’espressione di quella alienazione libera e consapevole delle forme di vita stabilite con cui la letteratura e le arti si opponevano a queste stesse forme anche quando si prestavano ad ornarle”.

Con l’avvento dell’era tecnologica tali personaggi non sono propriamente svaniti dalla letteratura, ma perdurano sotto altre forme, quelle allestite dalla società, che ingloba in sé il mondo della cultura, restituendone uno stile di vita che si conforma totalmente con quello adottato dagli individui. La letteratura e l’arte si abbassano ad una mera conferma di ciò che già esiste. Essi “non sono più immagini di un altro modo di vita, ma sono piuttosto ibridi o tipi usciti dalla solita vita, che servono ad affermare piuttosto che a negare l’ordine costituito”. Per Marcuse è chiaro che “il potere assimilante della società svuota la dimensione artistica, assorbendone i contenuti antagonistici. Nel regno della cultura il nuovo totalitarismo si manifesta precisamente in un pluralismo armonioso, dove le opere e le verità più contraddittorie coesistono pacificamente in un mare di indifferenza”. Nell’era pre-tecnologica l’alienazione artistica era “sublimazione”, in quanto evocava immagini in contrasto radicale con la realtà, nella società tecnologica invece tali immagini spariscono, perdono di vitalità e forza di opposizione. Lo smercio e la commercializzazione di ogni realtà ha svuotato totalmente da ogni significato la stessa arte e le sue forme, secondo quella che Marcuse chiama “desublimazione”, ovvero un processo chiamato a fortificare il livello di coesione sociale. Ogni resistenza è così livellata in una società unidimensionale.