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Brutti, sporchi e cattivi

di Eugenio Orso - 25/08/2015

Fonte: Pauperclass


Di recente, un canale televisivo ha trasmesso il film del 1976 di Ettore Scola Brutti, sporchi e cattivi, interpretato dal grande Nino Manfredi, per l’occasione Giacinto Mazzatella, un vecchio alcolizzato “cecato da un occhio” che viveva in una baraccopoli della periferia romana, dov’era confinato il lumpenproletariat di quegli anni.

Il film di Scola descrive senza velleità di critica sociale la vita dei più poveri fra i poveri nelle baracche alla periferia di Roma, indugiando su particolari disgustosi, sulle condizioni igieniche precarie, sul piccolo malaffare di sopravvivenza (furti, prostituzione e simili), sulla violenza quotidiana e sulla promiscuità sessuale. Ne esce una vita senza speranza, confinata nei recinti dell’ignoranza e della miseria, a poca distanza dal centro della capitale di uno dei maggiori paesi industriali del pianeta.

Aggiungo che questo film lo considero un “cult” (brutta espressione esotica, ma non trovo di meglio) per la capacità di descrivere senza velleità politiche una realtà di degrado estremo, etico e materiale, nonché per la crudezza delle situazioni nello sviluppo narrativo, mitigata dalla comicità involontaria dei personaggi, primo fra tutti l’incredibile “cecato” Giacinto Mazzatella-Nino Manfredi.

Brutti, sporchi e cattivi erano sia Giacinto, che si teneva stretto il milioncino avuto dall’assicurazione per la perdita dell’occhio, sia i suoi numerosi familiari (dall’orribile moglie ai molti figli, parenti e nipoti, fra i quali un travestito, uno scippatore e uno storpio) che cercavano di sottrargli i soldi, da lui difesi a pugni, calci e fucilate, arrivando al punto di cercare d’eliminarlo con veleno per topi (frequentissimi nella baracca di Giacinto). Ma Giacinto fuggì in bicicletta, vomitò nell’acqua sporca la pasta avvelenata e si salvò. Finì per dividere la baracca, da lui incendiata e riattata alla buona dai parenti, con nuovi inquilini paganti, dormendo nel lettone scassato fra l’orribile moglie e la grassa prostituta Iside, sua amante.

Il lumpenproletariat di Marx e i ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini sono sullo sfondo, in un canto del cigno delle sotto-culture ai margini dello sviluppo capitalista, antiche nella loro essenza quanto la povertà sacralizzata dal cristianesimo.

Brutti, sporchi e cattivi è un vero e proprio canto del cigno del vecchio sottoproletariato urbano, perché negli anni ottanta, con l’inizio della profonda trasformazione sociale e culturale del paese in senso neocapitalista, i Giacinto Mazzatella di Scola e tanto più il riccetto o i Tommaso Puzzilli di Pasolini, tragiche figure degli anni cinquanta, si sono estinti quasi completamente, scomparendo con il loro mondo marginale, aspro, senza speranza, ma antico quanto le vecchie povertà.

Ladri, delinquenti, assassini (Giacinto ubriaco spara ad un figlio, nel film di Scola, ferendolo non gravemente), disposti al reclutamento per ogni sorta di avventura reazionaria, privi di coscienza politica, secondo il giudizio impietoso dei marxisti e di Marx, “socialmente vicini” per i bolscevichi che comunque li arrestavano, internandoli nei gulag.

Meno duro il giudizio di Pier Paolo Pasolini, schierato con Gramsci razionalmente ma contro di lui nelle “buie viscere”, che subiva con tutta evidenza il fascino trasgressivo del mondo sotto-proletario.

Non sono un critico cinematografico e non voglio trattare da questo punto di vista il bellissimo film di Ettore Scola, ma il rivederlo, a distanza di anni, ha suscitato in me una domanda: chi sono gli equivalenti dei brutti, sporchi e cattivi dei tempi andati, in queste dimensioni culturali, economiche e sociali?

Un primo pensiero è andato a tutti gli autoctoni – oggi sempre più numerosi – che vivono una situazione di marginalità ed esclusione, spacciando droga, rubando, truffando, prostituendosi o semplicemente sopravvivendo con pensioni e redditi degli ascendenti, nonché ai brutti ceffi che si aggirano nelle sale slot, luogo d’incontro di molti drammi sociali e personali, legalizzate ad hoc e “sponsorizzate” dal sistema.

Costoro, però, godono ancora di un “tenore di vita” più alto di quello dei sinistrati delle periferie romane degli anni settanta, non di rado possono beneficiare dei residui di patrimoni familiari ereditati da genitori, nonni e bisnonni risparmiatori e laboriosi, e perciò sono una spanna più in alto.

Inoltre, sono culturalmente diversi dal vecchio sottoproletariato urbano e hanno dimenticato completamente usi e costumi dei diseredati di allora, per non parlare dell’influenza dell’antica società contadina, ormai morta e sepolta.

Il pensiero corre allora agli immigrati irregolari, ai cosiddetti clandestini, ai nuovi schiavi spinti dalla disperazione verso nord, in fuga dalla guerra tradizionale e da quella economica – entrambe alimentate dal neocapitalismo, globale e finanziario – disposti ad attraversare il mare sui canotti, a dormire per terra nelle stazioni ferroviarie, o a vivere in baracche puzzolenti, senza igiene e senza servizi, pur di inseguire il loro sogno di una vita migliore.

Sono loro che più assomigliano, almeno in apparenza, agli abitanti delle baracche di quel “mitico” film.

Ci sono ovviamente delle grandi differenze fra i brutti, sporchi e cattivi del film di Scola e costoro, non solo perché i personaggi del film erano romani, burini, ciociari e simili (quindi italiani), mentre moltissimi immigrati, irregolari ma anche regolari, appartengono a realtà culturali, sociali e religiose molto distanti dalla nostra.

La prima differenza è che gli abitanti dei baraccati romani, negli anni settanta, erano gli epigoni di una marginalità alimentata dall’affermazione del sistema capitalista, gli “scarti” dell’urbanizzazione forzata delle popolazioni, il risultato indesiderato dell’applicazione di sistemi disciplinari stringenti, addirittura dell’antica recinzione delle terre aperte e dell’implotonamento dei dominati nelle fabbriche, mentre gli immigrati irregolari che stanno invadendo, da sud e da est, l’Europa sono il frutto velenoso delle guerre neocapitaliste, combattute con armi economiche e finanziarie e, sempre più di frequente, con la destabilizzazione di interi paesi e l’uso “spregiudicato” di armate mercenarie a sfondo religioso-integralista o ideologico-ultranazionalista (stato islamico, al-nusra, boko haram, tagliagole sunniti vari, euronazisti ucraini supportati da blackwater/academy, eccetera).

La seconda differenza di rilievo è che il sotto-proletariato urbano di marxiana (e pasoliniana) memoria si è formato nel corso di lunghi decenni, per effetto del rimodellamento dell’ordine sociale nell’habitat capitalistico del secondo millennio, mentre le ondate di profughi (o immigrati irregolari, o “clandestini” sans papier) che oggi osserviamo, nascono dall’accelerazione del progetto demiurgico neocapitalistico-finanziario e sono il risultato di qualche anno di guerra indotta e di devastazione economica programmata.

La terza differenza è importantissima, perché i brutti, sporchi e cattivi di Scola, i ragazzi di vita di Pasolini, il lumpenproletariat di Marx non fuggivano da guerre e sopraggiunta miseria insopportabile, ma vivevano nelle loro caratteristiche dimensioni culturali (sotto-culturali, secondo alcuni) in ambienti urbani capitalistici e spesso non tentavano neppure di migliorare la propria esistenza, mentre, all’opposto, i profughi di oggi si muovono fra mille difficoltà, per centinaia o migliaia di chilometri, esposti ad abusi, espropri e violenze, per migliorare la propria condizione di vita e dare uno straccio di futuro ai figli.

In conclusione, se qualcuno pensa che oggi i brutti, sporchi e cattivi siano quelli che arrivano a frotte dal mare o da terra, laceri o addirittura seminudi, con pochissimi beni e qualche soldo, quelli che dormono nelle stazioni, fuggono dai “centri di accoglienza”, talora rubano o commettono qualche altro reato (accade anche questo), prima di esternare rifletta su quanto precede e si chieda se la maggioranza di costoro vorrebbe vivere tutta la vita come Giacinto Mazzatella, nel film di Scola, come il sottoproletario privo di coscienza sociale prigioniero del suo destino, come i personaggi marginali dei romanzi di Pasolini finiti male, oppure se cerca un lavoro decentemente pagato, una scuola per i figli, il riparo dalla guerra, la possibilità di una migliore istruzione …

Poi, se ha riflettuto a sufficienza, parli pure!