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Aldo Busi, un residuo del Sessantotto

di Lorenzo Vitelli - 19/05/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


La rivoluzione conservatrice di Aldo Busi, un nietzscheano di sinistra il cui anticonformismo sadiano distrugge esattamente ciò che il potere vuole abbattere.
   

Aldo non ne può più di ripetere sempre le stesse cose. E’ una vita che lotta contro gli stereotipi, i luoghi comuni, i bigotti, contro gli adulatori di Dio e di Wanna Marchi. Aldo non vuole vivere in un mondo di omofobi e di repressi. Ha persino paura di sfiorare con il gomito il vicino al bancone che prende, come lui, un caffè al bar, timoroso che possa scoppiare una rissa. La gente è aggressiva perché non è libera, perché non conosce e non parla della propria sessualità. Un tabù a cui lui rimedierebbe con l’educazione sessuale a scuola. Noi tutti, nella platea della sala dove Aldo presenta il suo ultimo libro, “Vacche amiche”, al Salone di Torino, fingiamo di non sapere che quella è già una disciplina scolastica, e applaudiamo.

Perché Aldo è una femme fatale con la voce roca e virile, un prodotto di eccentricità quasi perfetto, un anticonformista che rivoluziona la forma senza affaticare la sostanza. Contro i poteri forti e il politicamente corretto, al massimo dice “buco di culo” e “leccata di figa”, e noi, scossi, pensiamo sia uno con le palle. Fa dello sconcio un’arma rivoluzionaria, della parola libidinosa un luce di liberazione contro l’oscurantismo piccolo-borghese, del suo flusso di incoscienza una catarsi collettiva. Convince i suoi lettori, in equilibrio tra sdegno e ammirazione, che gli unici, veri movimenti rivoluzionari del Novecento sono quello femminista e quello gay. E lui, senza il nostro reale consenso, si auto-ritaglia uno spazio di storia incarnandone un proseguo. Aldo è un rivoluzionario da telecomando che, prima di prendere la Bastiglia, passa dai camerini televisivi del trucco e del parrucco. Aldo è un sessantottino demodé, che inneggia alla liberazione sessuale, al disprezzo delle confessioni, alla morte degli omofobi.

Noi però non gli diciamo che là fuori, dietro le pareti affrescate dal suo narcisismo, il mondo di cui parla come un’utopia l’hanno già fatto da più di un cinquantennio. Aldo non sa che il lungometraggio di Pasolini “Salò”, che tanto apprezza, non è un’inno alla pornografia, ma il mondo così come lo vuole il potere. Aldo non sa di parlare con la voce dello Zeigeist. Aldo è un analgesico scansafatica per chi vuole fare la rivoluzione sul divano o in camera da letto, per chi vuole rendere un po’ più frizzante la propria vita sessuale, senza rimettere in causa i rapporti di forza. Aldo, alla fine, è un reazionario che veste i panni di De Sade quando la società è già un bordello.