Il modello linguistico veneto
di Alessandro Mocellin - 19/10/2015
Fonte: L'insorgente
Perché parlare qui e oggi della lingua veneta? La lingua veneta conta almeno 5 comunità madrelingua nel mondo: Sono dunque 5 comunità madrelingua in 5 diversi Stati, interfacciandosi con 5 diverse lingue ufficiali (italiano, sloveno, croato, spagnolo e portoghese). Vi sono poi altre comunità di emigrati (principalmente Australia, Canada, Argentina, Francia, ma non solo), che però ormai non generano più madrelingua, dunque hanno conteggio a parte. Caratteristiche della lingua veneta Ragionare di lingua Veneta in termini di “Regione Veneto” è riduttivo e limitante, perché si parla Veneto anche in provincia di Trento, di Pordenone e di Trieste. Anche ragionare di lingua veneta in termini di “Repubblica Italiana” è riduttivo e limitante, perché si parla Veneto anche in Slovenia ed in Croazia. Ma, a ben vedere, persino ragionare di lingua veneta in termini di “Unione Europea” è riduttivo e limitante, perché si parla Veneto anche in Messico ed in Brasile, ove il veneto-brasiliano è dallo scorso novembre considerato lingua co-ufficiale dell'intera Federazione Brasiliana. L'arena in cui la lingua veneta si muove già oggi è l'arena internazionale, ed anzi, meglio, globale. La prospettiva assunta dal modello veneto. Questi due punti focali della nostra prospettiva, dunque, non sono stati impiegati solamente per proporre a livello glottodidattico certi tipi di soluzioni ai problemi che normalmente riscontra il venetòfono che desidera consolidare e razionalizzare le sue competenze implicite nella lingua, ma per definire una vera e propria teoria linguistica veneta, che esprime la Weltanschauung veneta, che è quella della spontaneità e della naturale flessibilità, della goccia che scava la pietra e delle gocce che, pur assolutamente autonome (prive di autorità centrale: l'autorità è in ciascuna di esse), sanno mettere a sistema in certi casi come una placida laguna o in altri come un impetuoso torrente montano: è l'acqua l'elemento dei Veneti. Se cercate nell'Oxford Dictionary of English il termine “venet”, molto antico, trovate che esso è un aggettivo e significa “del colore grigio-blu dell'acqua”. E' quello il colore dei Veneti, è quello l'elemento dei Veneti. Nel mercato delle merci (e delle idee) la potenza dei Veneti è sempre stata il multilinguismo. I veneziani non hanno mai imposto la loro variante a nessuno, né agli altri veneti, né a croati, sloveni, greci… Sono questi ultimi, piuttosto ad averla assunta comelingua franca del commercio nel Mediterraneo Orientale. Lo ripeto: Mai i veneziani hanno imposto né il veneziano agli altri veneti, né il veneto ai non venetòfoni. Internamente, nessuna imposizione: ma quando si passava alla politica “estera”, il motto diventava un altro. A chi veniva nominato Bàilo (il console o l'ambasciatore, potremmo dire semplificando) e si accingeva a prendere mandato a Costantinopoli, il Doge usava dire: “anca al Sultan, parleghe in venesian”. Mi piace poter recuperare qui la similitudine dell'acqua: dall'interno, si vedono milioni di autonomissime gocce; dall'esterno, si vede un torrente in piena. Questo modello vale per la lingua veneta come vale per l'economia veneta, come è valso anche per la gestione politica veneta (la polis è la comunità) cioè per la gestione della Res Publica Veneta. Ma torniamo alla lingua:dicevamo, prospettiva intralinguistica e prospettiva interlinguistica. Conclusioni. Quando in Italia ci insegnano l'italiano, ci inculcano l'idea che per imparare l'italiano bisogna dimenticare “i dialetti” (termine scientificamente errato, oltretutto). La pericolosità di questa visione, giustificabile solo il prospettiva nazionalistica, sta nel fatto che si insinua nella mente dello studente giovanissimo l'idea che il cervello sappia gestire una sola lingua, e che impararne una nuova richieda dimenticare quella vecchia. Niente di più falso, niente di più assurdo, niente di più distruttivo. La stessa convinzione, indurrà lo studente a non voler imparare l'inglese per paura di dimenticarsi l'italiano. 1. altissima resistenza della lingua storica locale e contemporaneamente In Campania, per esempio, esiste il primo fenomeno, ma è assente il secondo. In Lombardia, al contrario, esiste il secondo fenomeno ma non il primo, e questo vuole essere uno sprone ai nostri amici lombardi a fare di più per la propria lingua. Come si spiega “l'anomalia linguistica veneta”? Si spiega solo in un modo: con la teoria dei benefici del cervello bilingue. I veneti, in sostanza, che entro il 6° anno di vita apprendono il veneto in famiglia e con gli amici, e poi l'italiano in tv e a scuola (già dal nido), sono cerebralmente bilingui. Ciò significa, dice la neurolinguistica, che il bambino bilingue veneto-italiano (o siciliano-italiano, o veneto-siciliano, è lo stesso) imparerà meglio le altre lingue e, pensate, avrà un grande bonus sia in materie scientifiche (perché sa gestire codici diversi) che in materie artistiche (per il premio emozionale che ogni nuova lingua sa portare): migliorerà dunque ogni sua performance diapprendimento su tutta la linea. Concludendo, la nostra varietà veneta non ci disturba, anzi ci piace, e con questi Corsi di Veneto stiamo dimostrando che “vario è bello” ma sopratutto che “vario è anche utile”. Altri popoli amici hanno seguito strade diverse, cercando l'uniformità e l'unificazione. Noi ci sentiamo di poter e dover imboccare una via diversa, anche assumendoci il rischio di un'impresaquasi intentata. D'altronde, se i Veneti avessero ragionato sempre “sull'esempio degli altri”, Venezia sarebbe
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