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Una bufala chiamata “Xylella”

di Francesco Colaci - 21/12/2015

Fonte: L'intellettuale dissidente


La "Xylella fastidiosa", batterio mortale per ulivi, continua a colpire le campagne e gli agricoltori salentini. A nulla sembra essere servito il piano disposto dal Commissario straordinario del Governo Silletti che prevedeva l'eradicazione della pianta malata. Qualche giorno fa la Procura di Lecce sorprendentemente ha disposto il sequestro degli alberi da abbattere ed ha annunciato l'iscrizione di dieci persone nel registro degli indagati, tra cui lo stesso Commissario.

  

Le indagini della procura smascherano l’ “errore” nei dati sulla diffusione del batterio. Il Procuratore generale Cataldo Motta afferma: “L’Ue è stata informata dalla Regione in maniera scorretta per quanto concerne i dati sulla questione Xylella. Per questo motivo, le indagini proseguiranno”.

Sono queste le parole pronunciate dal Procuratore Motta in seguito all’ordine di sequestro di tutte le piante di ulivo salentine, che, secondo i commissari europei, avrebbero dovuto essere destinate all’eradicazione. Sono stati inoltre notificati degli avvisi di garanzia per dieci indagati, fra i quali figura il commissario straordinario Giuseppe Silletti. L’indagine è iniziata con una ricostruzione, ad opera dei PM Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci, secondo la quale il batterio Xylella sarebbe presente, nel territorio salentino, da almeno 15 o 20 anni. Inoltre, ciò che avrebbe contribuito alla crescita dell’epidemia consisterebbe nelle stesse misure di contenimento utilizzate per debellarla: tra il 2010 e il 2012, alcuni test di fitofarmaci non autorizzati sono stati eseguiti nella zona di Gallipoli, luogo di origine del focolaio, provocando, agli ulivi, danni ulteriori da disseccamento. I fitofarmaci sono stati venduti in quantità massiccia ai contadini, attraverso i consorzi agrari. Tra i prodotti più dannosi vi sarebbero quelli di note multinazionali agrarie, i quali avrebbero abbassato drasticamente le difese immunitarie delle piante di ulivo, lasciando spazio all’aggressività virale del famigerato batterio.

Se le ipotesi elaborate dagli inquirenti dovessero essere confermate nella loro veridicità, si tratterebbe di un gravissimo caso di falso materiale e ideologico, oltre che una palese violazione di disposizioni in materia ambientale e crudele deturpamento di bellezze naturali. Ci si augura soprattutto che le istituzioni siano state investite da mera negligenza, e non (com’è naturale e scontato dedurre), da complice strumentalizzazione economica della vicenda. L’Italia è un Paese oramai calato in un contesto fortemente centralizzato quale l’Unione Europea, nella quale essa è una sorta di colonia, priva di sovranità politica e decisionale. A livello economico, essa è inevitabilmente vincolata alla sudditanza monetaria nei confronti della BCE, ma questo è solo uno degli aspetti deteriori. Alla sfrenata libertà di circolazione delle merci si è aggiunto un maggiore potere coercitivo e influente dei grandi gruppi commerciali, tesi a fare leva sui singoli governi europei per conquistare fette di mercato sempre maggiori, a discapito della concorrenza delle economie locali. Ebbene, un settore florido e appetibile quale l’agricoltura salentina, non può passare inosservato dinanzi agli occhi delle multinazionali agrarie, le quali non possono che sentirsi ostacolate da un ricco commercio oleario, baluardo di indipendenza economica della regione.

Dunque, che si tratti o meno di una bufala costruita al fine di demolire il cuore pulsante del Salento, non è tuttavia possibile fare a meno di evidenziare l’ambigua e “casuale” prontezza di risposta del governo e dell’Europa nell’adottare misure così drastiche come l’eradicazione sistematica delle piante non infette. Né tantomeno è possibile chiudere un occhio sul prossimo fronte d’indagine che terrà impegnati i magistrati. Questi ultimi, infatti, hanno concentrato la propria attenzione su vari importanti elementi. In primo luogo, i fondi elargiti dal governo in merito allo stato di emergenza sulla questione, ovvero la comprensione delle dinamiche attraverso  le quali le risorse economiche sarebberoo state utilizzate. Successivamente, i PM si occuperanno anche di individuare una possibile pista riguardante un progetto di stravolgimento della tradizione agricola pugliese a fini commerciali, che in via ipotetica coinvolgerebbe l’università barese e un gruppo di ricerca spagnolo, impegnato nella sperimentazione di nuove varietà d’olivo ibride (in particolare, incrocio tra Leccino e Ambrosiana) e adatte alla coltivazione. Infine, l’indagine sarà estesa soprattutto al Comitato di ricerca, dal momento che, secondo la polizia giudiziaria preposta alla verifica, quest’ultimo sembrerebbe compiere attività di facciata, non conformi ai compiti di ricerca per il quale é stato istituito dal Ministero delle Politiche Agricole. Per l’ennesima volta, il potere giudiziario italiano ha dovuto ricorrere alla piena autorità per far luce su una vicenda che è ricolma di innumerevoli ombre, ma soprattutto di una grave mancanza di limpidezza istituzionale. Il fatto che nessun membro, (salvo poche eccezioni), della comunità scientifica nazionale abbia espresso con voce autorevole l’esistenza ventennale del batterio Xylella, non può che essere oggetto di riflessione negativa e preoccupante.

In ogni caso, per gli abitanti del territorio salentino, il blocco delle eradicazioni costituisce un’importante vittoria nei confronti dell’invidia multinazionale, come degli abusi di potere della politica comunitaria. Da questo primo risultato positivo, non può che trapelare un messaggio: il Salento è vivo e resiste.