Tononi, quel lungo filo rosso con Prodi
di Sergio Rizzo - 13/09/2006
Gli anni dell’università. Poi quelli dell’Iri.
E’ un marchio di provenienza che si chiama Goldman Sachs
Il problema «del riassetto delle istituzioni economiche che in Italia si pone in maniera urgente in Italia, il cui capitalismo è del tutto anomalo, dato che non si basa né sul mercato né sugli intermediari finanziari». Sono parole pubblicate nell’aprile del 1993, due settimane prima che si insediasse il governo di Carlo Azeglio Ciampi, in un articolo del Sole 24 ore. E’ una specie di manifesto delle privatizzazioni, scritto dal professor Romano Prodi con due suoi allora giovanissimi collaboratori: Daniele De Giovanni e Massimo Tononi
Le loro strade si erano incrociate già da qualche tempo, ma non si sarebbero mai più separate. Quando qualche settimana dopo Prodi venne richiamato alla presidenza dell’Iri, entrambi lo seguirono. E oggi, a 13 anni di distanza, sono ancora lì. De Giovanni è il capo della segreteria e Tononi è sottosegretario all’Economia, con deleghe pesantissime: la privatizzazione dell’Enel, le aziende pubbliche, i rapporti con
Massimo Tononi è nato a Trento il 22 agosto 1964. la sua biografia dice che è sposato e ha due figlie. Laureato in economia aziendale alla Bocconi, prima di andare con Prodi all’Iri ha lavorato cinque anni alla banca d’affari americana Goldman Sachs, ufficio di Londra. Dopo l’esperienza all’Iri ci è tornato fino a diventare manager director e amministratore delegato della Goldman Sachs sim, ed è rimasto fino ai mesi scorsi, quando il presidente del Consiglio e il ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa l’hanno voluto al Tesoro. Certamente non per caso.
Sulla Goldman Sachs e i suoi uomini ne sono circolate di tutti i colori. Ai tempi della visita dell’ex direttore generale del Tesoro Mario Draghi sul panfilo Britannia la destra sospettò che fossero proprio i banchieri d’affari americani e inglesi i direttori d’orchestra delle privatizzazioni. Con l’obiettivo di far passare i gioielli di famiglia italiani sotto le insegne del grande capitale internazionale. Ma ci fu anche chi non mancò di sottolineare (allora come oggi) l’esistenza di un filo rosso fra l’inizio di quella stagione e la seconda nomina, nel 1993, di Prodi alla guida dell’Iri.
Alcuni degli uomini della Goldman Sachs | |||
Romano Prodi | Massimo Tononi | Mario Monti | Mario Draghi |
Proprio l’ex ministro dell’industria, che già era stato per sei anni presidente della holding pubblica, era allora fra i più importanti consulenti della Goldman Sachs. Che è diventata oggi, a tanti anni di distanza, una specie di marchio di fabbrica per i grandi tecnocrati in odore di incarichi pubblici. Qualche mese fa anche l’ex commissario europeo Mario Monti, già candidato al posto di ministro dell’Economia nel governo di Silvio Berlusconi ma considerato a suo tempo fra i papabili per avere quell’incarico anche con Prodi, è diventato consulente della banca d’affari. E Draghi, che l’attuale premier avrebbe visto bene come responsabile di via XX settembre se le cose fossero andate in un altro modo, prima di essere nominato governatore di Bankitalia occupava il posto di vicepresidente della Goldman Sachs.
Sede a New York della Goldman Sachs, 30 Hudson Street, Jersey City
Come Prodi, anche Tononi ha fatto esperienza alla banca d’affari americana. E dire che la sua affinità con il presidente del Consiglio sia soltanto «tecnica», non sarebbe giusto. Negli ambienti politici, fino a qualche settimana fa, del nuovo sottosegretario al Tesoro non si sapeva praticamente nulla. Soltanto i più curiosi avevano notato che il suo nome compariva nella lista dei finanziatori della campagna elettorale di Prodi. Con una cifra nemmeno da buttare via: 100 mila euro, che lo colloca in prima fila fra i sostenitori di Prodi. Insieme, per esempio, a Linda Costamagna, moglie di un altro capitano di lungo corso della Goldman Sachs. Claudio Costamagna, 50 anni, ha appena lasciato la banca d’affari americana e c’è chi giura che il suo nome circolerà presto nei possibili organigrammi delle più prestigiose aziende pubbliche. Qualche voce lo voleva già candidato alla guida della Cassa Depositi e prestiti con la missione di trasformarla in una vera banca d’affari. Ma non è escluso che Costamagna scenda invece in pista più in là, magari quando nella primavera del 2008 scadranno gli incarichi dell’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, e di quello dell’Enel, Fulvio Conti.