Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il Fascismo e l’acqua sporca

Il Fascismo e l’acqua sporca

di Giovanni Di Martino - 17/01/2016

Fonte: Il Discrimine

 
Giuseppe Bottai - 1954

Giuseppe Bottai – 1954

Nel 1959 l’opinione pubblica italiana si indigna (ma fino ad un certo punto) per un fatto riportato distrattamente dagli articoli di cronaca: al funerale dell’ex gerarca fascista Giuseppe Bottai sono presenti numerose personalità politiche in carica, capitanate dal ministro della pubblica istruzione Aldo Moro.

È vero che Bottai è stato uno dei cospiratori dell’affossamento di Mussolini al golpe del 25 luglio (addirittura estensore del famoso ordine del giorno). È vero che Bottai è stato assolto da ogni “crimine” connesso col fascismo per avere espiato combattendo per quattro anni nella Legione Straniera Francese. Ed è vero anche che Moro è lì presente perché figlio di un vecchio funzionario del ministero retto da Bottai (così come anni più tardi Aldo Fabrizi sarà presente al funerale di Almirante perché amico di famiglia dei suoi zii attori). Però Bottai è stato un gerarca di primissimo piano, sindaco di Roma e di Addis Abeba, ministro dell’Educazione nazionale per quasi dieci anni, primo firmatario della Carta del lavoro e della Carta della scuola, nonché dei Manifesti razzisti del 1938 (malgrado le remote origini ebraiche). Eppure a molti esponenti della Prima Repubblica, quella nata dall’antifascismo e dalla Resistenza, sembra doveroso e normale rendere l’estremo saluto al massimo esponente della cultura del Ventennio.

Questo episodio, presto dimenticato e quasi seppellito, potrebbe essere lo spunto per una valutazione della effettiva differenza tra i due principali cambi di regime italiani del Novecento, quello del 1945 tra il Fascismo e la Prima Repubblica, e quello del 1992-93 tra la Prima Repubblica e la Seconda. Apparentemente burrascoso il primo, arrivato dopo cinque anni di guerra e due di guerra civile, ed apparentemente più lieve il secondo, arrivato dopo una serie di procedimenti giudiziari contro i principali esponenti di quasi tutti i partiti politici.

In realtà i due cambi di regime sono l’opposto di quanto sembra e di quanto viene raccontato. Il passaggio dal Fascismo alla Prima Repubblica antifascista non è stato per nulla traumatico, perché, vinta la guerra al Fascismo, gli esponenti della Resistenza (De Gasperi, Togliatti, Parri, Nenni eccetera), prendono una decisione molto intelligente: non buttare via tutto quanto di buono per l’Italia il Fascismo ha fatto (e – si badi – avrebbero potuto, dal momento che nell’Italia impazzita del 1945 i vincitori avrebbero potuto far casa_italianipassare ogni cosa). Vengono ripristinate le elezioni ogni anno, vengono abolite le usanze di costume fascista (quasi tutte), ma non vengono toccate istituzioni nate sotto l’ala del regime che possono risultare utili alla ricostruzione ed al miglioramento del paese che la classe dirigente antifascista si appresta a guidare, quali l’IRI, l’Agip, l’IN(F)AIL, l’INPS eccetera. Non viene toccata la scuola gentiliana, e il sistema sanitario pubblico fascista viene esteso gradualmente anche alle zone non metropolitane. La base per la ricostruzione, il boom economico ed il decollo industriale dell’Italia (che alla vigilia degli anni Ottanta è il terzo paese industrializzato d’Europa e il sesto nel mondo) sta proprio nell’avere mantenuto e potenziato quelle strutture fasciste che alla fine della guerra avrebbero potuto essere bollate come inutili carrozzoni clientelari ed essere chiuse.

Analogo discorso viene fatto per le epurazioni, che toccano una fascia ristrettissima della popolazione (in concreto i più collusi, oltre ai gerarchi ovviamente), perché si pensa che se un funzionario amministrativo svolgesse bene il suo mestiere in camicia nera, potrebbe fare altrettanto in camicia bianca. E viene mantenuto anche il criterio della competenza nell’assegnazione dei ministeri: insegnanti alla Pubblica istruzione, giuristi ed avvocati alla Giustizia, ingegneri alle Infrastrutture, altro che governi tecnici…

La mancata epurazione viene irrisa da Leo Longanesi che ammonisce i suoi lettori a non lasciarsi scappare con nessuno la domanda: “Ma noi dove ci siamo già visti?“. Il tutto però è indice del fatto che gli italiani, subito dopo la guerra, non hanno sbagliato a fare i conti con il proprio passato. La Resistenza è stata combattuta da 120.000 uomini (cifra gonfiata nel 1947 a 250.000), dei quali nemmeno la metà è stata antifascista durante tutto il Ventennio. Troppo pochi per coprire tutti gli incarichi, e troppo preparati per non sapere che il Fascismo non è stato solo olio di ricino e campi di concentramento, e forse conviene a tutti assorbire e fare proprio quello che di buono il Ventennio ha prodotto, per evitare che la gente indulga a facili nostalgie.

Locandina_britanniaIl passaggio dalla Prima Repubblica alla Seconda è invece molto più traumatico di quello che appare. Nemmeno un morto in combattimento (solo una quarantina tra suicidi in carcere e malattie fulminanti dovute alla tensione improvvisa), le monetine tirate a Craxi, le bave di Forlani in tribunale, e l’espressione di Martelli che sembra chiedersi “cosa stavo dicendo già?“. Il “regime democristiano” (così come proprio Longanesi lo definisce cinquant’anni prima) viene tirato giù in diretta televisiva. Solo reati patrimoniali: corruzione, concussione, nessun grosso crimine. Addirittura qui il riciclo dei funzionari non parte dalle seconde linee, ma dalle prime, perché a parte gli imputati del mitico “processo Cusani” tutti gli altri politici sono passati indenni dalla Prima Repubblica alla Seconda. Prodi ed Andreatta sono stati ministri negli anni Ottanta, Amato è stato vice di Craxi, Berlusconi il suo compare d’anello, Scalfaro il suo ministro dell’interno, Ciampi governatore della Banca d’Italia, eccetera.

Anche se a ben vedere un grosso (anzi grossissimo) crimine si configura, quello di Alto Tradimento. Il crimine più grave di tutti, perché va contro gli interessi dello stato pregiudicandone l’avvenire. Come infatti è accaduto. E come solo adesso finalmente sta emergendo con maggiore chiarezza.

Il Fascismo è stato passo dell’oca e socialità, e i politici della Prima Repubblica, che all’Italia ci tengono, buttano via il passo dell’oca e si tengono stretta la socialità.

La Prima Repubblica è stata corruzione e sviluppo economico, e i politici della Seconda Repubblica, che prendono ordini dall’estero, buttano via il bambino con l’acqua sporca. Lungi dall’essere il semplice adempimento dei doveri connessi al potere giudiziario, Tangentopoli è stato un golpe, che fingendo di togliere di mezzo la corruzione (che oggi è ancora più bella e più superba che pria) ha spazzato via lo sviluppo economico (il vero obiettivo del nuovo regime) e con esso chissà quante generazioni.