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Annullare le nozze? Non può essere reato

di Fiorenza Licitra - 02/11/2015

Fonte: Il Ribelle


Un uomo, a una settimana di distanza dalla nozze con la fidanzata, ha rivelato a quest’ultima di accompagnarsi felicemente a un’amante già da anni e, non avendo nessuna intenzione di lasciarla neppure dopo il matrimonio, ha preferito mandare a monte il lieto evento. Immediata e furiosa, la donna si è rivolta a un avvocato affinché le fossero risarciti i soldi che aveva versato per arredare la futura casa, sostenendo gran parte delle spese, e per avere inoltre ripagate le prestazioni professionali che, in qualità di geometra, lei stessa aveva svolto nella suddetta abitazione.

Questa storia è accaduta ben undici anni fa e, ai tempi, la Corte d’Appello di Prato aveva rigettato l’istanza della donna. In questi ultimi giorni, però, con la solita prontezza di spirito della giustizia italiana, la Corte d’Appello ha dato piena ragione alla signora, mentre la Suprema Corte ha sottoscritto il verdetto dei giudici fiorentini: l’ex fidanzato dovrà risarcire oltre 16.000 euro di danni, poiché "non possono non essere considerate risarcibili tutte quelle spese (giustificate e finalizzate) che si sostengono in vista del matrimonio"; inoltre, si legge ancora nella sentenza della terza sezione civile, tali "esborsi si collocano tutti in epoca prossima al matrimonio, evidenziando quindi il loro nesso eziologico con il matrimonio stesso".

Ovviamente, le vispe terese dei molti quotidiani nazionali hanno applaudito la sentenza, riconoscendo in essa un passo ulteriore verso gli intoccabili diritti civili. Ovviamente, una sentenza del genere è riprovevole e, checché se ne dica, non fa altro che attestare l’ingerenza del pubblico nel privato, e non solo.

Dalle pagine di Repubblica la donna, tale Patrizia, racconta del suo dolore per un amore che era iniziato alle medie e poi continuato fino al fatidico giorno, in cui le venne rivelata l’amara verità. La protagonista della vicenda prosegue l’intervista, soffermandosi sui dettagli: comunicare alla famiglia che quella fatidica domenica avrebbero potuto ritenersi liberi; rispedire ai mittenti i regali della lista nozze; sentire il commesso del negozio prescelto per i regali rassicurarla sul fatto che molte coppie si erano già lasciate prima di loro e a pochi giorni prima dal matrimonio; abbracciare, infine, la sorella mentre all’orecchio soavemente le sussurrava “lo sapevo che non faceva per te”. 

Se non fosse un dramma, questa vicenda sarebbe una farsa. Invece un dramma lo è, ma non tanto per il fatto in sé – quante persone, dacché mondo è mondo, venendo tradite e/o abbandonate, semplicemente soffrono? – quanto per una sentenza morale lasciata oramai in pasto ai giudici, anziché a quella privata e insindacabile di una coscienza.

C’è da dire che mai come oggi la scelta di legarsi a qualcuno è da considerarsi incauta e, lo si dica senza remore, anche piuttosto balzana: perché mai, infatti, nell’epoca del “dominio della libertà” c’è chi ancora si ostina a sottostare al vincolo del matrimonio con tutti gli obblighi che, almeno su un piano teorico, ne conseguono? 

Per non parlare poi della routine che ben presto va a insinuarsi nella coppia: le ramanzine per i calzini lasciati in giro come vittime di guerra, i puntuali ritardi serali a causa del troppo lavoro, i pranzi domenicali mai abbastanza indolori con i parenti, i certi amici di lui o di lei che tocca sorbirsi con tanto di benevolo sorriso, le proprie abitudini dure a morire e, peggio del peggio, la presenza dei bambini – i propri e quelli altrui – schiamazzante e pervasiva.

Esistono centinaia di buoni, ottimi motivi per mantenere alti solitudine e disordine, indolenza e indipendenza (inclusa quella sessuale), perché dunque tanta miope ostinazione? Forse proprio perché in un mondo in cui tutto tende a essere sempre più dimostrabile, razionale e utile ai propri fini – vale a dire, paradossalmente ordinato e prestabilito – prestare giuramento su un avvenire perfettamente sconosciuto rappresenta oggi l’azzardo per eccellenza. 

Al di là di quel che si crede, allora, questa scommessa dovrebbe puntare non sulla conoscenza che si ha dell’altra persona, per quanto profonda sia, e nemmeno sul sentimento che per essa nutriamo – potrebbero benissimo mutare entrambi nel corso del tempo e delle contingenze – ma unicamente sulla nostra personalissima resistenza ai mutamenti cui la vita inesorabilmente ci sottopone come banco di prova. 

Il giuramento, qualsiasi giuramento, si fa innanzi tutto di fronte a se stessi e i fallimenti come le delazioni, gli inganni come gli abbandoni non dovrebbero riguardarci se non in una misura esteriore che riguarda, appunto, l’altra persona sulla quale non è mai possibile giurare, ma solo credere. 

È sconfortante, così, che una donna tradita e abbandonata reclami dei soldi per risarcire un intero vissuto, per quanto inaudita e rabbiosa sia stata la sofferenza conseguitane: le scommesse perse si pagano sulla propria pelle e non c’è, non ci deve essere arbitro che possa vendicare una débâcle  di tal fatta. 

Decidere di trascorrere la vita con un uomo o con una donna è un rischio fortissimo, ma se un giudice ci sottrae dalla responsabilità delle nostre scelte private, giuste o sbagliate che siano, ci sottrae anche da quella che forse è l’unica vera libertà che ancora ci è rimasta: l’azzardo sulle cose non prevedibili, ma ancora così fatalmente individuali che sembra quasi di trovarsi faccia a faccia con il proprio destino. 

Avviso ai naviganti: se siete in procinto di sposarvi, rinunciate alla lista nozze, è spiacevole comandare un dono e poi non correrete il rischio di essere consolati da un cinico commesso. Infine, proprio male che vada, evitate di abbracciare anche certe sorelle.