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Esoterismo e Storia delle Religioni

di Marco Pucciarini - 28/12/2015

Fonte: Ereticamente

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«L’esterno è un interno elevato allo stato di mistero (Forse viceversa)».

Novalis, Fragmente[I]

 

L’attuale clima spirituale variegato e difficile, ma insieme dirompente e per diversi aspetti significativo, si presenta come un caleidoscopio di risposte alla ricerca di senso che pungola l’intimo di molti nostri contemporanei. L’offerta talvolta può sembrare inconsistente e l’osservatore può trovarsi a disagio, ma l’offerta esiste e al suo richiamo si accorre[II]. Al centro delle dinamiche dell’èra della Tecnica, l’uomo resta pur sempre un “animale metafisico” e aspira – ora più che mai – ad un orizzonte di riferimento all’interno del quale possa porre un “centro” da cui ordinare le proprie idee ed emozioni per dare senso al suo esistere.

Il mondo attuale, con le sue dinamiche culturali, con le forme specializzate di trasmissione dell’informazione che divorano il tempo, con il contatto sempre più stretto e non privo di tensioni tra le culture e la conseguente nascita di stimoli interculturali, di movimenti religiosi e di “spiritualità” che si richiamano ad una religiosità trasversale che rende opache, ibride – se non nulle – le identità, non si offre più ad analisi di tipo settoriale. Per essere compreso, richiede di essere colto con uno sguardo che tenti di afferrare la globalità delle sue istanze. L’atmosfera culturale contemporanea sembra resistere ad ogni presa, anche se manifesta qualcosa su cui si può riflettere; manifesta anzitutto una tendenza alla pluralità[III].

Nei più vari ambiti della vita umana e sociale incontriamo, esistenzialmente, il pluralismo. Incontriamo la molteplicità delle lingue e dei linguaggi, dei modi di pensare, degli stili di vita, delle forme di società, dei sistemi economici, delle opinioni politiche e – di conseguenza – anche delle culture, delle religioni e delle spiritualità.

In linea con questa tendenza assistiamo, riguardo alla libertà di cui l’attuale cultura si vuol far garante – costi quel che costi – ad una forte resistenza contro qualsiasi pretesa, reale o presunta, di questa o quella corrente a proporsi con un ruolo di egemonia nell’economia, nella politica, nella cultura o nella sfera religiosa. Nello spazio culturale dell’Occidente, questa situazione religiosa plurale è data non solo dall’insistere in esso, e in modo – a nostro parere – definitivo, di tradizioni religiose “esotiche”, ma si manifesta anche attraverso la presenza dei Nuovi Movimenti Religiosi, della New Age, delle neo-mitologie, del recupero antiquario di forme religiose pre-cristiane, delle “spiritualità” a sfondo magico, e dell’esoterismo. È stato ben sottolineato come oggi «le mappe tradizionali del territorio religioso si rivelano inadatte a rappresentare e a contenere in modo adeguato una realtà che pare conoscere sommovimenti sotterranei e mutamenti di superficie più impressionanti, complessi e ricchi di effetti di quel che l’osservatore distratto o prevenuto sarebbe forse disposto ad ammettere»[IV].

Così come l’espansione occidentale e la conseguente scoperta di culture “altre” e dei loro peculiari modi di vivere e rappresentarsi la sfera del religioso non furono estranei alla nascita dello studio scientifico delle religioni comparate[V], oggi lo storico delle religioni non può sottrarsi alla sfida che l’esplorazione di questo nuovo territorio pone sia al suo metodo sia al suo oggetto di studio. Anche perché, nulla togliendo ad altri tipi di studio scientifico di queste realtà, la prospettiva storico religiosa sembra la meglio attrezzata per individuare la presenza in esse di quell’elemento che le può far considerare come religiose, ovvero «il bisogno di salvezza e il correlato tentativo di trascendere la condizione umana, che contraddistingue normalmente il prodotto religioso»[VI].

Per Pierre Bayle (1647-1706) «uno storico che voglia assolvere fedelmente le sue funzioni (…) deve dimenticare che è di un certo paese che è stato allevato in una certa comunità, che è debitore della sua fortuna a questo o a quello e che questi o quelli sono suoi parenti ed amici. Uno storico in quanto tale è come Melchisedec, senza padre, senza madre, senza genealogia»[VII]. Le cose non stanno proprio così, gli studiosi hanno le loro genealogie: i paradigmi[VIII].

Occorre dunque, per evitare equivoci, rendere espliciti alcuni elementi, a cominciare dal termine “religione” che, usato comparativamente, è da noi inteso, condividendo le considerazioni di Ugo Bianchi (1922-1995)[IX], come «un “analogo” che permette di constatare l’esistenza di una comune “aria di famiglia”, o di “aspetti comuni”, tra forme religiose diverse»[X]. Questo lo porterà a riconoscere che «a base della religione si trova normalmente la credenza in una o più potenze, concepite come personali, superiori (e più antiche) rispetto alle forze umane e da queste indipendenti. Da parte dell’uomo, e del gruppo, un atteggiamento di dipendenza rispetto a questi esseri, riflettentesi anche sul comportamento (etico e rituale), e la persuasione della possibilità di rapporti con loro». Aggiungerà di seguito (di notevole importanza per l’oggetto di questo studio): «Tuttavia, anche ogni interpretazione della vita implicante il trascendimento del “mondano” ha una connessione con il pensiero religioso. In altre parole, la religione implica una “rottura di livello”, e un primo aspetto del quid religioso può riconoscersi nell’instaurazione di un rapporto con un sopra-umano inteso come condizionante l’esistenza medesima del mondo e nel mondo»[XI].

Quanto alla dimensione “non razionale” del religioso, il Bianchi precisava:

che il fatto religioso sia anche “non razionale”, nel senso di essere al di là della ragione, non significa che “al di là” della ragione debba essere o andare quella scienza positiva – storia delle religioni o fenomenologia storica delle religioni – che come positiva è chiamata a studiarlo. È chiaro che questo approccio scientifico e perciò razionale (distinto nelle sue possibilità dalla scientificità e dalla razionalità applicata alla ricerca teologica e quindi al dato di fede, ma distinto anche dalla razionalità deduttiva e normativa della filosofia) e dovrà prendere in esame, studiando le religioni, le motivazioni e manifestazioni che in queste verranno presentate come razionali, irrazionali, soprarazionali, in quanto oggettivate in dati storicamente e, in genere, positivamente indagabili; ma questa è altra questione rispetto alla natura inevitabilmente razionale (che non significa programmaticamente riduttiva) di questo approccio, che corrisponde alla pertinenza metodologica del processo conoscitivo della nostra disciplina[XII].

Puntualizzando che «data la natura empirica della storia delle religioni e delle sue categorie interpretative, e in particolare il suo concetto analogico di religione, diventa evidente che le sue scoperte non possono essere né verificate né falsificate attraverso il richiamo a ragionamenti a priori o a convinzioni personali. Ciò che si deve dimostrare è l’adeguatezza di una particolare descrizione rispetto ai fatti che essa cerca di descrivere, sia i fatti di una determinata situazione storica sia il rapporto tra questa situazione e le altre»[XIII].

La storia delle religioni, con il suo metodo storico-comparativo, si presenta come una disciplina dal carattere fortemente aperto e dialettico; carattere che la rende capace di occuparsi di un’ampia varietà di persistenze rinvenibili nei diversi sistemi di credenza e di pratica religiosa – o supposti tali – senza ridurli entro una generalizzazione aprioristicamente determinata (Idealtypus), ma avendo cura di determinare la sua capacità di occuparsene proprio perché li riconosce sia come religiosi e sia come specifici di un determinato contesto storico e culturale. Da qui il fatto che «il metodo storico-comparativo è chiamato a stabilire delle connessioni più varie che comprendono: a) quelle implicanti rapporti storici tra fatti contesti e processi, b) quelle che consistono in parallelismi di sviluppi che non implichino il contatto storico, ma implichino invece la produzione indipendente, in più luoghi e tempi di certi effetti legati a certe cause o a certe occasioni simili (esprimiamo questa seconda possibilità con il concetto di tipologia storica[XIV]. Alla luce di queste premesse passiamo all’oggetto di questo mio contributo:l’esoterismo.

Per la statunitense Association for the Study of Esotericism:

Esotericism, as an academic field, refers to the study of alternative or marginalized religious movements or philosophies whose proponents in general distinguish their own beliefs, practices, and experiences from public, institutionalized religious traditions. Among areas of investigation included in the field of esotericism are alchemy, astrology, Gnosticism, Hermeticism, Kabbalah, magic, mysticism, Neoplatonism, new religious movements connected with these currents, nineteenth, twentieth, and twenty-first century occult movements, Rosicrucianism, secret societies, and Christian theosophy[XV].

P.A. Riffard tende a fare dell’esoterismo la ricerca “metafisica” della dimensione spirituale del mondo, inaccessibile all’intelligenza del cervello, e vi scorge un notevole significato antropologico in polemica con il razionalismo; tuttavia i criteri d’identificazione del fenomeno sono da una parte troppo generici e dall’altra eccessivamente diversificati, dovendo comprendere l’intera fenomenologia dell’esoterismo mondiale. Per l’area occidentale sono sottolineate le tendenze filosofiche del pitagorismo (l’esoterismo è tradizione-iniziazione), le tendenze ermetiche (la dottrina segreta è rivelazione-rigenerazione) e le tendenze gnostiche (l’esoterismo è conoscenza-liberazione). Problematico è il tentativo del Riffard di classificare prima gli esoterismi storici, poi gli esoterismi morfologici, quindi gli esoterismi ideali (tipologie di modelli), suddivisi a loro volta in estatici, metafisici, operativi e simboleggianti. Le costanti storiche sarebbero da individuare nell’anonimato dei testi, nell’opposizione esoterico/essoterico, l’idea del “corpo sottile”, le analogie e le corrispondenze, l’aritmologia, le scienze occulte, le arti occulte e l’iniziazione[XVI].

Per A. Faivre (sul cui contributo torneremo più in dettaglio) l’esoterismo è una forma mentis: «Come esiste una forma di pensiero di tipo esoterico, così ce ne sono di tipo scientifico, mistico, teologico, o – più tardivamente – utopico»[XVII]. Per Jean-Pierre Laurant: «L’ésotérisme […] constitue un type de pensée, transdisciplinaire, un mode propre d’approche, un renard. […] Sa légitimité ne réside pas dans la reconnaissance d’une science nouvelle dont le critères de contrôle différaient de ceux de l’histoire ordinaire […] mais dans celle de sa vision globale du rapport de l’homme au monde»[XVIII].

L’intento di questo mio lavoro è di vagliare la possibilità di configurare l’esoterismo come un tipo di credenza religiosa, sottraendo il termine all’uso corrente, anche colto, per impiegarlo come indicatore di un insieme storico-religioso specifico – pur nella diversità dei contesti storici e nella relativa disomogeneità delle fonti – sempre che si riveli tale. Ho scelto di costruire un percorso metodologico che – più che parafrasare o sintetizzare – ha privilegiato la citazione estesa degli autori a mio avviso significativi rispetto all’obiettivo che ci mi sono proposto e questo sia per la loro rilevanza sia perché ritengo che il lettore debba poter confrontare direttamente l’interpretazione con i documenti utilizzati per costruirla.

Il termine esoterismo (dal greco esōterikós, aggettivo con il significato di “interno”, ma ritorneremo più avanti sugli aspetti etimologici) è relativamente recente, come nota Antoine Faivre :

La prima occorrenza fin qui osservata del sostantivo “esoterismo” è in tedesco (Esoterik) e risale al 1792; esso compare nei dibattiti sugli insegnamenti segreti dei Pitagorici e sulla Massoneria. Lo troviamo quindi in francese, probabilmente per la prima volta, nel 1828, sotto la penna di Jacques Matter, nella sua Histoire critique du Gnosticisme et de son influence [come notato dallo storico Jean–Pierre Laurent nel 1992[XIX]]. Con questo termine Matter faceva riferimento ad una ricerca libera, e sincretica, che attingeva agli insegnamenti del cristianesimo e ad alcuni aspetti del pensiero greco, in particolare del Pitagorismo. Per quanto riguarda le epoche precedenti dobbiamo accontentarci dell’aggettivo, almeno per ora. Dal 1828 in poi la parola si è rivelata semanticamente dilatabile e permeabile a volontà. L’esame della sua etimologia (eso si riferisce all’idea di interiorità, e ter evoca un’opposizione) non è particolarmente fruttuoso, e tradisce spesso il bisogno di scoprire quel che l’esoterismo è “in sé” (la sua “vera” natura); ognuno propone allora la propria definizione, in base ai propri interessi o ai propri presupposti ideologici»[XX].Puc 3

Non è facile riuscire a contornare il significato che presenta l’esoterismo[XXI] nel corso della storia, come è del pari difficile cogliere il suo senso unitario al di sotto delle molteplici e disparate manifestazioni che lo contraddistinguono.

Per Alfonso M. Di Nola (1926-1997) «una lunga linea di tradizioni occultistiche o, più precisamente esoteriche, a livello di speculazione dotta, appare a margine di tutte le religioni storiche o si sviluppa da esse in formazioni parareligiose, settarie, segrete». Come esempi introduce, prima, l’ermetismo-occultismo che, a suo avviso «si origina da una re-interpretazione dei fatti religiosi, che appaiono proiettati su due differenti piani, uno accessibile al comune degli uomini (essoterico), un altro accessibile solo a chi sia virtualmente fornito di una superiore capacità intuitiva e, in alcuni casi, sia stato istruito attraverso un’iniziazione (piano esoterico)». L’esoterismo, dunque, «deriva da una rinunzia conoscitiva ad accogliere uno schema-religioso-mitico-culturale nella sua evidenza immediata e letterale, e dal presumere l’esistenza di significati soggiacenti allo schema e accessibili solo a chi vi sia legittimato. Esso realizza, in conseguenza, una tipica restrizione dell’area religiosa, riservandone i presunti valori “segreti” (che sarebbero peraltro, gli unici valori “reali”) ad un numero ristretto di illuminati o adepti. È, perciò, una reazione di tipo “aristocratico” e “spirituale” alla realtà dei fatti religiosi, presupponendosi una netta distinzione fra “illuminati” e “profani».

A ciò il Di Nola fa seguire il riferimento al mahdismo, alla qabbalah ed ai movimenti messianico – profetici nei quali avviene un meccanismo inverso per cui: «la carica religiosa iniziale è di natura esoterica (re-interpretazione esoterica e “illuminata”di testi religiosi o di “tradizioni”), realizzandosi, successivamente, in fatti di religione positiva». Concluderà affermando che «nella maggioranza dei casi, l’esoterismo resta un’esperienza intellettuale e sentimentale limitata a ambiti sociali chiusi, dominati dalla tensione emotiva derivante dalla pretesa “scoperta” dei valori occulti della vita religiosa, e restii a trasmettere il loro verbo esoterico ad altri»[XXII].

Dell’interpretazione del Di Nola va notata l’affermazione della relazione di contiguità fra l’esoterismo, anche se presentato in ambigua connessione con l’occultismo, e le religioni, la presenza del segreto e la coppia esoterico/essoterico.

Coppia, quella di esoterico/essoterico, che per Mario Dal Pra (1914-1992)

corrisponde alla contrapposizione di interno/esterno, segreto/pubblico, riservato/profano, privilegiato/popolare, e simili. L’antitesi richiama il privilegio di alcuni e l’esclusione di altri, un criterio di selezione e di discriminazione nei confronti di una massa indifferenziata e a favore di pochi eletti. Dei due termini dell’antitesi, il primo è il più significativo proprio in quanto accentua l’aspetto positivo della relazione, cioè l’ambito propriamente riservato, segreto e privilegiato; è infatti dall’aggettivo “esoterico” che è derivato il sostantivo “esoterismo” comprensivo di tutte le forme in cui l’istanza del segreto, del mistero, del silenzio si è espressa e determinata. Tali forme sono molteplici; infatti a volte l’istanza del segreto e di una corrispettiva iniziazione riguarda principalmente l’ambito religioso […]. In altri casi, invece, il segreto e l’iniziazione si riferiscono più direttamente alla struttura dell’associazione in cui gli uomini si raccolgono e si riferiscono alla sua organizzazione, indipendentemente da finalità religiose. Ma anche l’ambito della conoscenza più in generale offre lo spunto al costituirsi di un complesso di conoscenze che vengono considerate come segrete e riservate, tali da contrapporsi ad altre conoscenze di più immediata acquisizione. E ciò può avvenire sia con riguardo a vere e proprie scuole filosofiche, o con riferimento alle conoscenze tecniche ed artigianali delle comunità di mestiere, o in connessione con lo sviluppo della stessa ricerca scientifica. Quasi sempre inoltre l’istanza esoterica del mistero e dell’iniziazione, sia che abbia per proprio contenuto la tematica religiosa o che assuma a proprio oggetto la tematica conoscitiva in generale, si associa con l’istanza esoterica di carattere associativo. […] Al di là delle varie forme che l’esoterismo viene assumendo storicamente, sembra perciò importante il comprendere la funzione più generale che esso adempie nelle sue istanze fondamentali, che sono appunto l’istanza della segretezza contrapposta a quella del carattere pubblico ed acquisito e volgarizzato di certi contenuti, vicino all’istanza della selezione e dell’iniziazione come disciplina di approccio a quei contenuti, in contrasto con il dominio comune ed originario di essi[XXIII].

Nell’interpretazione di Dal Pra l’esoterismo si lega strettamente all’essoterismo (in una relazione di antitesi e non di dicotomia), al segreto, al mistero ed al tema dell’iniziazione; l’area dell’esoterismo, infine, deborda dal religioso comprendendo… tutto il resto.

Come un pesce che sguizza via dalle mani di chi cerchi di afferrarlo, l’esoterismo sembrerebbe essere tornato a celarsi nelle torbide acque dell’indistinto, vanificando la finalità principale di questo lavoro, che – come già indicato più sopra – non è quella di giungere ad una definizione dell’esoterismo “in sé” (come univoco), ma di sottrarlo all’uso corrente per impiegarlo (come analogo) a indicare una tipologia storico-religiosa circoscritta nei suoi elementi individuanti, ma estesa nei contesti comparativi.

Pierre A. Riffard dedica un ampio capitolo del suo studio sull’esoterismo all’indagine sulla storia del termine[XXIV], portando una “exahustive documentation”[XXV], a cui rimandiamo per l’integralità dello scritto, mentre si ritiene opportuno, nell’economia di questo lavoro, evidenziarne alcuni aspetti. Innanzitutto Riffard dimostra, sfatando un luogo comune[XXVI], che il termine non è utilizzato da Aristotele, il quale invece usa il suo antonimo έξωτεριχός (essoterico); lo Stagirita parla di exoterikoi logoi, «discorsi essoterici»[XXVII], “discorsi pubblici”, cioè «riflessioni giovanili platonizzanti dei quali ci sono rimasti scarni frammenti»[XXVIII]. Sottolinea, poi, un passaggio degli Stromata di Clemente Alessandrino, da datare intorno al 280 d.C., che riportiamo integralmente:

Parimenti i seguaci di Aristotele dicono che parte dei loro scritti sono esoterici, parte essoterici, cioè destinati al pubblico. E i fondatori dei culti misterici, filosofi, nascosero le loro dottrine sotto i miti, sì che non a tutti fossero manifesti. Ebbene, se quelli celarono umano sapere e impedirono ai profani di accedervi, non era forse oltremodo opportuno che la contemplazione veramente santa e beata della realtà restasse occulta?[XXIX].

Per Riffard si tratta di un testo fondamentale: «Per la prima volta vi si legge il termine esóterica, ™swterik£, come aggettivo o forse come aggettivo sostantivato, formato come altri termini quali hermetica, magica, mithraica, orphica eccetera. Esóterica indicherà – come „er¦ – sia opere esoteriche sia, il più delle volte, materie esoteriche, temi, idee, pratiche, modi, nomi, figure, scenari, immagini, simboli, motivi…»[XXX]. Stabilita la ragionevole legittimità dell’utilizzazione del termine, non c’è necessità di crearne un altro, rimane da vedere se sia possibile determinarne un contenuto che ne permetta l’impiego in una tipologia storico-religiosa e lo sottragga così sia all’uso corrente sia all’ipoteca euro-centrica.

Lo studio dell’esoterismo, meglio del “Western esotericism”, è fenomeno relativamente recente nel mondo degli studi accademici, come nota Nicholas Goodrick-Clarke:

The scholarly study of Western esotericism is a comparatively recent phenomenon. There are three dedicated university chairs in the subject at the Sorbonne, Amsterdam, and Exeter, and master’s programs in the subject are offered at the later two universities. Faculty at a growing number of other universities in Europe and the United States offers courses involving Hermetic philosophy, mystical traditions, and the history of esotericism in the medieval, Renaissance, and modern periods[XXXI].

Il cammino che ha portato al superamento dei vari tipi di pregiudizio accademico[XXXII] riguardo all’esoterismo e alla nascita di una disciplina autonoma che ha per oggetto lo studio dell’“Esoterismo Occidentale” come fenomeno storico, sociale, culturale, ecc., con una propria identità, può essere fatto risalire ai primi anni sessanta del Novecento[XXXIII]. Nel 1964 François Secret divenne titolare della cattedra di Storia dell’Esoterismo cristiano all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, cui successe (dal 1979 al 2002) Antoine Faivre e la cattedra cambiò nome in Storia delle correnti esoteriche e mistiche nell’Europa moderna e contemporanea che con Jean-Pierre Brach – suo successore – divenne Storia delle correnti esoteriche nell’Europa moderna e contemporanea. Nel 1999, grazie al mecenatismo di Rosalie Basten[XXXIV], presso l’Università di Amsterdam è stato creato un “Centro per la Storia della filosofia ermetica e delle correnti affini”[XXXV]; nel 2002 nasce nell’Università di Cambridge un “Centre for the Study of Western Esotericism”[XXXVI] e in quella di Exeter, nel 2006, una cattedra di “Western Esotericism” attorno a cui si è sviluppato l’“Exeter Centre for the Study of Esotericism”[XXXVII] che, come Amsterdam, offre agli studenti la possibilità di realizzare un percorso di studi completo. Nel 2005 si costituisce, ad Amsterdam, la “European Association for the Study of  Western Esotericism”[XXXVIII]. Questo moltiplicarsi di iniziative è accompagnato dalla creazione di riviste specializzate, fra le altre: «Aries. The Journal of Western Esotericism»[XXXIX] dal 2001 edita da Brill, Leida (i numeri precedenti, dal 1985, sono stati pubblicati da Archè, Parigi), «Esoterica. The Journal of Hermetic Studies»[XL]; «Gnostika»[XLI], dal 1996, e «Politica Hermetica»[XLII] dal 1987. In Italia, un indicatore dell’acquisita dignità di questi studi può essere considerata la pubblicazione del volume a cura di Gian Mario Cazzaniga, Esoterismo, nella prestigiosa Storia d’Italia della Einaudi[XLIII]; occorre anche ricordare l’opera pionieristica di Elémire Zolla (1926-2002) con la rivista «Conoscenza Religiosa» (1969-1983). Ancora molte resistenze, residuo sedimentario di ideologie tramontate, sono di ostacolo al dispiegarsi di questo nuovo indirizzo di studi in Italia[XLIV].

Ad Antoine Faivre va riconosciuto il merito di aver posto le basi positive per questo sviluppo:

Interrogandomi circa la possibilità di fondare un nuovo paradigma intendevo distinguermi da ciò che alcuni “esoteristi” o loro avversari (ma anche certi storici, pure non ideologicamente impegnati) avevano inteso con il termine “esoterismo”. […] La maggior parte di essi tendono infatti ad un “tipo ideale” (altri esempi di tipi ideali: “ragione”, “fede”, “sacro”, “magia”, “gnosi”, “mistica”…), che in un primo momento adottano come modello a priori e a cui cercano, in un secondo momento, di far corrispondere i fenomeni particolari. Il mio obiettivo, quindi, non era quello di costruire o ricostruire un’ipotetica “dottrina esoterica”, per esempio, ma innanzitutto osservare empiricamente (senza presupposti apologetici o essenzialismi) un fitto insieme di materiali vari, presi in un dato periodo storico e in una data area geografica (il periodo moderno, in Occidente), per poi verificare se avessero in comune abbastanza caratteristiche (al plurale, quindi) da poter essere considerati nel loro complesso, come un campo specifico. A tal fine sembrava infatti necessario che tali caratteristiche fossero molte: una sola caratteristica avrebbe inevitabilmente conferito alla costruzione una portata universale, il che era proprio quello che volevo evitare[XLV].

Nel breve, ma importante, scritto L’esoterismo aveva già specificato che le sue riflessioni riguardavano

essenzialmente le correnti esoteriche moderne, cioè l’Occidente latino dalla fine del XV secolo. Fu solo allora, pare, all’inizio del Rinascimento, che si cominciarono a raccogliere vari materiali antichi del tipo che ci interessa, credendo che potessero costituire un insieme omogeneo. Alcuni di essi erano legati fin dall’inizio della nostra era a forme di religiosità ellenistica (stoicismo, gnosticismo, ermetismo, neopitagorismo), e in seguito alle tre religioni abramitiche. Ma nel Rinascimento alcuni (Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e altri) pensarono di considerarli complementari tra loro, di cercar loro dei denominatori comuni. Così, soprattutto dopo il 1492, la cabala ebraica penetrò in ambiente cristiano, si unì clamorosamente all’ermetismo neoalessandrino, in una luce di analogia e in un clima di armonie universali[XLVI].

Nasce la “storia dell’esoterismo occidentale”; da allora, sia dal punto di vista metodologico sia da quello della definizione dell’oggetto, i contributi degli studiosi hanno dato luogo a diverse prospettive, come riconosce lo stesso Faivre[XLVII].

Sei sono le caratteristiche che Faivre indica a circoscrivere l’oggetto di studi. Quattro sono “di base”:

1) L’idea di corrispondenze universali: «Esisterebbero corrispondenze simboliche e reali [qui non c’è posto per l’astrazione!] tra tutte le parti dell’universo». 2) L’idea di natura vivente: «Il cosmo non è solo una serie di corrispondenze. Pervasa da forze invisibili ma attive, tutta la Natura, considerata come un organismo vivente, come una persona, ha una storia legata a quella dell’uomo e del mondo divino»; 3) Il ruolo delle mediazioni e dell’immaginazione: «Questi due concetti sono complementari l’uno all’altro. Infatti, riti, simboli carichi di molteplici significati […] sono tutte mediazioni in grado di creare dei varchi tra i vari livelli di realtà »; 4) L’esperienza della trasmutazione: «Questa caratteristica integra le tre precedenti dando ad esse un carattere “esperienziale” . È la trasmutazione di sé, che può essere una “seconda nascita”, e di conseguenza quella di una parte della Natura (in numerosi testi alchemici, ad esempio)». Le due secondarie sono la pratica della concordanza: si stabilisce a priori che tra le diverse tradizioni (anche tra tutte) possano esservi denominatori comuni, e si tenta quindi di trovare una verità superiore che le riassuma; la seconda è l’accento posto sull’idea di trasmissione […] consiste nel sottolineare l’importanza dei “canali di trasmissione”; ad esempio “trasmissione” dal maestro al discepolo, dall’iniziatore all’iniziando [non ci si può “autoiniziare”][XLVIII].Puc 2

La formulazione del Faivre ha incontrato diverse obiezioni critiche da parte degli studiosi dell’esoterismo occidentale la cui discussione, come quella su altri aspetti metodologici[XLIX] non solo del Faivre, dilaterebbe oltre misura questo lavoro. Poiché questa formulazione ha permesso di individuare l’esoterismo occidentale quale complesso storico-culturale omogeneo e oggetto di studio specifico, essa riveste una funzione euristica al fine di vagliare la possibilità che il termine “esoterismo” possa essere impiegato nell’ambito di una tipologia storico-religiosa.

È l’esperienza della trasmutazione (la quarta nell’elenco delle caratteristiche del Faivre), ovviamente preceduta dalla convinzione e cioè dal credere che questa sia possibile e che sia attingibile attraverso un “protocollo” alla cui conoscenza si è introdotti per mezzo di una trasmissione[L], che occorre approfondire. Scrive Faivre: «Se non considerassimo l’esperienza della trasmutazione una componente essenziale, ciò a cui si accenna qui non oltrepasserebbe i limiti di una forma di spiritualità speculativa. […] Trasformazione non sarebbe un vocabolo adeguato perché non significa necessariamente passaggio da un piano a un altro né modificazione del soggetto nella sua stessa natura»[LI]. Essa è essenziale proprio perché comporta il passaggio, soteriologico, dal piano relativo dell’Essere (quello legato alla individualità, in tutte le sue dimensioni) a quello assoluto ed universale.

È grazie ad un determinato tipo di conoscere che si crede possa porsi in atto quella “virata” ontologica nell’essere dell’uomo che è  l’esperienza della trasmutazione.

Faivre aveva già sottolineato, pur appoggiandosi ad un’etimologia discutibile,[LII] che:

Le sens restreint du mot “ésotérisme” se fonde sur l’étymologie grecque: “eso-thodos”, méthode – ou chemin – vers l’intérieur ( “eisôtheô” = je fais entrer). Il s’agirait d’une “entrèe en soi” – c’est pourquoi on l’appelle parfois “intériorisme” – qui passe par une gnose – une connaissance – pour aboutir à une forme d’illumination et de salut individuels. Connaissance qui est celle des rapports nous unissant à Dieu ou au monde divin, ou même celle des mystères inhérents à Dieu même ( dans ce cas, elle est théosophie au sens strict) (…) On suit ce chemin en s’engageant soit seul, aidé de textes appropriés qui occultent les mystères tout en donnant leurs clefs, soit avec l’aide d’un initiateur, qui peut être un maître isolé ou un membre d’une école initiatique[LIII].

Poco oltre aggiungerà :

Compris ainsi, l’ésotérisme correspond à ce qu’on entend généralement par « gnose », dont le gnosticisme des premiers siècle de notre ère n’est qu’un cas assez particulier. Il convient en effet de réserver à celui-ci le nom de « gnosticisme », car son enseignement n’à guère été retenu par les courants ésotériques ultérieurs, ceux du Moyen Âge ou des Temps modernes. (p.15)[LIV]

Una differenza con la “gnosi” dell’antichità può trovarsi nel fatto che nell’esoterismo l’esperienza salvifica di cui questa “conoscenza” è portatrice si intende da realizzare già qui ed ora, mentre nello Gnosticismo: «La redenzione, nel senso di una liberazione dai condizionamenti dell’esistenza terrena garantita mediante la “conoscenza”, si realizza per lo gnostico soltanto con la morte, in quanto è solo in questo momento che la sua componente indistruttibile e risvegliata si libera definitivamente dalle catene del corpo e può iniziare il cammino che la riporta in patria»[LV].

È per la presenza centrale e carica di significato di un certo tipo di “Conoscenza”[LVI] che nell’esoterismo è possibile individuare una valenza soteriologica[LVII]  che – a mio avviso – ci consente di discuterlo, dal punto di vista storico-religioso, come un tipo di credenza[LVIII] religiosa di cui si possono cogliere sequenze specifiche di affinità (pur in contesti culturalmente e storicamente differenziati) legate fra loro da un rapporto di tipologia storica.

Marco Pucciarini

[i] Novalis, Die Lehrlinge zu Sais. Gedichte und Fragmente, Ph. Reclam Jun, Stuttgart 1972, 117; cf. Novalis, Frammenti, traduzione italiana di E. Pocar, Rizzoli, Milano 1976, 444.

[ii] Vedi, ad es., J.A. Beckford, Nuove Forme del Sacro. Movimenti religiosi e mutamento sociale, Il Mulino, Bologna 1990 (orig. inglese, New Religious Movements and Rapid Social Change, Sage Publications – Unesco, London 1986); F. Ferrarotti, Sulla persistenza e i mascheramenti del sacro, in F. Brezzi, Le Forme del Sacro, Anicia, Roma 1992, 11-18; G. Filoramo, Le vie del Sacro, Einaudi, Torino 1994; R. Marchisio, Religione e Religiosità, Carocci, Roma 2002; P. Naso – B. Salvarani, Un cantiere senza progetto. L’Italia delle religioni, EMI, Bologna 2012.

[iii] Cfr. C. Taylor, Multiculturalismo. La politica del riconoscimento, Anabasi, Milano 1993; E.A.A. Garcea, La Comunicazione Interculturale. Teoria e Pratica, Armando, Roma 1996.

[iv] G. Filoramo, I nuovi movimenti religiosi. Metamorfosi del sacro, Laterza, Bari 1986, 11.

[v] Sull’argomento la bibliografia è vasta e ci limitiamo a rimandare ad alcune opere recenti: H.G. Kippenberg, La Scoperta della Storia delle Religioni. Scienza delle religioni e modernità, Morcelliana, Brescia 2002 (orig. ted., Die Entdeckung der Religionsgeschichte. Religionswissenschaft und Moderne, München 1997); G. Filoramo, Che cos’è la religione. Temi metodi problemi, Einaudi, Torino 2004, 29-88 e G. Sfameni Gasparro, Introduzione alla storia delle religioni, Laterza, Bari 2011, 60-116.

[vi] G. Filoramo, I nuovi movimenti religiosi. Metamorfosi del sacro, 15. Ovviamente il termine “salvezza “ (e gli altri suoi corrispondenti, come “realizzazione”, “liberazione”, ecc.,) debbono essere intesi in senso storico religioso, cioè come indicatori della presenza di una soteriologia, cioè del fatto che la pienezza intima dell’uomo e del mondo è sottratta alla discrezione dell’uomo così come egli è. L’uomo avverte di trovarsi in una situazione di mancanza radicale quanto a realtà, verità e senso, questa condizione di povertà esistenziale – con il suo carattere di ineluttabilità – deve essere risolta. Da qui l’idea della necessità di un cambiamento di stato, di condizione, di situazione. Essere salvato, salvarsi, è trovarsi “tirato fuori” o “tirarsi fuori”, dunque è “andare altrove” o almeno ritrovarsi in un altro modo; ma occorre ancora dire che questo altrove e questo altro modo divengono effettivi solo in rapporto a qualcosa d’altro che supera l’uomo che è al di là delle possibilità effettive di colui per il quale si pone il problema di una “salvezza” . Le forme soteriologiche sono estremamente varie, ma si presentano tutte comunque comprese fra due estremi: salvezza già qui ed ora in questo mondo o salvezza fuori da questo mondo, “poi”, dopo che l’esistenza concreta dell’uomo ha cessato d’essere.

[vii] P. Bayle, «Usson», Dictionnaire historique et critique, Nouvelle Edition, XIV, Desoer, Paris 1820, 516.

[viii] Cfr. le considerazioni sviluppate da G. Reale nel suo Per una nuova interpretazione di Platone, Vita e Pensiero, Milano 1987, 21-47, e la letteratura citata a cui rimandiamo.

[ix] Cfr. U. Bianchi, Storia delle Religioni, in A.N. Terrin, Le Scienze della Religione oggi, EDB, Bologna 1983, 153-155.

[x] U. Bianchi, Saggi di Metodologia della Storia delle Religioni, Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri, Roma 1979, 58.

[xi] U. Bianchi, La Storia delle Religioni, in G. Castellani, Storia delle Religioni, UTET, Torino 1970, 30-31 (il corsivo è nel testo).

[xii] U.Bianchi, Storia delle Religioni, 168. Poco oltre scriveva, rispetto all’annosa questione “religione” / “cultura”: «la religione – in quanto dato concreto avvicinabile con approccio positivo e già in questa sede studiabile nel suo senso, nei suoi sensi – appartiene in proprio, e proprio come religione, alla cultura, così come alla storia. Il che non significa né riduzionismo, né storicismo, né relativismo».

[xiii] U. Bianchi, Storia delle Religioni, in M. Eliade, Enciclopedia delle Religioni, Edizione Tematica Europea in 17 volumi, V, Lo Studio delle Religioni. Discipline e Autori, Jaca Book, Milano 1995, 540 (orig. inglese: M. Eliade, The Encyclopedia of Religion, VI, Macmillan Publishing Company, New York – London 1987, 399-408; l’articolo è stato conservato come tale nella Second Edition a cura di Lindsay Jones, VI, Thomson Gale, Farmington Hills [MI] 2005, 4060-4068).

[xiv] Bianchi, Saggi di metodologia della Storia delle Religioni, 111.

[xv] Sito web: http://www.aseweb.org/ (accesso: 07.03.2013).

[xvi] P.A. Riffard, L’Ésotérisme. Qu’est-ce que l’ésotérisme? Anthologie de l’ésotérisme Occidental, Robert Laffont, Paris 1990, 14-20; 63-137; 177-224; 307-364 (trad. it. in 2 voll., L’Esoterismo, I, Che cos’è l’esoterismo, R.C.S. Libri e Grandi Opere, Milano 1996 [= BUR Super Saggi, Rizzoli, Milano 1996], 103-141 [ le citazioni rimandano alla trad. it.].

[xvii] A. Faivre, L’Esoterismo, Sugarco Edizioni, Varese 1992, 18-19 (orig. francesce, L’ésotérisme, P.U.F., Paris 1992, 35).

[xviii] J.-P. Laurant, Le Regard ésotérique, Bayard, Paris 2001, 225-226.

[xix] Il riferimento a Jean-Pierre Laurant rimanda all’opera dello stesso, L’ésotérisme chrétien en France au XIXe siècle, Editions l’Age d’Homme, Lausanne 1992, 19. L’opera di Jacques Matter (1791-1864), Histoire critique du gnosticisme, et de son influence sur les sectes religieuses et philosophiques des dix premiers siècles de l’ère chrétienne fu pubblicata per i tipi di F.G. Levraut a Strasbourg, nel 1828, t. I, 13 e 14 (seconda ed., riveduta ed ampliata, Strasbourg – Paris 1843). Vedi anche U. Peters, Esoterik als moderne Religionsform, Traugott Bautz, Nordhausen 2012, 13-64; J. Maître, Ésotérisme et Instances Officielles de Régulation des Savoirs, in J.-P. Brach – J. Rousse-Lacordaire, Études d’histoire de l’ésotérisme, Cerf, Paris 2006, 23-34.

[xx] A. Faivre, L’esoterismo occidentale. Metodi, Temi, Immagini, a cura di F. Baroni, Morcelliana, Brescia 2012, 9. Si tratta di saggi già pubblicati in Accès de l’ésotérisme occidental, Gallimard, Paris 1996. Il passaggio è tratto dall’Introduzione, 9-27, a cura dello stesso Faivre; per l’occorrenza in tedesco del termine Faivre rimanda (n. 2) al lavoro di M. Neugebauer-Wölk, Der Esoteriker und die Esoterik: Wie das Esoterische im 18. Jahrhundert zum Begriff wird und seinen Weg in die Moderne findet, in ARIES 10/1 (2010) 217-231 [in realtà 10/2 (2010)].