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Dal Piano Kalergi in su. Paolo Becchi: “Oltre l’Euro”

di Claudio Messora - 22/09/2015

Fonte: byoblu.com


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Ho incontrato Paolo Becchi fuori dalla stazione centrale di Milano. Abbiamo fatto una lunga diretta streaming su Periscope. Aveva in mano il suo ultimo libro, “Oltre l’euro”. Nel libro, tra le altre cose, un’esclusiva intervista a Gianni De Michelis, ministro delle Partecipazioni statali, poi del Lavoro, poi vice presidente del Consiglio e infine Ministro degli Affari Esteri che firmò i parametri di Maastricht.

Nella negoziazione di Maastricht si fece di tutto per creare le condizioni necessarie per rendere possibile e profittevole il fatto che l’Italia potesse aderire all’euro. […] Poi Ciampi, che pure partecipò a quei negoziati, non li considerò affatto da Ministro del Tesoro del Governo Prodi, perché accetto condizioni che erano l’opposto esatto di quello che si sarebbe dovuto accettare e con la firma del Patto di Stabilità di fatto veniva capovolto tutto quello che si era firmato a Maastricht. […] Le maggiori cessioni di sovranità che il nostro Paese ha compiuto sono avvenute nella legislatura Prodi – D’Alema, quando credo possa aver giocato l’interferenza di forti poteri esterni. […] Ci furono pressioni su Ciampi dalla Germania perché noi non avevamo osservato un obbligo: la riforma delle pensioni“.

Questo e altro in “Oltre l’euro“, di Paolo Becchi e Alessandro Bianchi.

Il Minotauro dell’euro, di Paolo Becchi.

L’Euro non è stato solo uno dei più clamorosi errori della storia economica mondiale, ma altresì un fallimento sotto il profilo politico. Si è trattato di un esperimento fallito politicamente, prima ancora che economicamente. Bisognerebbe avere il coraggio di prenderne atto e agire di conseguenza. Del resto le unioni monetarie non sono necessariamente destinate a durare in eterno; se ci si rende conto che non funzionano, bisogna trovare il modo per uscirne, con la consapevolezza che uscirne non sarebbe la fine del mondo. La moneta unica sta facendo la stessa fine della Costituzione europea. Come i popoli hanno rigettato quella costituzione, così ora stanno rigettando quella moneta. Certo, come la Costituzione è stata trasformata in Trattato, così si sta facendo di tutto per salvare l’Euro. E così l’Euro continua a sopravvivere, ma ciò va a scapito dei singoli Paesi che hanno aderito all’unione monetaria, i quali così facendo hanno perso il loro potere di incidere nel destino della loro economia e si trovano imprigionati dentro un sistema dal quale sembra impossibile uscire.

In effetti le procedure di “exit” previste dal Trattato di Lisbona regolano in modo esplicito, all’art. 50, l’uscita dell’Unione Europea, ma non contengono alcuna disposizione riguardo all’eventuale recesso dall’unione monetaria, sembra quasi che una volta entrati in essa non se ne possa più uscire, se non uscendo anche dall’Unione Europea. In materia di diritto dei trattati rilevano però in generale le disposizioni contenute nella già richiamata Convenzione di Vienna e la suddetta Convenzione agli artt. 60 e seguenti consente il recesso qualora si verifichi una condizione di “sopravvenuta eccessiva onerosità” dei vincoli che l’unione monetaria sta imponendo al nostro Paese.

Torniamo al mito da cui siamo partiti. Uno dei figli generati da Europa con il toro divino era Minosse, la cui moglie fu presa a sua volta da una folle passione per un toro bianco e con lui generò il Minotauro, un mostro mezzo uomo e mezzo toro, che viveva richiedendo continui sacrifici umani. Ebbene con l’Euro è proprio questo mostro che abbiamo generato. Se vogliamo evitare che venga distrutta l’Europa, se vogliamo ripensare la nostra del tutto peculiare origine, la prima cosa che dobbiamo fare è rinchiudere il Minotauro nel labirinto di Cnosso, nella speranza che prima o poi un nuovo Teseo lo affronti e lo uccida. Ma anche questo da solo non basta.

La crisi dell’esistenza europea travalica la sua moneta e solo due sbocchi sono possibili: il tramonto dell’Europa o la sua rinascita. E la rinascita – contrariamente a quanto oggi molti pensano – non dipende dalla sua unificazione politica. La storia infatti ha dimostrato una cosa: l’Europa è formata da popoli con tradizioni che li contraddistinguono, da Stati territoriali con ordinamenti giuridici peculiari, da società che restano eterogenee, da cittadini che pur riconoscendosi in alcuni valori comuni hanno stili di vita diversi. Senza Ortung, schmittianamente, non c’è Ordnung. Il tentativo di omologare, di omogenizzare tutto, potrà pure essere un sogno per il capitalismo neoliberalista, ma è diventato un incubo per i cittadini europei. La salvezza dell’Europa dipende dal recupero della sua origine spirituale. Come avevano già intuito, con accenti diversi, Husserl e Heidegger in due conferenze, pressoché coeve, l’ “Europa spirituale” nasce in Grecia e liberandosi “dall’influsso asiatico”. Uccidendo, come si sta facendo, il Paese dove nacque la democrazia e la filosofia distruggiamo le nostre origini e con esse quello che ci ha contraddistinto nella storia del mondo. Quanto dolore dovranno ancora sopportare i cittadini europei prima che l’Europa capisca che il suo futuro non sta nell’unificazione forzata, bensì nel riconoscimento di se stessa come un mosaico che attrae per la bellezza di tasselli di diversa natura e colore che lo compongono?