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Cibo e identità locali. Sistemi agroalimentari e rigenerazione di comunità

di Maurizio Bergonzini - 03/06/2015

Fonte: Arianna editrice

 


Quindici anni fa non  esistevano più l’asparago rosa di Mezzago,  il grano saraceno autoctono di Teglio (all’origine dei famosissimi pizzoccheri ), la produzione del prestigioso mais “spinato”, il più antico della Lombardia. Nel contempo  erano in grave decadenza il vigneto Pusterla/Capretti di Brescia ( il più grande vigneto urbano d’Europa) e la produzione, ormai quasi “clandestina”, del tradizionale “stracchino all’antica” di Corna Imagna mentre vinceva la dura resistenza durata vent’anni di tredici produttori del “bitto storico” condizionato dalle qualità di erbe consumate dalle mucche e dalle capre sugli alpeggi e che può essere conservato e stagionato per oltre dieci anni al contrario di quello del  Bitto Dop prodotto sulla base di un disciplinare del 1996 che ne ha allargato la zona di produzione e modificato  il metodo rendendo facoltativo l'utilizzo del latte di capra.

Di queste sei esperienze lombarde tre studiosi ( Michele Conti docente di Zootecnia di montagna presso l’Università degli Studi di Milano, Sergio De La Pierre già professore a contratto di Sociologia generale presso il Politecnico di Milano e di Sociologia urbana presso la facoltà di Architettura di Firenze e Stella Agostini dottore di ricerca, ricercatore di costruzioni rurali e territorio agrofostale ) hanno scritto in “Cibo e identità locale” edito dal Centro Studi Valle Imagna ( 20 euro- info@centrostudivalleimagna.it ) con approcci scientifici diversi ma convergenti nella comune valorizzazione di sistemi agroalimentari e “patrimoni territoriali” virtuosi analizzati come esempi paradigmatici di una rinascita di luoghi della Lombardia non omologati ai modelli dominanti.

Il senso di queste ricerche lo esplicita nella bella presentazione  Alberto Magnaghi, professore emerito di pianificazione territoriale  presso la facoltà di Architettura di Firenze e Presidente  della Società dei Territorialisti, osservando come le esperienze studiate superino il concetto di eccezionalità delle stesse testimoniando, pur riferendosi a un territorio non esteso, il rafforzarsi di un percorso alternativo. Quello, come affermato dal Professor Magnaghi, in cui “i sistemi territoriali locali …. ancora capaci di relazioni conviviali al loro interno,hanno iniziato … una “lunga marcia” identitaria di riscoperta  della profondità del territorio, delle sue culture e identità locali,artigiane, artistiche, produttive, dei suoi paesaggi urbani e rurali. Una vera e propria alternativa strategica alle megacity e alle urbanizzazioni post urbane”.