La vera identità di Gesù Cristo
di Yuri Leveratto - 25/08/2015
Fonte: Yuri Leveratto
Poche persone dubitano dell’esistenza storica di Gesù Cristo. Molti però lo definiscono un “grande profeta di Dio”, un “uomo saggio”, un “riformatore del giudaismo”, o addirittura “l’uomo più saggio che abbia mai vissuto”. In principio era il Verbo In questi celebri passi, Cristo è proclamato come Parola di Dio (Verbo), Dio egli stesso, Creatore del mondo e principio della vita. Analizziamo anche un altro passo del Prologo (Giovanni 1, 14): E il Verbo si fece carne e dimorò fra noi e abbiamo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. In questo passo si descrive che il Verbo si fece carne, ossia s’incarnò in una persona umana, (Gesù). Inoltre si spiega che il Figlio è Unigenito, cioè “unico e solo” (ossia non ve ne sono stati altri, e non ve ne saranno altri all’infuori di lui). Dio nessuno l’ha visto mai. Quando Giovanni scrive “Dio nessuno l’ha visto mai”, si riferisce a Dio Padre. Quando scrive “Unigenito Dio”, si riferisce a Dio Figlio, il quale “è nel seno del Padre”, e che ha rivelato il Padre. In questo passaggio pertanto, Giovanni, definendo “Unigenito Dio”, il Figlio, ci svela ancora la vera identità di Gesù Cristo. L’indomani vede Gesù venirgli incontro e dice: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. E’ Giovanni il Battista che parla. Ci dice che Gesù è “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Cosa significa? Il quale non ha bisogno tutti i giorni, di offrire vittime prima per i propri peccati, poi per quelli del popolo come i sommi sacerdoti, perchè questo egli ha fatto una volta per tutte offrendo se stesso. Da notare che Giovanni il Battista disse: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, e non disse: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato di Israele”, indicando così che Gesù venne per caricare su di se tutti i peccati del mondo, proprio tutti, anche di coloro che non sono ebrei. La sua missione non è pertanto quella di un “riformatore del giudaismo”, come affermato da alcuni scrittori, ma è “universale”, per tutti gli esseri umani. Un altro passo importante per comprendere questo concetto è Giovanni (3, 16-21): Dio infatti ha tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Anche in questi passi si descrive Gesù come “il Salvatore del mondo” e non “colui che condanna il mondo”. Salvatore è colui, che con il suo sacrificio “toglie i peccati del mondo”. Chi crede in lui è gia salvato, nel senso che accetta che Cristo abbia accolto su di se i suoi peccati. E chi fra voi vorrà essere al primo posto si farà vostro schiavo, come il Figlio dell’uomo che non è venuto ad essere servito, ma a servire e dare la propria vita in riscatto di molti. e (26, 26-28): Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: "Prendete, mangiate: questo è il mio corpo". Quindi prese il calice, rese grazie e lo passò a loro dicendo: “Bevetene tutti: questo infatti è il mio sangue dell’alleanza, che sarà versato per molti in remissione dei peccati. Secondo la credenza cristiana pertanto, Dio non perdona i peccati “dall’alto”, ma pagando lui stesso. Dio non ha delegato ad una sua “creatura” la sofferenza sulla croce. Dio stesso era sulla croce, dandoci il massimo esempio di umiltà, perchè amava talmente l’uomo che si è sacrificato per lui, caricando su di se tutti i peccati del mondo e rendendoci così liberi. Solo Dio inoltre, essere infinito, poteva pagare con il suo sangue per tutti i peccati del mondo. Da vari passaggi dei Vangeli si evince che il Padre e il Figlio sono “della stessa sostanza”. E’ Gesù stesso che lo ha affermato, dipanando ogni dubbio sulla sua identità e sulla sua missione. Tutto mi è stato dato dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo. Continuiamo con l’analisi del Vangelo di Giovanni. Nel seguente passo (8, 18-19) è scritto: Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete nè me nè il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». Frase significativa, perchè indica che solo conoscendo e accettando lui, si può accettare il Padre. E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». E ancora in Giovanni (8, 53-58): Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Anche il decimo capitolo del Vangelo di Giovanni è particolarmente significativo per conoscere la vera identità di Gesù Cristo. Leggiamo i seguenti passi (10, 14-18): Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perchè io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Innanzitutto in questi passi è scritto che Gesù ci conosce, esattamente come il Padre conosce lui e lui conosce il Padre. Poi c’è scritto che lui da la vita per noi. In questa frase quindi Gesù anticipa quello che sarà il suo sacrificio, ed inoltre ci anticipa la sua Risurrezione: lui da la sua vita e lui la riprende, proprio perchè lui è il Signore. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo uno. Con quest’ultima frase Gesù afferma di essere in unione con il Padre. Tuttavia quando i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo, ci fu questo dialogo (Giovanni 10, 32-38): Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perchè tu, che sei uomo, ti fai Dio». I Giudei avevano inteso che, con quell’affermazione, Gesù sosteneva di essere Dio, ma Gesù stesso non negò di esserlo. Gesù si rifà all’Antico Testamento: Nelle scritture vengono chiamati dei e figli dell’Altissimo i giudici e i re, perché partecipi della prerogativa divina di giudicare gli uomini (Sal. 82, 6-Sal. 2- Dt 1, 17; 19, 17). Gesù aggiunge che colui che è santificato e inviato dal Padre a buon diritto può essere considerato in unione con il Padre. Nell’ultima frase, inoltre, ribadisce ancora che lui e il Padre sono una cosa sola. La natura divina di Gesù non si evince solo da quello che disse, ma ovviamente anche da quello che fece. I miracoli, narrati nei quattro Vangeli, indicano il suo totale dominio sulle forze della natura, sui demoni, sulle malattie e sulla morte. Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Con questa frase Marta ha riconosciuto la vera identità di Gesù Cristo. Gesù proclamò ad alta voce: “Chi crede in me, non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato, e colui che vede me, vede Colui che mi ha mandato. In questo ultimo passo Gesù afferma di essere consustanziale al Padre. E ancora in Giovanni, (14, 5-14): Gli dice Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?” In questi passaggi vi sono due concetti significativi. Innanzitutto Gesù risponde a Tommaso dicendo: “Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno va al Padre se non attraverso di me”. Quindi risponde a Filippo dicendo: “io sono nel Padre e il Padre è in me”. Gesù afferma dunque di essere la Verità, di essere unito al Padre, e di essere pertanto, della stessa “sostanza”. Il Padre stesso vi ama, poichè voi mi avete amato e avete creduto che sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo. Ora lascio il mondo e vado al Padre. “uscito da Dio”, frase che rende l’idea del Verbo generato, ma non creato, e finalmente incarnatosi in un uomo, Gesù. Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuta l’opera che tu mi hai dato da fare. Ora glorificami tu, Padre, davanti a te, con la gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. E ancora, Giovanni (17, 24): Padre, voglio che anche quelli che tu mi hai dato siano con me, dove sono io, affinchè contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato, poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. In questi due passaggi si evince che Gesù era con il Padre prima che il mondo fosse, prima della creazione del mondo, dell’universo. Questi due passi, indirettamente, confermano la Divinità di Cristo. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La Risurrezione è inoltre la dimostrazione che Dio ha accettato l’estremo sacrificio di Cristo fatto per tutti gli esseri umani e certifica che coloro che credono in Gesù Cristo saranno risuscitati a Vita Eterna. Vi sono poi altre frasi e comportamenti di Gesù che indicano la sua natura consustanziale al Padre. Nel capitolo quinto del Vangelo di Matteo, parlando della legge mosaica, ossia la legge data da Dio, Gesù ripetè varie volte: “avete inteso che fu detto…io invece vi dico”. Gesù quindi insegna sui giusti comportamenti da tenere nel caso di matrimonio, giuramenti, amore al prossimo. Per sei volte viene ripetuta la frase: “io invece vi dico”. Ma Gesù rispose loro: “Mio Padre è all’opera fino ad ora ed anch’io sono all’opera”. Gesù si pone quindi al di sopra della legge, per esempio anche quando dice: “Si, il Figlio dell’uomo è padrone del sabato” (Matteo, 12, 8). Sono affermazioni inaudite, che mai uscirono dalla bocca di nessun uomo, e che provano la sua verà natura di Gesù Cristo, che è consustanziale al Padre. Egli però taceva e non rispondeva nulla. Perciò il sommo sacerdote lo interrogò ancora dicendogli: “Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?”. Rispose Gesù: “Si, sono io! E vedrete il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della Potenza, venire con le nubi del cielo.” In questo passaggio Gesù rispose chiaramente, usando le parole della visione di Daniele (7, 13-14). Non fate niente per ambizione ne per vanagloria, ma con umiltà ritenete gli altri migliori di voi; non mirando ciascuno ai propri interessi, ma anche a quelli degli altri. Coltivate in voi questi sentimenti che furono anche in Cristo Gesù: Analizzando questo importante brano ritmico, vediamo che, al sesto passo Paolo scrive: “il quale, essendo per natura Dio”. Quindi Paolo scrive chiaramente che Gesù è Dio, per natura. Inoltre nell’undicesimo passo scrive: “e in ogni lingua proclami, che Gesù Cristo è Signore a gloria di Dio Padre”. Paolo non scrive “Dio”, ma bensì “Dio Padre”. Così facendo, ricollegandosi al sesto passo, certifica la Divinità del Figlio. Dio infatti ha tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. (Giovanni 3, 16).
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