Record negativo in luglio per la bilancia commerciale statunitense. Il peggior risultato di sempre
Rallenta l'economia, ma reggono i consumi grazie all'import. Quasi 20 miliardi il deficit commerciale nei confronti della sola Cina a cui Washington continua a chiedere un aprrezzamento dello Yuan
Record negativo per la bilancia commerciale Usa: a luglio ha raggiunto la stratosferica cifra di 68 miliardi di dollari, il più grande disavanzo commerciale di sempre. Il dato, diffuso ieri dal dipartimento del commercio americano, si spiega con la sensibile impennata delle importazioni - arrivate al primato storico di 188 miliardi di dollari (+1,9 miliardi rispetto al mese di giugno) - unita alla flessione delle esportazioni, che per la prima volta in cinque mesi hanno fatto registrare un cambio di tendenza attestandosi a poco meno di 120 miliardi di dollari (-1,3 miliardi). I risultati, resi pubblici dal rapporto sul commercio estero, hanno spiazzato la maggioranza degli analisti che prevedevano un deficit di 65,5 miliardi di dollari, inferiore dunque al precedente record di 66,6 miliardi che si registrò nell'ottobre del 2005 in seguito alle devastazioni dell'uragano Katrina e del conseguente apprezzamento del costo del greggio. Questa volta però non è sola colpa del petrolio: se è vero, infatti, che il deficit petrolifero è aumentato del 4,3% (facendo segnare un nuovo primato), quello relativo ai prodotti non petrolieri è cresciuto di oltre il 5%. La locomotiva a stelle e strisce dà segnali di rallentamento, tanto più preoccupanti se si considera che a scricchiolare sono anche i settori tradizionalmente forti come l'industria dell'aviazione commerciale (-603 milioni di dollari), da sempre trainata dalla Boeing, il più grande esportatore nazionale. Male anche il comparto tecnologico: le esportazioni di computer e accessori si sono ridotte di 442 milioni di dollari, mentre un altro settore importante quello delle forniture e dei materiali industriali ha visto una contrazione di 593 milioni.
Gli Usa vantano un risicato surplus con Hong Kong 0,7 miliardi di dollari (-0,2 rispetto a giugno), Australia 0,7 miliari (+0,1) e Argentina 0,1 miliardi (invariato rispetto a giugno). Sul lato opposto però è schierato un imponente fronte di creditori guidato dalla solita Cina, che sfoggia un surplus verso gli stai uniti di 19,7 miliardi di dollari (-0,1), c'è poi l'Europa con 15,6 miliardi (+4,9), e ancora la Ue con 13,4 miliardi (+4,4), l'Opec 10,9 (+0,7) fino ad arrivare al Giappone con 7,6 miliardi di surplus (+0,6).
La disastrosa bilancia commerciale rappresenta ormai un'anomalia «abituale» per gli Usa: a parte i ripetuti appelli a Pechino -ritenuta la causa di tutti i mali - affinché rivalutasse lo Yuan, nessuna amministrazione - meno che mai quella Bush - ha considerato come obiettivo primario quello di equilibrare le dinamiche del commercio con l'estero lasciando in sostanza il deficit commerciale libero di sprofondare senza alcun limite. In soli sei anni - nel 1999 ammontava a 255 miliardi di dollari - il disavanzo è più che triplicato, e a fine di quest'anno potrebbe sfondare i 700 miliardi. Una situazione che manderebbe a gambe all'aria qualsiasi altro paese al mondo, ma che non riveste un importanza particolare nell'agenda della Casa Bianca. L'America si è sempre avvantaggiata del fatto che il mondo contasse in dollari, in sostanza, a fronte di una massiccia importazione di beni, gli Usa hanno esportato il biglietto verde e la stabilità monetaria ad esso legata. Ma qualcosa è cambiato. Pochi giorni fa proprio la Cina - che detiene le più grandi riserve monetarie in dollari - ha duramente attaccato la valuta statunitense dichiarando attraverso il direttore dell'Istituto di ricerca economica nazionale di Pechino, Fan Gong, «che il dollaro non è più un appiglio stabile nel sistema finanziario globale, né è probabile che lo stesso torni ad esserlo e quindi è il momento di cercare un'alternativa». Una minaccia che se realizzata potrebbe mettere in ginocchio quella che è ancora consideratala più grande potenza economica al mondo. Ma gli states per il momento preferiscono non pensarci: le borse Usa ieri si sono comportate come se nulla fosse successo, anzi come se avessero ricevuto una buona notizia: Nasdq +1,35%, Dow Jones + 0,73.
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