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Parlare di fascismo a San Lorenzo

di Annalisa Terranova - 21/04/2015

Fonte: today




La battaglia di San LorenzoLa battaglia di San Lorenzo

Sono stata invitata a presentare il libro Altri Duci di Marco Fraquelli (Mursia) alla libreria Assaggi di Roma, quartiere San Lorenzo, a due passi dall’ex collettivo di via dei Volsci. Confesso di esserci andata con una certa riluttanza, per retaggio comportamentale risalente agli scomposti anni Settanta, quando San Lorenzo era quartiere vietato a quelli come me. E con diffidenza ho letto, parcheggiando il motorino, la scritta sul muro all’angolo: “Fasci appesi”

E invece la libreria era accogliente, con le ultime novità sugli scaffali di legno chiaro, dove al posto del Capitale più famoso c’era in bella mostra il libro di Piketty, Il Capitale nel XXI secolo ma c’erano anche quei romanzi dove lei si innamora per colpa di un libro o per una ricetta di cucina. Un po’ di chick-lit, insomma (cioè “letteratura per pollastrelle”). E c’è pure lo spazio caffè-tè-tisane. E con Fraquelli e Paolo Foschi abbiamo parlato del mestiere del giornalista che sta morendo, perché non devi più scrivere articoli ma catturare “clic” e allora i giornalisti si consoleranno scrivendo libri che nessuno leggerà. E poi abbiamo cominciato a parlare e nessuno mi ha tolto la parola mentre spiegavo di Codreanu che girava i villaggi contadini della Romania. 

E c’era anche Guido Caldiron che proprio quel giorno era riuscito a far pubblicare sulManifesto la recensione del mio romanzo Vittoria, uscito un anno fa e che parla di una ragazzina in una sezione missina, dei suoi sogni e dei suoi lutti. Ed è arrivato un signore con i capelli bianchi che aveva letto la recensione sul manifesto e credeva che in quella libreria si presentasse il mio romanzo sugli anni Settanta ed era venuto a sentire, incuriosito. 

Lui, compagnissimo, militante del Pci, a San Lorenzo, per sentire cosa avevano da dire quelli dell’altra parte. E ci è rimasto un po’ male, del fatto che invece si parlava dei fascismi europei negli anni Trenta. “Io ero venuto qua pe’ sentire come se la passano i fasci adesso, perché in fondo in quegli anni là, gli anni Settanta, da tutte e due le parti si combatteva per cambiare le cose, e in fondo quelli di quegli anni là erano pure persone per bene, idealisti a modo loro,  e mo’ stamo tutti col culo per terra, perché tutti noi, i fasci e i compagni, se la semo presa in quel posto. Fine della storia”.