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Gli alberi come maestri di vita

di Lorenzo Pennacchi - 30/11/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


Una riflessione attorno alla Festa dell’Albero 2015, per non dimenticare quelli che sono, a tutti gli effetti, dei fulcri dell’esistenza anche umana, naturalmente e culturalmente intesa.

“Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce t’insegneranno le cose che nessun maestro ti dirà”.
San Bernardo da Chiaravalle, XII secolo.

Dalla mitologia alla religione, dalla filosofia alla letteratura: gli alberi sono stati sempre al centro della vita umana. Basti pensare al frassino Yggdrasill nella cultura nordica, al culto delle querce in Grecia e nella Roma pagana o al giardino dell’Eden nel cristianesimo. Ma, ancora, alla foresta di Birnam nel Macbeth, agli ent del Signore degli Anelli, a Henry David Thoreau che, per trovare la saggezza, abbandonava la città per avventurarsi nei boschi. Popolazioni e personaggi differenti nella storia vengono accumunati per la loro devozione (più o meno religiosa) a quelli che sono, a tutti gli effetti, dei fulcri per l’umanità: con il suo tronco ed i molteplici rami, l’albero diviene metafora dell’unità nel molteplice, una formula che è in grado di collegare tra loro i diversi popoli, non negandone le differenze, ma riconoscendone l’unità originaria. Tuttavia, gli esseri umani sembrano dimenticarsi quanto gli alberi (e più in generale la Natura) sia importante anche per le proprie vite. Le attività, progressiste e produttiviste, umane rischiano costantemente di alterare irrimediabilmente l’equilibrio dinamico che permea la Terra. Solamente negli ultimi anni, la “sfida ecologica” (come viene chiamata da alcuni ecologisti) sta scalando posizioni sulle agende politiche delle nazioni, tanto da divenire sempre più di interesse per tutti, dal governo al singolo cittadino. Tale prova, infatti, non è una possibilità, bensì una necessità, peraltro parecchio urgente, da affrontare quotidianamente.

In questo senso, può essere intesa la celebrazione della Festa dell’albero, che, lungi dall’essere una giornata di statiche riflessioni, ha il merito ogni anno di mobilitare movimenti e singole persone, al fine di piantare più alberi possibili, dal sud al nord della penisola. Le azioni, differenziate tra loro, solitamente portano alla riqualificazione di spazi pubblici, anche in città, o al rafforzamento di aree boschive. Sebbene non esista un coordinamento generale dell’iniziativa, Legambiente rimane l’associazione più conosciuta a prenderne concretamente parte. Inoltre, da qualche anno si sta sviluppando il progetto Adotta un albero, in grado di racchiudere, sotto un singolo slogan, diverse realtà locali da tutta Italia. Per questo, tali attività, oltre al risvolto pratico del loro operato, danno vita a forme di collaborazioni dirette tra i cittadini, essenziali per formare una popolazione attiva e responsabile.

Celebrata per la prima volta in Italia nel 1898 (ma istituzionalizzata solamente nel 1923), l’edizione 2015 della giornata è stata dedicata al tema del cambiamento climatico. Un argomento di estrema urgenza, visto che, solamente nel primo decennio del nuovo millennio, si possono osservare dati molto preoccupanti, che vanno dall’aumento della media della temperatura, a quello del livello del mare, sino ad arrivare all’incremento dello scioglimento dei ghiacciai dell’Artico. La causa di tali fenomeni è rintracciabile in condotte umane irresponsabili, perpetrate in particolar modo nei paesi economicamente più avanzati, per mano anche dei singoli cittadini nelle pratiche quotidiane. Scrive l’economista-filosofo Amartya Sen in proposito: «In termini globali la nascita di uno statunitense ha un impatto maggiore, sullo stato di ozono, sul riscaldamento climatico globale e su altri elementi dell’ambiente terrestre, di quello di dozzine di indiani e cittadini dello Zimbabwe sommati insieme». Questa “elementare considerazione” (come la definisce Sen) sottolinea come il problema ecologico, sia il drammatico esito di politiche economiche che condannano una parte dell’umanità a vivere in situazioni di estrema povertà, mentre un’altra si crogiola in società illusorie e fatiscenti.

La riflessione di Sen è solamente un contributo all’interno del dibattito sul rapporto uomo-natura. Tuttavia, è significativa perché mostra il legame intrinseco tra la Terra e la specie umana. Qualunque siano le visioni morali, economiche e politiche che costituiscono la vita di un cittadino del Ventunesimo secolo, è chiaro che la “sfida ecologica” non è di dominio di una fazione specifica, ma interessa tutti, in qualità di abitanti del Pianeta. La Festa dell’Albero può rappresentare la scintilla capace di risvegliare la consapevolezza di quest’appartenenza, ma senza dei cambiamenti concreti nella quotidianità sarà solamente una meteora, destinata a svanire presto. Nessuno può permettere che ciò accada, in quanto, come osserva Jacques Brosse: «se vogliamo sopravvivere, tuttavia, dovremo pure, prima che sia troppo tardi, ricostruire quel che abbiamo saccheggiato, ristabilire un equilibrio e un’armonia plurimillenari». Il tempo non è molto, ma ancora sufficiente per invertire la rotta.