Best before 2012
di Eugenio Benetazzo - 11/09/2006
Siete tutti presi dalla preoccupazione dovuta al rialzo dei tassi di interesse e del possibile inasprimento del conflitto militare tra Israele e il Libano, ma nel nostro imminente futuro qualcosa di più nefasto ed apocalittico aspetta il genere umano con il suo benessere e certezze costruite.
E su cosa è costruito questo benessere e queste ceretezze ? Su quello straordinario fluido nero che abbiamo chiamato petrolio che ha consentito alla civilità umana di prosperare ed evolversi con una fenomenologia sorprendente senza precedenti storici.
Pochi sono a conoscenza del fatto che tra il 2001 ed il 2004 si è con molta probabilità raggiunto quello che i geofisici chiamano il picco di produzione mondiale del petrolio. Con questo termine si individua un momento storico della civiltà umana al quanto buio e drammatico: per la prima volta dopo circa un secolo dalla nascita dell’era petrolifera, la quantità estratta ed offerta dai paesi OPEC e NON-OPEC non è più in grado di soddisfare la domanda complessiva dei paesi industrializzati, creando un deficit giornaliero di circa 2/3 milioni di barili al giorno (destinati a crescere esponenzialmente anno dopo anno).
La presenza di questo deficit quotidiano di qualche milione di barili lo paghiamo già da alcuni anni con il lento e progressivo rialzo del greggio che nei prossimi trimestri è destinato a varcare la soglia dei 90 USD: scordatevi di rivedere in futuro il petrolio sotto i 50 USD. A compromettere ulteriormente lo scenario mondiale ci hanno pensato anche Cina ed India, che svegliati da un lungo letargo ancestrale, hanno completamente modificato il fabbisogno di approvigionamento mondiale di greggio.
Attenzione, evitiamo di fare confusione: il petrolio non sta terminando dal punto di vista quantitativo, si sta semplicemente esaurendo nella sua migliore consistenza qualitativa. Quello che infatti viene volgarmente chiamato petrolio, e che estrattivamente parlando viene indicato con il termine LCO (light crude oil), indentifica una convenzionale qualità di greggio priva di zolfo e molto fluida: tali caratterisitiche lo rendono pertanto molto facile da estrarre e raffinare. Questo tipo di greggio costituisce solitamente il 35/40 % di ogni giacimento: il restante è composto da petrolio pesante (ricco di zolfo), bitumi e sabbie oleose (oli sands). Si sta esaurendo il greggio leggero, quello che 140 raffinerie su 150 in tutto il mondo sono in grado di poter raffinare. Questo tipo di greggio è quello tra l’altro più redditizio industrialmente parlando, mentre il rimanente è addirittura antieconomico, il che significa che si spenderrebbe più denaro ad estrarlo e raffinarlo di quanto se ne potrebbe ottenere dal suo usuale sfruttamento.
La maggior parte di noi è abituata a pensare che una carenza di greggio sui mercati comporti, per esempio, un minore ricorso all’utilizzo dei mezzi automobilistici, un pò quello che avvenne durante le due crisi petrolifere del 73 e del 79. Peccato però che quei due momenti di contrazione dell’offerta petrolifera avevano natura politica e non strutturale come oggi.
Dobbiamo immaginare il sistema economico mondiale come un organismo umano: per il primo, il petrolio è come l’acqua per il secondo, perciò di importanza vitale. Un essere umano è composto per circa il 70 % di acqua, quindi circa 50 litri su una corporatura media di 70 kg. Per soccombere non è necessario perdere tutti i 50 litri di acqua, ma è sufficiente una mancanza del 5 %, quindi poco meno di 3 litri, per far collassare e morire l’organismo in seguito a disidratazione.
Il sistema economico mondiale è analogamente uguale: per collassare su stesso è sufficiente che venga a mancare appena un 5 % della sua linfa vitale: il petrolio. Preparatevi perciò a LATOC ovvero alla Life After The Oil Crash, un impensabile ridimensionamento e trasformazione della vita umana per come siamo abituati a concepirla.
L’utilizzo dei mezzi automobilistici per trasportare merci e persone è in realtà un problema secondario in quanto la prima area di attività umana profondamente modificata sarà l’attività agroindustriale. La produttività e fertilità dei terreni agricoli è cresciuta in ¾ di secolo al tasso medio del 5 % all’anno proprio grazie al fenomenale contributo della petrolchimica. Fertilizzanti, pesticidi, pompe di irrigazione ed ogni sorta di attrezzatura agricola hanno consentito di ottenere raccolti quantitativamente abbondanti ed impensabili rispetto ai cicli naturali imposti dalla natura, raccolti che hanno permesso di sostenere il tenore alimentare degli allevamenti intensivi e poter quindi disporre e consumare generi alimentari di derivazione animale un tempo impensabili.
Pensate solamente ai consumi di carne di 50 anni fa e rapportateli a quelli odierni (tralasciando l’aspetto qualitativo). Pensate a quanti generi alimentari raffinati e preconfezionati vengono resi disponibili sottocasa grazie ai processi di surgelazione e di trasporto dai lontani luoghi di confezionamento.
Questa è la vera essenza del traumatico mutamento epocale che ci attende: l’insostenibilità dell’attuale sistema alimentare, e non parlo di chi è abituato a vivere con un dollaro al giorno ed uno pseudo pasto caldo alla settimana, ma della totalità dei paesi occidentali industrializzati, che hanno potuto prosperare proprio in virtù di una straordinaria abbondanza, ricchezza e varietà alimentare, mai vista nei secoli precedenti.
Chi pensa di poter muovere un trattore John Deere da 900 CV o una mietitrebbia New Holland del peso di oltre 15 tonnellate con i pannelli fotovoltaici sul tetto della cabina del conducente è un povero illuso. Illuso proprio come chi ritiene che le fonti di energia alternativa (in realtà pienamente dipendenti nello sviluppo proprio dallo stesso greggio) possano consentire di mantenere il nostro attuale status evolutivo, in cui il 2 % della popolazione mondiale sostiene dal punto di vista alimentare il restante 98 %.
Mi fanno sorridere ancor di più le fantomatiche risorse del futuro, come l’idrogeno o il bioetanolo, spacciate come la salvezza del genere umano. Non possono essere implementate come strategie sostitutive senza la presenza abbondante ed a buon mercato del greggio. Per ottenere 3.000 litri di etanolo ne dovete spendere 7.000 per arare, seminare, irrigare, raccogliere e trasportare il raccolto ottenuto. Stesso dicasi per l’idrogeno, in realtà un vettore di energia e non una fonte di energia: per ottenere 1KWh di energia dalla combustione dell’idrogeno ne devo consumare 1,5 KWh per produrre quello stesso quantitativo di l’idrogeno che bruciando mi eroga 1KWh.
Per circa 75 anni un’abbondanza smisurata ed irripetibile di greggio convenzionale disponibile a costi irrisori ha consentito al genere umano di esplodere demograficamente attraverso uno slancio evolutivo senza precedenti storici che ha permesso il raggiungimento di elevati standard di vita: ma quest’epoca sta per finire. Quest’epoca è ormai giunta al suo naturale declino. Già entro i prossimi cinque anni (2012) potremmo percepire le prime conseguenze macroeconomiche sull’intero pianeta che colpiranno prima la sfera economica della nostra vita e successivamente la nostra capacità di sostentamento alimentare conosciuta fino a qualche anno prima.
Eugenio Benetazzo
Tratto dal tour itinerante di BLEKGEK
www.eugeniobenetazzo.com/tour.html
Avviso: a tutti gli scettici che pensano che la festa non possa finire e che quanto esposto sopra siano esagerazioni o preoccupazioni infondate, consiglio di andarsi a studiare le teorie ed i modelli di esaurimento petrolifero di Hubbert e Campbell, oltre a tutti gli approfondimenti sulla reale economicità ed implementazione gestionale di qualsiasi fonte di energia rinnovabile.