UltimPalamas_Vatopaidi1amente l’esoterismo va molto di moda. Ci sono scuole di meditazione yoga, sufi, zen e quant’altro. Di solito l’idea che possa esistere una via iniziatica all’interno della tradizione cristiana non è presa nemmeno in considerazione. Tuttavia, sia pure  ridotto ai minimi termini in luoghi pressoché inaccessibili e in condizioni esteriori piuttosto particolari, l’esicasmo, ossia la dottrina esoterica del Cristianesimo ortodosso, è ancora viva sul Monte Athos e in altri monasteri ortodossi.

Il suo nome deriva dal greco hesychia, «riposo, tranquillità». Dall’XI al XIV secolo, alcuni monaci, la maggior parte dei quali viveva sul monte Athos, cercarono, attraverso tecniche di concentrazione, di respirazione e di recitazione, di trovare un riposo interiore. Tale pratica ha grande affinità a quella degli yogi dell’India. L’esercizio sul respiro (pranayama), la meditazione costante (dhyana), servono agli yogi a raggiungere l’estasi (samadhi). Gli esicasti, invece, fissarono l’attenzione sul loro ombelico, da cui ha origine il loro nome grecoomfalopsyichi (da omphalos «ombelico» e psychè «anima») e latino ombilicari. In confronto alle nostre abitudini occidentali, secondo cui siamo soliti vedere l’essenziale dell’uomo nel suo petto , vi è dunque un cambiamento e un passaggio importante: dal cuore al ventre. Va ricordato che anche in Giappone, il centro dell’essere è lo hara, un punto situato poco al di sotto dell’ombelico.

Combinati con la salmodia delle formule rituali (Kyrie eleison, Christe eleison, ecc.) l’esercizio sul respiro (analogo al fluxus o espirazione del canto gregoriano) e l’attenzione fissa dello sguardo sull’ombelico, gli esicasti riempiono i loro occhi di una luce che essi paragonano a quella che aveva avvolto Gesù sul Tabor, in occasione della Trasfigurazione.

Dapprima criticati come euchiti (membri di una setta gnostica comparsa in Asia Minore verso la metà del IV secolo, i quali non credevano  che alla virtù salvatrice della preghiera), gli esicasti furono difesi da Gregorio Palamas, il quale riteneva che Dio abitasse in una luce eterna «distinta dalla sua essenza», e dunque condivisibile con tutti. La sua tesi fu approvata da due concili, nel 1341 e nel  1351. Gli esicasti non furono più considerati eretici, a differenza dei quietisti occidentali. Risalta qui la differenza tra l’Oriente contemplativo e mistico, e l’Occidente che non ha gli stessi gusti e le stesse preferenze.

A conclusione di questa breve esposizione, mi sembra interessante considerare le affinità che esistono tra la meditazione esicastica e quella yoga, non solo nei mezzi utilizzati, ma anche nello spirito stesso che la anima e la sostiene. La forte somiglianza tra le tecniche psico-fisiche dell’esicasmo e quelle dello yoga è stata riconosciuta da Mircea Eliade, che arrivò a stabilire l’esistenza di un problema vero e proprio; gli studiosi sono infatti incerti se proporre un’influenza diretta dell’antico Oriente sull’esicasmo o ipotizzare una riscoperta spontanea di preliminari ascetici e modi di preghiera.

Le analogie sono evidenti. Il ritirarsi seduti, in una cella tranquilla, come raccomandano i monaci del Monte Athos, richiama facilmente il celebre versetto della Hathayoga-pradîpikâ:

«Chi si accinge a praticare lo Yoga deve porsi al centro di una piccola cella solitaria, libera da rocce, acqua e fuoco»

L’attenzione al controllo del respiro e ai suoi effetti sul piano mentale ci riporta al prânâyâma, mentre la ripetizione del Nome corrisponde alla ripetizione del mantra nella tradizione orientale; il tema del cuore, fondamentale nell’esicasmo, è ben presente anche nella fisiologia mistica indiana, quale anāhata - chakra, il centro psico-fisico, il cui risveglio è caratterizzato da un sentimento di amore universale per tutti gli esseri.

Su un piano meno tecnico possiamo infine notare come entrambe le tradizioni spirituali si presentano come vie di salvezza per liberare l’uomo dalla sofferenza: guidano il praticante attraverso un cammino ascetico graduale e articolato, che utilizza il corpo come strumento di trasformazione interiore, e permette di raggiungere l’unione con il Divino, l’estasi.