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L’enigma dei sette ponti di Königsberg alle origini della moderna topologia

di Francesco Lamendola - 06/03/2016

Fonte: Il Corriere delle regioni


 

 


 

La città che oggi si chiama Kaliningrad, che fa parte della exclave russa sul Mar Baltico, fra Polonia e Lituania, e che è abitata interamente da Russi, venne fondata, intorno alla metà del 1200, dai Cavalieri dell’Ordine Teutonico, che poi ne fecero la loro sede ufficiale, col nome di Königsberg (letteralmente: “la collina del Re”, nome che contraddistingue anche altre città tedesche), e che sarebbe diventata il capoluogo della Prussia Orientale.

Fra i suoi cittadini illustri, si ricordano il più grande filosofo dell’Illuminismo, Inmmanuel Kant (1724-1804); E. T. A. Hoffmann (1776-1822), uno dei massimi scrittori romantici; i matematici Christian Goldbach (1690-1764), Ludwig Otto Hesse (1811-1874), Alfred Clebsch (1833-1872) e David Hilbert (1862-1943); il fisico Gustav Robert Kirchoff (1824-1887); l’architetto Bruno Taut (1880-1938) e la scrittrice Gertrud Papendick (1890-1982), della quale torneremo a parlare non appena ci sarà possibile, che ha avuto il merito di tenere acceso il ricordo del passato tedesco e della cultura tedesca della città, dopo che Stalin ne aveva voluto la totale russificazione, espellendo tutti i suoi abitanti originari e importandovi migliaia di immigrati da ogni parte dell’Unione Sovietica, e dopo che molti, in Germania, avevano rimosso o dimenticato quelle vicende, col risultato che moltissimi giovani le ignoravano (e le ignorano) completamente.

Era, pertanto, una città carica di storia e di cultura - oltre che un grosso centro commerciale, specializzato nella fabbricazione dell’ambra, una sostanza fossile ricavata dalla resina del pino -, con il castello del’Ordine Teutonico (spianato nel 1968 per fare posto alla “Casa dei Soviet”), la grandiosa Cattedrale gotica, eretta fra il 1327 e il 1380, le poderose porte medievali (delle quali ne restano sette) e l’antica Università, fondata nel 1544 e detta Albertina perché voluta da Alberto di Prussia, ultimo Gran Maestro dell’Ordine e primo duca di Prussia, dopo che i beni dell’Ordine stesso, con la Riforma luterana – alla quale egli aderì prontamente – vennero secolarizzati. La sua crescita demografica ricevette un notevole impulso ai primi del Settecento, quando il primo re di Prussia, Federico Guglielmo, incoraggiò l’immigrazione di molti protestanti austriaci dalla città di Salisburgo, costretti a lasciare la loro città natale a causa delle persecuzioni degli Asburgo cattolici. Politicamente, rivestì un ruolo importante durante le guerre napoleoniche, perché fu il centro della riscossa prussiana contro Napoleone, dopo che Berlino era stata occupata dai Francesi il 27 ottobre 1806, in seguito alla loro schiacciante vittoria nella battaglia di Jena, che aveva infranto il mito della invincibilità prussiana.

Geograficamente, Königsberg - che, nonostante la posizione settentrionale, gode di un cima nel complesso mite - sorgeva sulle rive del fiume Pregel, in prossimità di due isole, su una delle quali, chiamata Kneiphof, venne costruita la Cattedrale. Dunque, l’intero centro urbano si poteva suddividere in quattro settori: quello a nord del Pregel, quello a sud, e le due isole fluviali nel mezzo. I quattro quartieri erano collegato fra di loro da sette ponti, che costituivano una passeggiata ideale, specialmente alla domenica, dopo le funzioni religiose, con lo sfondo dei vecchi palazzi, delle torri e delle guglie delle chiese luterane. Non si sa se anche Kant, culture della salutare passeggiata quotidiana con una precisione tale, da essere chiamato “l’orologio di Königsberg”, se lo fosse domandato: ma è certo che molti abitanti si chiedevano, a mo’ d’indovinello matematico, se esistesse la possibilità di fare il giro della città, passando per ciascuno dei suoi sette ponti, ma una volta sola, e poi ritornare al punto di partenza.

L’indovinello era così stuzzicante, che in molti si erano provati a risolverlo, ma nessuno ci era riuscito, finché la cosa non giunse agli orecchi del più grande matematico dell’epoca illuminista, Leonhard Euler (nato a Basilea nel 1707 e morto a San Pietroburgo nel 1783), noto in Italia semplicemente come Eulero. Proprio per la sua brillante soluzione del quesito dei ponti di Königsberg, Eulero viene considerato - fra le molte altre cose - il padre di quel particolare ramo della matematica che è la topologia, ossia la scienza che studia le proprietà delle figure e delle forme che non subiscono mutamenti, pur in presenza di una deformazione spaziale, purché questa avvenga in maniera “morbida”, vale a dire senza strappi. Abbiamo già avuto occasione di occuparci di un interessante problema topologico, il cosiddetto teorema dei quattro colori (cfr. il nostro precedente articolo: «Il teorema dei quattro colori pone un arduo quesito sul rapporto fra matematica e tecnologia», pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 15/12/2013, ripubblicato su «Il Corriere delle Regioni» il 16/12/2013); ora vogliamo soffermarci su un altro problema classico della topologia, quello – appunto - dei ponti di Königsberg.

La soluzione data da Eulero al quesito dei ponti, o meglio, la sua dimostrazione che non esiste soluzione, cioè che non è possibile percorrere tutti e sette i ponti della città passando per ciascuno di essi una sola volta, scaturisce direttamente dalla sua teoria dei”grafi”, a causa del grado dispari dei “nodi” esistenti. Innanzitutto, si chiamino “nodi” i quattro quartieri cittadini, “spigoli” i sette ponti, e “gradi dei nodi” il numero degli spigoli che uniscono i nodi stessi. I gradi, nella situazione data, sono 3, 3, 5 e 3: vale a dire che  dai nodi A, B e D partono (e arrivano) tre spigoli, mentre dal nodo C si dipartono ben cinque spigoli. Eulero esaminò una serie di situazioni alternative, con un diverso numero di nodi e di spigoli, e giunse alla conclusione che un determinato grafo è percorribile se ha tutti in nodi di grado pari, o se solo due sono di gradi dispari (e, in quest’ultimo caso, si deve partire da uno di essi e terminare sull’altro). Ora, tutti e quattro i nodi di Königsberg sono di gradi dispari (tre e cinque), dunque la soluzione dell’indovinello relativo ai ponti non esiste.

La questione è stata bene esposta da Vinicio Villani, già docente di Geometria e Didattica della Matematica nelle Università di Geova e Pisa, alla voce «Topologia» della «Enciclopedia Europea» (Milano, Garzanti, 1981, vol. XI, pp. 337, 339-340):

 

«Topologia, termine introdotto nel 1836 dal matematico tedesco J. B. Listing per designare quel ramo della matematica  che in precedenza veniva chiamati “analysis situs”; le due denominazioni hanno continuato a essere usate  come sinonimi sino ai primi anni del Novecento, quando infine “analysis situs” è caduto in disuso. L’inizio della topologia si fa risalire comunemente a Eulero, che nel 1786 risolse con metodi topologici il celebre “problema dei ponti di Königsberg”. […]

Ci proponiamo di illustrare un po’ più in dettaglio problematiche e metodi della topologia combinatoria e algebrica, sulla base di alcuni classici problemi, a cominciare dal più antico di essi, quello dei ponti di Königsberg, che ai tempi di Eulero rappresentava una specie di rompicapo per gli abitanti della città. Il fiume Pregel divide Könisgberg (oggi Kaliningrad) in quattro parti, che ai tempi di Eulero erano collegate tra loro da sette ponti: il problema, che nessuno riusciva a risolvere, consisteva nel trovare un cammino che attraversasse ogni pinte esattamente una volta; non veniva precisato se il punti di partenza e quello di arrivo del cammino dovessero trovarsi in una medesima parte della città oppure no.

Sarebbe stato possibile convincersi che il problema non ammetteva soluzioni, facendo un elenco completo di tutti i cammini che non comportavano attraversamenti ripetuti di alcun ponte e constatando quindi esplicitamente che nessuno di questi cammini soddisfaceva alla condizione del problema. Il procedimento sarebbe stato però assai laborioso, dati il gran numero di cammini da esaminare; inoltre un procedimento dimostrativo di questo tipo non avrebbe fornito alcuna indicazione significativo sui motivi di fondo per cui questo problema era insolubile, mentre analoghi problemi – relativi a configurazioni diverse dei ponti – potevano essere risolti.

Il merito principale di Eulero sta nell’aver riconosciuto il carattere topologico del problema., osservando che erano inessenziali tutte le questioni di distanza e di forma delle zone in cui la città restava divisa dal fiume, e nell’aver quindi schematizzato la situazione con quello che noi oggi chiamiamo un “grafo”: i nodi del grafo simboleggiano le quattro zone della città; gli spigoli simboleggiano i sette ponti che le collegano. Ora, è facile osservare che ogniqualvolta un cammino passa attraverso un nodo, vengono utilizzati esattamente due spigoli che confluiscono ne modo, uno per l’arrivo, uno per la partenza); quando invece un cammino inizia o termina in un nodo, viene utilizzato un unico spigolo (rispettivamente di partenza o di arrivo). Tenendo conto di questo fatto, e chiamando “valenza” di un nodo il numero degli spigoli che vi confluisco none segue che un cammino passante una e una sola volta per tutti gli spigoli può esistere solo in due casi: o tutti i nodi hanno valenza pari (e allora il cammino può iniziare e finire in uno qualunque dei nodi del grafo), o tutti i nodi, a eccezione di due, hanno valenza pari, mentre i rimanenti due nodi hanno valenza dispari (e allora il cammino deve iniziare in uno dei nodi di valenza dispari e terminare nell’altro). Poiché nel grafo dei ponti di Königsberg vi sono più di due nodi di valenza dispari, resta dunque dimostrato che il problema è privo di soluzioni.»

 

L’eleganza della dimostrazione di Eulero è contenuta, “in nuce”, nella sua maniera caratteristica di porre il problema: eliminando tutti i fattori non essenziali (come la grandezza dei nodi o la posizione reciproca degli spigoli) e ponendolo sul piano del ragionamento matematico “puro”, dove essenziali sono solo i rapporti reciproci delle figure e delle forme nelle loro proprietà immutabili. Inoltre, in essa vi è sia una componente pragmatica, laddove Eulero ha passato in rassegna una serie di possibilità alternative, sia teorica, laddove ha formulato una legge matematica universalmente valida, dalla quale discende la risposta non solo al quesito dei ponti di Königsberg, ma a qualsiasi altro quesito matematico avente caratteristiche analoghe.

Senza voler riprendere qui le riflessioni già svolte a proposito del teorema dei quattro colori, non si può non notare come l’informatica abbia, ai nostri giorni,  notevolmente cambiato la prospettiva della scienza topologica. Con un modesto calcolatore elettronico, problemi come quello dei ponti di Königsberg, che hanno intrigato e imbarazzato intere generazioni, si possono risolvere in un batter d’occhi: senza, però, quella intima soddisfazione intellettuale, e - diciamolo pure - senza quella forma di appagamento, anche estetico, che derivano solo da una dimostrazione logica ben condotta. In fondo, la topologia è un ramo della geometria, più che della matematica, che attira soprattutto le intelligenze portate, sì, all’astrazione logica, ma anche alla sua “visualizzazione” nello spazio, e sia pure in uno spazio ideale, sgombrato di tutto ciò che è matematicamente inessenziale.

C’è poi un altro aspetto della cosa, cui ci piace accennare, anche se siamo consapevoli di spingerci molto al di là della normale argomentazione matematica: quello afferente la sfera del mistero. Fino a quando Eulero non chiarì l’enigma dei sette ponti di Königsberg, esso aveva qualche cosa di misterioso e di affascinante, proprio perché suggeriva l’ambigua contiguità fra lo spazio concreto e quotidiano - quello di una serena passeggiata domenicale da un quartiere all’altro, su e giù per i ponti cittadini – e quello ideale della matematica, fatto di ragionamento puro. Vogliamo dire che, fino a quando Eulero non fornì la soluzione topologica, i cittadini di Könisberg potevano sentirsi, un poco, gli spettatori, e forse i protagonisti, di una specie di gioco matematico la cui soluzione pareva sempre a portata di mano, ma continuava a sfuggire, ciò che ha qualche relazione con il senso del mistero, come ce l’hanno i miraggi nel deserto, o i racconti di remote terre leggendarie. Sciogliendo l’enigma, in un certo senso, Eulero ha fatto quel che ha fatto il navigatore James Cook, e proprio negli stessi anni, con le sue ardite navigazioni fino ai limiti del Circolo Polare Antartico, sfatando definitivamente il mito della favolosa Terra Australis Incognita (cfr. il nostro articolo: «Alexander Dalrymple fu l’ultimo geografo ad abbandonare il mito della Terra Australe», pubblicato sul «Corriere delle Regioni» il 10/06/2015). E, se le conoscenze umane si riarricchiscono in seguito a simili acquisizioni, è però innegabile che vada perduto, di contro, qualche cosa, sul piano dell’immaginazione e della fantasia. Quel che ci domandiamo, sommessamente e con tutta la necessaria umiltà, è se il gioco, posto in questi termini, valga sempre e comunque la candela. Non intendiamo fare l’elogio della “santa ignoranza”: il Cielo ce ne guardi. Ci stiamo invece chiedendo se il Logos strumentale e calcolante, che tende ad affermare se stesso mediante l’esclusione di ogni altra forma di conoscenza, meriti di venire adorato come quel Dio tirannico che pretende di essere...