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Il doping negli sport professionistici

di Bruce Schneier - 08/09/2006

 

La grossa novità nel ciclismo professionistico è che è stato annullato il titolo di vincitore del Tour de France a Floyd Landis perché il ciclista è risultato positivo al test antidoping, che ha rivelato l’uso di una droga per aumentare le prestazioni. Lasciando da parte per un momento l’intera questione sul permettere ad atleti professionisti l’uso di droghe per l’aumento di prestazioni, sulla pericolosità di tali droghe, e su cosa sia anzitutto una droga per l’aumento di prestazioni, vorrei parlare della sicurezza e delle questioni economiche legate alla problematica del doping negli sport professionistici.

Il test antidoping è una problematica di sicurezza. Le varie federazioni sportive di tutto il mondo fanno del loro meglio per rilevare il doping illegale, e gli atleti fanno del loro meglio per eludere i test. È il classico braccio di ferro di sicurezza: i progressi delle tecnologie di rilevamento portano a progressi nell’elusione di tali rilevazioni, che a loro volta stimolano lo sviluppo di migliori capacità di rilevamento. Al momento pare che siano le droghe ad avere la meglio; in alcuni contesti i test antidoping vengono anche definiti “test d’intelligenza”: se non riesci ad aggirarli, non meriti di giocare.

Ma a differenza di molte altre “gare di forza” di sicurezza, chi effettua i rilevamenti ha la possibilità di esaminare il passato. Lo scorso anno un laboratorio ha analizzato l’urina di Lance Armstrong e ha trovato tracce della sostanza vietata EPO. Il dettaglio interessante è che il campione di urina analizzato non era del 2005, ma del 1999. A quell’epoca non vi erano buoni test per individuare la EPO nelle urine. Oggi sì, e il laboratorio ha preso un campione di urina congelato (e chi lo sapeva che i laboratori conservano i campioni di urina degli atleti?) e lo ha analizzato. Il test fu poi annullato (le procedure di laboratorio sono state approssimative), ma non credo che siano state comprese a fondo le reali implicazioni di quell’episodio. I test possono andare indietro nel tempo.

Questo causa due effetti importanti. Primo: i medici che sviluppano nuove droghe per l’aumento di prestazioni possono conoscere esattamente quali tipi di test verranno condotti dai laboratori antidoping, e possono verificare con anticipo la propria abilità nell’eludere i rilevamenti di tali droghe. Ma non possono sapere quali tipi di test verranno sviluppati in futuro, e gli atleti non possono dare per scontato che, siccome una certa droga non è rintracciabile oggi, continuerà a esserlo anche negli anni a venire.

Secondo: gli atleti accusati di doping in base ad analisi condotte su campioni di urina vecchi di qualche anno non hanno modo di difendersi. Non possono sottoporsi nuovamente alle analisi, è troppo tardi. Se io fossi un atleta preoccupato per tali accuse, farei periodici depositi in garanzia della mia urina, così da poter avere qualche possibilità in più per contestare un’accusa.

Il braccio di ferro del doping continuerà a causa degli incentivi. Si tratta del classico Dilemma del Prigioniero. Consideriamo due atleti in competizione, Alice e Bob. Sia Alice sia Bob devono decidere individualmente se faranno uso di droghe o meno.

Immaginiamo Alice mentre valuta le proprie due opzioni:

“Se Bob non prende droghe”, pensa, “allora sarà nel mio miglior interesse prenderle, perché mi daranno un margine di prestazioni ai danni di Bob. Avrò maggiori possibilità di vittoria.

“Analogamente, se Bob fa uso di droghe, è anche nel mio interesse accettare di usarle. In questo modo, almeno, Bob non avrà vantaggi su di me.

Perciò, anche se non posso controllare quel che Bob sceglierà di fare, il prendere droghe mi darà comunque un risultato migliore, a prescindere dalle decisioni di Bob”.

Purtroppo Bob farà esattamente lo stesso ragionamento. Risultato: entrambi faranno uso di droghe per l’aumento di prestazioni e nessuno dei due avrà un vantaggio rispetto all’altro. Se potessero fidarsi l’uno dell’altra, potrebbero rifiutarsi di assumere droghe e mantenere la stessa situazione di equilibrio, senza alcun rischio legale o fisico. Ma gli atleti in competizione non possono fidarsi gli uni degli altri, e tutti hanno la sensazione che sia meglio drogarsi (e continuare a cercare droghe sempre più nuove e non rilevabili) per competere. E il braccio di ferro va avanti.

Alcuni sport sono molto più vigili di altri rispetto alla questione doping. Il ciclismo europeo è particolarmente attento, e anche le Olimpiadi. Gli sport professionistici americani sono molto più permissivi, spesso cercano di dare un’immagine di vigilanza mentre in realtà continuano a permettere agli atleti di assumere sostanze che aumentano le prestazioni. Sanno che i loro sostenitori vogliono vedere linebacker muscolosi, battitori vigorosi e scattisti veloci come fulmini. E quindi, con una strizzatina d’occhio e un cenno di assenso, eseguono soltanto i test più semplici.

Si prenda per esempio l’attuale dibattito sull’uso dell’HGH, l’ormone della crescita, nel baseball. Vi sono test e sanzioni molto gravi per l’uso di steroidi, ma tutti sanno che adesso i giocatori stanno prendendo l’HGH perché non vi sono analisi delle urine a riguardo. Si sta sviluppando un esame del sangue per rilevarlo, ma è ancora ben lungi dal funzionare. Il metodo per fermare l’utilizzo di HGH è quello di prendere campioni di sangue oggi e conservarli per analisi future, ma il sindacato dei giocatori si è rifiutato di permettere una cosa del genere, e la commissione del baseball non sta spingendo in questa direzione.

Alla fin fine, il doping è una questione puramente economica. Gli atleti continueranno a drogarsi perché il Dilemma del Prigioniero li costringe a farlo. Le autorità sportive continueranno a migliorare le proprie tecniche di rilevamento oppure a fingere di farlo, a seconda dei propri sostenitori e degli introiti. E con il continuo progresso tecnologico, gli atleti professionisti diventeranno sempre più come auto da corsa volontariamente ideate e plasmate.

traduzione di Communcation Valley

http://www.msnbc.msn.com/id/14059185/
Il caso Armstrong
Il baseball e l’HGH: 1, 2.
Questo articolo è originariamente apparso su
Wired.com.