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Ha un senso parlare con Magdi Allam?

di mdt - 12/09/2006

 
Caro Tarchi,
le vicende internazionali di questa estate ci hanno preso un po’ tutti. La seguente lunga nota è solo una sintesi (in chiave interna) ricavata dai uno dei tanti spunti che la crisi mediorientale mi ha offerto. Se lo ritieni opportuno, falla circolare.
mdt
 
Lo ritengo opportuno e la propongo alla lista (www.diorama.it). Sperando che aiuti a far riflettere i destinatari sulla sconcertante inversione del senso comune che la manipolazione massmediale sta operando - purtroppo, con successo - nella mentalità di una consistente parte dell'opinione pubblica, a scapito dei fatti e delle facoltà razionali. Ne vedremo, peraltro, anche di peggiori: basta immaginare l'impatto che potrà avere il film fallaciano di Martinelli di imminente uscita (le anticipazioni del regista in interviste a giornali di destra sono significative...) sui cervelli già addomesticati da anni di prediche occidentaliste. Ovviamente, mi occuperò, assieme ad altri collaboratori, di queste vicende sul prossimo numero di DIORAMA, anche a partire dall'analisi di due eccellenti libri, che vorrei tutti leggessero: "Media War" di Norman Solomon (Nuovi Mondi Media) e il magnifico, solidissimo, scientificamente inoppugnabile "La guerra ineguale" di Alessandro Colombo (Il Mulino).
Marco Tarchi
 
 
HA UN SENSO PARLARE CON MAGDI ALLAM?
 
Nelle ultime settimane, i giornali nazionali hanno riportato numerosi commenti sull’iniziativa dell’Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii) di pubblicare a pagamento sui fogli che fanno capo al “Quotidiano Nazionale” un appello di condanna rispetto al comportamento tenuto dagli israeliani nel corso dell’ultima crisi mediorientale. Pezzo forte dell’intero comunicato, per nulla gradito alla maggior parte degli opinion makers  nostrani, per l’irritulità delle tesi ivi contenute, ha riguardato l’equiparazione dei crimini commessi dai nazisti durante la seconda guerra mondiale con i massacri compiuti dal Tsahal in Libano nel mese di luglio. Cosicché, davanti all’equazione Marzabotto = Gaza = Fosse Ardeatine = Libano riportata nel testo, una parte rilevante di osservatori paludati e collocati su posizioni di incondizionato ed acritico sostegno all’azione israeliana contro il Libano ed Hezbollah, sono intervenuti per chiedere una dura reprimenda, e anche qualcosa di più, nei confronti dell’associazione islamica.
Tra i più solerti ad indignarsi è stato Magdi Allam, che sul “Corriere della sera” del 20 agosto si è lasciato andare ad un querimonioso atto di accusa verso lo Stato italiano, reo di aver concesso troppa libertà all’Ucoii, in questi ultimi anni. Allam ne ha subito approfittato per lanciare dal suo pulpito una fatwa “politicamente corretta” all’indirizzo di tutti coloro che dissentono da verità assolute e preconfezionate, che solo pochi altri come lui sanno cucinare.
Mediante l’uso dell’artificio retorico del non importa se …, ripetuto più volte nell’articolo per sottolineare dal suo punto di vista quanta pazienza sia stata profusa nel tollerare il cosiddetto estremismo islamico, l’esperto di affari mediorientali del “Corriere” chiosa sostenendo che “oggi in Italia predicare e aizzare le masse a distruggere Israele è assolutamente lecito, che la stampa nazionale gratuitamente o a pagamento diffonde dei messaggi inequivocabilmente ostili al diritto all’esistenza di Israele”. Di fronte a parole così irragionevolmente indignate, pensare di ricondurre nell’alveo della pacatezza chi è convinto di combattere efficacemente l’estremismo con questo tipo di argomenti è una pia illusione, poiché l’estremismo, anche solo quello verbale, non lo si vince reagendo in modo altrettanto estremistico, com’è d’uso fare tra i fondamentalisti occidentali, giunti ormai ad un livello esasperato di conformismo, tale da porre seri problemi al dialogo con chi la pensa diversamente. Ecco perché ci chiediamo, che senso avrebbe ricordare ad Allam che criticare Israele per la sua politica non significa prendersela con gli ebrei intesi come popolo, mentre avercela con Olmert è del tutto legittimo, proprio nel nome di quei principi che il Nostro è convinto di incarnare, sino a tollerare l’altrui dissenso? Che senso avrebbe ricordare ad Allam, che quando Bush con disprezzo definisce “Stati canaglia” quegli Stati pienamente legittimi, sovrani e inseriti nella comunità internazionale compie un gesto non meno deprecabile di ciò che oggi viene imputato all’Ucoii? E come non dimenticare che tra i vituperati Stati incriminati vi si trova anche l’Iran di Ahmadinejad, che minaccia la distruzione di Israele a parole, a differenza di Bush che gli Stati che non apprezza per la loro politica li fa bombardare seriamente, colpendo le popolazioni civili?
Poi, visto che Allam se la prende con il portavoce dell’Ucoii, che secondo lui “ha avuto l’ardire” di scrivere al ministro Amato per lamentare “che non si fa dell’antiterrorismo” fermando “una quarantina di islamici” unicamente a scopo dimostrativo per i mancati attentati di Londra, quale valutazione avrà maturato sull’epiteto “fascisti islamici” vomitato indistintamente dal presidente americano all’indirizzo di quei regimi considerati ostili da Washington?
Ancora, ritornando sulla guerra in libano, si potrebbe chiedere ad Allam se secondo lui sia più grave bombardare le popolazioni civili di Cana, come ha fatto l’aviazione israeliana, o esprimere sdegno verso “l’ulteriore escalation criminale di uno Stato nato nella pulizia etnica …” come scritto nel comunicato Ucoii? Forse, Allam è tra quelli che sostengono che le parole facciano più male delle bombe?
Poi, per ciò che riguarda il concetto di terrorismo islamico, oggi più di ieri si avverte l’esigenza di fare chiarezza sul suo criterio interpretativo. Secondo la mentalità di Allam e della maggior parte dei suoi colleghi, tra Hamas, Hezbollah, i Fratelli musulmani, e Al Qaeda non dovrebbero risultare particolari differenze, data la loro appartenenza alla galassia terroristica, con cui mai negoziare nel modo più assoluto. Ma mai come in questo caso il detto mai dire mai calza a pennello, giacché non c’è bisogno di spingersi troppo indietro nel tempo per trovare un momento in cui gli occidentali non si sono fatti scrupoli di avere dalla loro parte una formazione che secondo i criteri di Allam non dovrebbe di molto differenziarsi dai gruppi appena citati. L’episodio riguarda i negoziati sul Kosovo svoltisi a Rambouillet, dove la diplomazia nordamericana, per assecondare i calcoli del segretario di Stato Albright in funzione anti-Milosevic, impose anche la presenza dei “guerriglieri” dell’Uck, accreditati per l’occasione come esercito di liberazione e non quale gruppo terroristico.
Se fosse seguita la strada delle recriminazioni non si finirebbe più, pertanto si soprassiede sulle prove menzognere riguardanti la presenza di armi di distruzione in Iraq fornite dagli Stati Uniti, giusto per non passare per petulanti e ripetitivi. Tuttavia, un’ultima cosa sulle reazioni politiche va detta. Salta agli occhi l’intransigenza del ministro dell’Interno Amato, che con orgoglioso rigore moralistico ha alzato la voce contro l’Ucoii, intimandole di sottoscrivere la monda peccati “carta dei valori” – quelli “giusti”, naturalmente – redatta apposta per l’occasione, per non incorrere nel rischio di espulsione dalla Consulta islamica. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad una perla d’intolleranza che offende l’intelligenza e la sensibilità di un uomo, che prima di essere politico ed economista rimane uno studioso di diritto.
L’intento di questo intervento non consiste nel voler tagliare il campo della discussione in due, per far sì che la verità si trovi da una sola parte. Lo scopo è un altro. Troppe volte si è sentito in giro che le libertà di pensiero e di parola sono sacre ed indispensabili per il bene comune. Continuamente, le pagine culturali dei giornali si riempiono di articoli che illustrano le libertà negate nel recente passato. Le nefaste esperienze dei lager e dei gulag sono prese ad esempio quale limite estremo di oppressione, in cui il pensiero e la parola hanno trovato la morte. Tutti, dunque, concordano sulla necessità di difendere l’espressione in tutte le sue forme, almeno fino a quando non si fanno strada punti di vista “sgraditi” a chi tira le fila del consenso. E tutto ciò che è sgradito per forza di cose diventa riprovevole. E tutto ciò che è riprovevole deve essere espulso con qualunque mezzo.  Ed ecco che per questo lavoro entrano in scena i sicari della penna, travestiti da opinionisti “aperti” che conducono la loro campagna di diffamazione contro ciò che è ritenuto inaccettabile. Le armi usate da questi novelli benpensanti sono sempre le stesse, mutuate dal tanto vituperato Medioevo: la gogna (mediatica) e l’auto da fé, per l’eventuale reinserimento del figliol prodigo nel consorzio civile. In questo modo diventa assai arduo trovare spazi per dissentire civilmente.
In conclusione, un’ultima cosa sulla ricorrenza dell’11 settembre. Quest’anno, come si è sentito dire nei giorni di vigilia, gli americani celebreranno l’anniversario, pensando non solo all’impatto materiale subito da New York quel giorno, ma soprattutto curando l’aspetto psicologico prodotto da questa vicenda, che ha toccato per ragioni diverse i parenti delle vittime degli attentati, quanto il popolo americano, lasciando uno strascico di angoscia che durerà ancora per molto tempo. Occorre tuttavia far riflettere ai tanti opinionisti di questi giorni, tutti in lena a scrivere i loro “pezzo” di commemorazione, che città nel mondo martoriate da eventi bellici ce ne sono purtroppo un’infinità. Tra queste si prenda come emblema Beirut, divenuta da oltre trent’anni bersaglio del cinismo occidentale, della spietatezza israeliana e dell’indifferenza araba. Ebbene in questa città i risvolti psicologici dovuti al dolore procurato dalla guerra non hanno mai fatto in tempo ad essere metabolizzati, che già una nuova sofferenza subentrava a quella che l’ aveva preceduta. Ecco, che pur rispettando il cordoglio dei newyorchesi, è obbligo porsi la seguente domanda: ma quanti 11 settembre avrebbero dovuto ricordare gli abitanti di Beirut in tutti questi anni?
mdt