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Un esempio italiano di partecipazione aziendale

di Mario Bozzi Sentieri - 22/09/2015

Fonte: Arianna editrice

In Italia, al di fuori degli specialisti di settore il termine Mitbestimmung (codecisione) dice poco. Basta invece andare appena al di là delle Alpi e raggiungere la Germania per scoprire come intorno a questo modello sia cresciuta un’esperienza partecipativa che ha portato i rappresentanti dei lavoratori nel board delle maggiori imprese pubbliche e private, diventando la spina dorsale  della crescita economica e sociale tedesca.

Proprio per stimolare , anche nel nostro Paese, un dibattito aperto e senza pregiudizi sulla partecipazione dei lavoratori all’impresa e per ridurre la distanza tra  imprese e tra lavoratori e imprese, è nato il sito Mitbestimmung (www. mitbestimmung.it).  

Ad animare il progetto editoriale è Goffredo di Palma. Direttore Personale e Organizzazione di Volkswagen Group Italia s.p.a. dal 2004 al 2013, di Palma porta un’ esperienza umana e professionale “sul campo”,  che gli ha consentito di esplorare la pratica manageriale e operativa della partecipazione in un gruppo industriale che è certamente una case history di riferimento per le relazioni sindacali; culminata, nel 2012, con la firma del primo Contratto Integrativo di Partecipazione Aziendale in Italia. Attualmente responsabile delle Risorse Umane di C.R. Technology Systems s.p.a. e docente di Business Studies ed Economics presso l’International School of Verona di Palma ci parla della Mitbestimmung “all’italiana”, un esempio finalmente concreto di partecipazione aziendale.

 

-       Che cosa ha spinto Volkswagen Group Italia a sottoscrivere  il “Contratto Integrativo di Partecipazione Aziendale” con le organizzazioni sindacali ?

 

“Il CIPA è stato per VGI l'ultimo atto di un percorso di integrazione nel Gruppo Volkswagen avviato nel 2004 con l'armonizzazione delle politiche di selezione, retribuzione, formazione e sviluppo dei Collaboratori”.

 

-       Quali sono i tratti caratteristici dell’accordo ?

 

“Il CIPA si fonda sulla “Charta” dei rapporti di lavoro, in linea con quanto definito tra il Gruppo VW e il Consiglio di Fabbrica europeo e mondiale, che prevede una politica del personale centrata sulla cultura del contributo attivo e della partecipazione. La declinazione italiana della “Charta” introduce i diritti di partecipazione delle rappresentanze dei lavoratori: diritto di informazione, consultazione e cogestione. Il modello, ispirato alla Mitbestimmung, prevede che il lavoro di azienda e rappresentanze sindacali, fianco a fianco, sia principalmente svolto da cinque commissioni paritetiche, quindi con uguale numero di membri per ciascuna delle due parti”.

 

-       Con accordi del genere, quali sono i vantaggi per  l’azienda ed il lavoratore ?

 

“L'approccio Volkswagen alla partecipazione dei lavoratori ha sempre finalizzato il contributo attivo dei Collaboratori (Mitarbeiter) al raggiungimento degli obiettivi di produttività e ROI; d'altra parte, la sicurezza sul e del posto di lavoro è una costante priorità che ha consolidato la fiducia delle rappresentanze sindacali nei confronti dell'azienda”.  

 

-       A due anni dall’introduzione del Contratto Integrativo di Partecipazione Aziendale  come giudica l’esperienza fin qui fatta ? E’ possibile parlare di uno sviluppo progressivo delle forme partecipative all’interno della vostra azienda ?

 

“Se il CIPA è stato un ultimo atto di un processo di integrazione, è certo che la partecipazione sia una strada lunga da percorrere e in costante trasformazione. Direi che quanto più forte sia la prassi partecipativa in azienda, esempio sono le unità produttive VW in Germania, tanto più sia difficile distinguerla dalla gestione aziendale: l'osmosi è forte, la cogestione si realizza nel quotidiano. VGI vive tuttora la prima fase della modalità partecipativa e, pertanto, ritengo che si possa parlare di sviluppo progressivo”.

 

-       Sulla base della sua esperienza diretta, riuscirà l’Italia a colmare il deficit “partecipativo” rispetto alla Germania ? Sta insomma crescendo, anche nel nostro paese, una nuova sensibilità sul tema  Mitbestimmung ?

 

“Il tema della partecipazione in Italia è finora stato oscurato dalla logica conflittuale delle relazioni sindacali e da un mercato fortemente caratterizzato dalla prevalenza di PMI. In realtà le prassi aziendali e parecchi esempi di contrattazione di secondo livello sono espressione di una cultura tipicamente italiana della solidarietà, che a volte sfocia nel paternalismo, è vero, ma nei casi più recenti è figlia di nuove generazioni di imprenditori fortemente orientati alla valorizzazione effettiva delle risorse umane mediante la condivisione di obiettivi e strategie. Negli ultimi anni il dibattito si è focalizzato sulla necessità o meno di regolare la partecipazione con gli strumenti legislativi, analogamente ad altri paesi europei, Germania in primis, ma anche Svezia, Francia e Paesi Bassi. Pietro Ichino ha chiaramente elencato le nove forme possibili di partecipazione ed evidenziato che per alcune di esse è necessario un contratto istitutivo e, in sintesi, suggerito "la politica dei "cento fiori": offrire un ampio menu di pratiche di partecipazione, sia al rischio sia alla decisione, e lasciare che modelli diversi si confrontino e competano tra loro liberamente". La materia è complessa e ritengo sia necessario regolamentarla: vedremo in autunno cosa sortirà "l'ultimatum" di Renzi alle parti sociali in merito alle relazioni industriali e al ddl “Sacconi” (n. 1051)”.