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Elémire Zolla, scrittura e Tradizione

di Luigi Iannone - 04/01/2016

Fonte: L'intellettuale dissidente


Dalla rivoluzione culturale in Cina all’imbarbarimento dell’Occidente, dai mistici della cristianità fino ai misteri pagani, il viaggio nel tempo di Zolla non tralasciò nulla, sempre alla ricerca di una memoria antica ed amica.

  

 

Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento erano tanti gli scrittori che non andavano a genio ad una certa sinistra; o meglio, erano letteralmente irrisi da tutto un mondo progressista che si specchiava nella sua reale o presunta egemonia. Di nomi se ne potrebbero fare a decine, ma uno solo li ebbe tutti contro e per lungo tempo: Elémire Zolla. Adesso è un autore di culto ma, allora, riuscì nell’intento, alquanto sgradevole, di compattare contro di lui una coalizione così eterogenea, eppur compatta, grazie ad un minimo comun denominatore: la riscoperta delle tradizioni e, di conseguenza, la ricognizione solitaria in quella radura dominata dal ‘pensiero forte’. Si condensarono infatti intorno alla sua figura e alla sua opera insinuazioni di vario tipo ma soprattutto assalti concentrici di una critica che, in realtà, vedeva confutare molti pilastri su cui negli anni a venire avrebbe dovuto poi far reggere la sua influenza sociale.
Su uno di questi Zolla fu assolutamente dirompente. Mise alla berlina la figura dell’intellettuale impegnato e la sua pericolosa ascendenza sulle masse il cui livello di ascolto risultava invece sempre più intensificato. Questa dualità che vedeva da una parte l’intellettuale e dall’altra una massa prostrata, pronta ad accogliere ogni asserzione, divenne un connubio non più confutabile. E quando la massificazione come fenomeno storico fece capolino in tutta la sua maestosa perentorietà e lo sguardo umanistico sempre più rinchiuso in un angolo dalla volgarità dilagante, Zolla divenne il nemico naturale.

Il fatto che le edizioni Marsilio ripropongano Il serpente di bronzo. Scritti antesignani di critica sociale (p.540, euro 24) nel quale sono raccolti Eclissi dell’intellettuale, Volgarità e dolore e Storia del fantasticare, può aiutare il lettore del Terzo Millennio ad afferrare non solo quel contesto, ma come si è articolata l’opera zolliana. Lo ricorda anche Silvia Ronchey in un suo recente articolo su Repubblica. Per un adolescente degli anni ‘70 andare in giro con in mano un libro di Zolla era straniante e pericoloso. Peraltro, nel 1969, egli riunì grazie alla rivista ‘Conoscenza religiosa’ tutta una serie di intellettuali che erano per certi versi messi all’indice: Cristina Campo, Pessoa, Florenskij, Borges ed altri che, solo tempo dopo, avrebbero raggiunto il meritato posto nell’olimpo della cultura internazionale.
Tempi in cui si difendevano strenuamente le tradizioni; tutte le tradizioni e si attaccava frontalmente le manifestazioni più azzardate del progresso. Dalla rivoluzione culturale in Cina che stava distruggendo non solo le tradizioni del Tibet ma anche quelle cinesi, all’imbarbarimento dell’Occidente che si preparava alla grande sbornia consumista; dai mistici della cristianità fino ai misteri pagani, il viaggio nel tempo di Zolla non tralasciò nulla, sempre alla ricerca di una memoria antica ed amica.

Molti gli voltarono le spalle; nomi noti della cultura italiana soprattutto nel momento in cui iniziarono ad assaporare l’ebbrezza di essere considerati delle icone. Le nuove star del panorama mass-mediatico non potevano accogliere una presenza oramai ingombrante anche perché Zolla non indietreggiava, ma anzi andava diritto al punto («l’uomo moderno è smarrito e suggestionabile, servile e persecutorio insieme. Egli chiede una guida alla società ma ne riceverà soltanto comandi interessati e inganni») e ciò era un attacco a quella casta che stava pianificando la propria egemonia in quegli anni.

Come scrive la curatrice del volume Grazia Marchianò, «sul suo cammino intercettò epifanie, e ciò per un outsider vale immensamente di più di un plauso letterario o di una corte di seguaci che fermamente respinse». Anche perché i suoi studi non si conformarono ad una sorta di melting pot delle tradizioni, un miscuglio illogico tra tutto ciò che non era modernità ma, al contrario, svelò a chi li voleva vedere i percorsi per una profonda comprensione di tutti i saperi e di quelle forme spirituali insabbiate a partire dalla rivoluzione scientifica. Eppure, Zolla non ricercò qualcosa che era al di là del nostro mondo; una vita oltre la nostra. Era alla costante ricerca di quelle forze simboliche e spirituali che avevano operato lungo la storia e ora non erano più visibili. Fieramente pratico nella sua assoluta spiritualità.