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I misteri dell'attentato di Parigi del 13 novembre 2015. E non solo

di Giulietto Chiesa - 20/03/2016

Fonte: Megachip


L'intera narrazione ufficiale delle Stragi di Parigi del 2015 è stata inquinata da disinformazione, manipolazione, distrazione di massa. Ecco i fatti.

A inizio 2015 scrissi un saggio e pubblicai un video su Pandora TV, intitolato "I Misteri di Parigi". Si riferiva alla tragedia del Charlie Hebdo del gennaio di quell'anno.   Avendo studiato a fondo gli eventi dell'11 settembre 2001, avevo la certezza che alle mie domande sul caso Charlie Hebdo non ci sarebbe stata risposta. I misteri dell'epoca dell'inganno universale non sono rivelabili. La società intera dell'Occidente esploderebbe se la verità venisse scoperta. Si può solo, testardamente, accumulare gl'indizi che dimostrano che essa non corrisponde a ciò che ci lasciano vedere e che ci costringono a credere. Le conseguenze le lascio a coloro che tramano contro di noi. Ma allora non potevo nemmeno immaginare che avrei raggiunto la certezza della validità dei miei dubbi solo qualche mese dopo averli espressi. Ora possiamo affermare che l'intera narrazione ufficiale degli eventi del Charlie Hebdo - insieme alle sterminate narrazioni "derivate" che la stampa e tutti gli organi del mainstream hanno prodotto - sono opera di disinformazione, di manipolazione, di distrazione di massa. Il ministro degli interni francese, Bernard Cazeneuve, dopo adeguata meditazione, ha infatti deciso che l'indagine in corso per accertare tutte le responsabilità di quella strage doveva essere fermata, chiusa a chiave, archiviata. La motivazione? "Segreto militare" [1]. È del tutto evidente che il segreto militare serve, per l'appunto, acoprire delle responsabilità. Ovvio che non si tratta delle responsabilità dei "terroristi" che hanno fisicamente preso parte all'azione delittuosa. Il termine "preso parte" è sufficientemente indistinto e tale da consentire interpretazioni molto diverse l'una dall'altra. Può voler dire: partecipazione consapevole, attiva, progettuale, ecc; può anche voler dire partecipazione inconsapevole, involontaria, "colposa"; può voler dire partecipazione coatta. Tutte queste possibili - ed eventuali - forme di partecipazione devono essere indagate, chiarite, scoperte. È la sostanza dell'indagine: quella che può consentire di risalire alle motivazioni, alle complicità, ai mandanti, a coloro che hanno tramato. Il "segreto militare" non può essere invocato in alcun caso tra quelli sopra elencati. Esso viene invocato perché serve a coprire responsabilità delle autorità, degli organi di polizia, dei servizi segreti. Non serve di certo agl'interessi della democrazia. Dunque la decisione di Cazeneuve è la prova che in una qualche fase del massacro dei giornalisti di Charlie Hebdo, e dell'assalto al grande magazzino casher, vi sono statecomplicità, mancanze, errori da parte di organi dello Stato o di altri Stati. Ma, le mancanze e gli errori dovrebbero - una volta individuati - non solo essere perseguiti con il massimo rigore, ma anche resi pubblici per evitare che si ripetano, per essere corretti, eliminati. Le indagini si fanno per questo. Dunque anche in questi casi non è concepibile il ricorso al "segreto militare" per fermare l'indagine. Restano le complicità. Ma questo significa qualche cosa che non ha più nulla a che vedere con un attentato terroristico "islamico". Significa che uno o più organi di Stato sono stati complici, o hanno costruito essi stessi l'attentato terroristico. Cioè hanno attentato alla vita dei propri cittadini, li hanno uccisi. Non si commette un tale crimine se non per sovvertire, per dirottare il corso della politica interna, o estera, o entrambe, o l'assetto costituzionale. Gli autori hanno dunque fatto uso della presenza di capri espiatori di religione islamica per creare un clima di odio contro gli stranieri o gl'immigrati. Ma la restrizione delle libertà e dei diritti, ottenuta in questo modo, può essere indirizzata contro i lavoratori, o i cittadini che protestano per le loro condizioni di vita. In Italia questo modo di operare è stato battezzato da gran tempo con il nome di "strategia della tensione". Negli Stati Uniti ha preso il nome di "false flag operation" (operazione sotto falsa bandiera). Dunque Charlie Hebdo è qualcosa di simile a un buco nero nel quale è ormai impossibile guardare in profondità. E c'è più d'un motivo, come vedremo, per pensare che anche la mattanza del 13 novembre 2015 sia un altro buco nero nel quale non potremo guardare perché ce lo impediranno. Anzi ce lo hanno già impedito, come accade in tutte le false flag operations, creando un'ondata emotiva gigantesca, non più soverchiabile mediante il ragionamento, l'analisi, il ricorso ai fatti realmente accaduti. Tra i due buchi neriesiste una relazione? Cercheremo di capirla, se esiste, dissipando le ombre che li circondano e che si stanno già dilatando fino a oscurare tutto il panorama europeo. E già questa sola constatazione induce a più d'una riflessione. Come è possibile che l'azione di un gruppetto di giovani e giovanissimi - tutti cittadini europei, per lo più di scarso livello d'istruzione, con poca o nulla preparazione professionale e militare, già noti alla polizia per piccoli crimini, insignificanti delinquenti comuni - che hanno agito apparentemente allo scoperto, abbia potuto produrre effetti internazionali così grandi da sconvolgere non solo la vita di centinaia di milioni di persone in Europa, paralizzando tutte le maggiori capitali, ma soprattutto modificando leggi fondamentali degli Stati, regole della convivenza civile. Nelle ricostruzioni della stampa li si è descritti come dei geni del male, mirabilmente capaci di usare tutti i vantaggi della vita quotidiana del XXI secolo; che sono riusciti a muoversi «nel fluido digitale e transnazionale mondo d'oggi , eludendo ogni sistema di sorveglianza, stabilendo contatti tra di loro, trasportando ingenti quantità di armi e di munizioni, pianificando le loro azioni in un modo impeccabile».[2] Trascuriamo l'enfasi retorica di queste quasi esaltanti (per i terroristi) narrazioni. C'è qualcosa di stranamente incongruo in questo tipo di ricostruzioni giornalistiche che, per altro, dilaga e gronda da tutti i mass media del mainstream Quasi che i giornalisti ignorino l'ovvio, e cioè che i terroristi erano quasi tutti già noti alla polizia, che non sembra avere fatto nulla per fermarli. È evidente, di primo acchito, l'analogia con il modo in cui gli eventi dell'11 settembre 2001 vennero "raccontati" al colto e all'inclita del mondo intero. Ma i giornalisti del mainstreamoccidentale hanno una scusa: non sapendo nulla dell'11/9 non potevano fare i confronti. Sebbene abbiano sfoderato continuamente l'analogia tra l'11/9 e il 13/11. I più anziani tra i lettori ricorderanno che i 19 terroristi musulmani dirottatori dei quattro aerei - anche loro, come questi ultimi disgraziati - riuscirono nell'impresa gigantesca di annullare le difese della massima potenza mondiale armati di temperini. Anche allora, dopo i quasi tremila morti del World Trade Center e del Pentagono, sopraggiunse il famigerato USA Patriot Act, che cancellò in sostanza alcuni articoli fondamentali della Costituzione americana [3]. Pochi compresero il nesso. Ma oggi la sproporzione tra piccola causa e immensi effetti è di nuovo talmente stridente da non poter essere occultata. L'ultimo stato di emergenza in Francia risale al maggio del 1961, quando fallì il putsch di Algeri che avrebbe dovuto portare al rovesciamento del presidente Charles De Gaulle. Il solo fatto di mettere Hollande a confronto con De Gaulle sfiora la comicità. E entriamo nel merito dell'accaduto e del modo in cui è stato raccontato al grande pubblico europeo. Intanto ricordando che l'importante settimanale Paris Matchaveva previsto l'«11 settembre francese» un mese e 11 giorni prima che avvenisse, cioè il 2 ottobre. E lo aveva fatto attraverso un'intervista con il capo del pool antiterrorismo francese, il giudice Marc Trévidic. Che aveva profetizzato: «Gli attacchi alla Francia saranno su una scala dell'ordine di grandezza dell'11/9». Si dirà che era il suo mestiere quello di fare previsioni. Ma la sua posizione, il suo incarico, davvero non gli davano strumenti e possibilità di fronteggiare una tale banda di assai improbabili strateghi del terrore? Questa previsione non fu, del resto, l'unica e isolata. Risulta che proprio quella mattina, era in corso un'esercitazione di difesa civile che avrebbe impegnato polizia, personale medico, pompieri, nel centro di Parigi, per fare fronte alle conseguenze di un'azione terroristica su larga scala. Ne dava notizia France.info, mandando in onda la dichiarazione di talePatrick Pelloux. [4] Circostanza doppiamente singolare, perché Pelloux impazzò una prima volta su YouTube pochi minuti dopo ilmassacro di gennaio, per essere stato sul luogo della mattanza,scampato per miracolo, nella sua qualità di tecnico medico per l'emergenza. «Eravamo preparati», dice Pelloux, a novembre. Lasciando il forte sospetto che fosse stato "preparato" anche nei pressi della redazione di Charlie Hebdo, in gennaio. Ed è solo una delle tante singolarità di quel giorno fatale. Come ha scritto, con una buona dose di sarcasmo, Roberto Quaglia, «viva le coincidenze! Perché chi ha mai detto che non possa essere una coincidenza il fatto che tutte le volte si verifichino esattamente le stesse coincidenze?» [5] Infatti le analogie, o coincidenze, delleesercitazioni militari parallele agli attentati terroristici, sono una costante inquietante da non perdere d'occhio. Cioè se per caso vi capiterà di sapere che è in corso, da qualche parte, un'esercitazione militare, cercate di stare alla larga: statisticamente c'è una discreta probabilità che si trasformi in un attentato terroristico. Se si guarda appena un po' indietro nel tempo di questi quindici anni di "lotta al terrorismo internazionale", si scopre chequasi tutti gli attentati terroristici di grandi dimensioni sono stati accompagnati da esercitazioni militari che si svolgevano nello stesso giorno, in perfetta coincidenza [6]. Quello che ci rivela lo strano personaggio Patrick Pelloux è la stessa, identica storia dell'11 settembre, quello vero, del 2001. Anche allora si scoprì, a posteriori, che in quella fatidica giornata erano state concentrate (in diversi casi addirittura mutandone la data originaria, come per farle coincidere tutte nello stesso giorno) una decina di esercitazioni militari di vario tipo, tutte destinate a scongiurare un atto terroristico identico a quello che si verificò proprio in quella giornata a New York e a Washington. [7] (Non mi soffermo su un fatto del genere, accertato, documentato, ma del tutto sconosciuto al grande pubblico mondiale. Invito soltanto chi avesse qualche dubbio di leggerne con attenzione le sintesi contenute nelle note). La stessa cosa, altrettanto identica, è stata accertata nel caso dei quattro attentati simultanei di Londra del 7 luglio 2005. In quel caso i "terroristi" parcheggiarono la macchina a Luton, per prendere il treno alla volta di Londra. Lasciando il bollo orario sul parabrezza, come se avessero in programma di tornare a casa propria, la sera, e non di finire i loro giorni facendosi esplodere in mezzo alla gente ignara. Tutti e quattro muniti di zaini , di quelli che sono in uso tra gli studenti di ogni scuola europea. Tre di questi zaini esploderanno in tre diverse stazioni della metropolitana di Londra. Il quarto zaino, quello sulle spalle del diciottenne Hasib Mir Husain, incontra una sorte leggermente diversa. Il ragazzo è salito su un autobus a due piani. Che si ferma inopinatamente su una piazzuola di sosta, in quel di Tavistock. Non è stato possibile sapere se il conducente abbia preso la decisione dopo avere sentito alla radio ciò che stava accadendo nel metro, o quali altri motivi possano averlo spinto. Fatto sta che i passeggeri dell'autobus, quelli che sopravvivranno all'esplosione, raccontano che il giovane Hasib si era messo a frugare affannosamente nel suo zaino, fino a che anch'esso, come i tre precedenti, gli esploderà in faccia provocando la quarta strage di quel giorno. Si seppe in quello stesso pomeriggio che quella mattina era già in corso una esercitazione "di prova" che doveva permettere agli oltre 1000 partecipanti di reagire tempestivamente a un quadruplice attentato dinamitardo in quattro stazioni della metropolitana. Non è una supposizione. A riferirlo fu infatti un protagonista diretto: Peter Power, il direttore esecutivo della ditta privata, -la Visor Consultants - che stava effettuando l'esercitazione. La stupefacente rivelazione fu trasmessa la sera del 7 luglio dallaBBC Radio 5 (Live's Drivertime Program), e poco dopo in televisione sul canale ITV ma non destò l'attenzione di nessuno.

P. Power: Alle 9:30 stamani eravamo infatti in piena esercitazione, per una società che conta più di mille persone a Londra, un'esercitazione basata su delle bombe sincronizzate e pronte a esplodere esattamente in quelle stesse stazioni della metropolitana dov'è accaduto stamattina. Mi si rizzano ancora i capelli in testa. ITV: Per esser più chiari, avevate organizzato un esercitazione per sapere come gestire tutto ciò ed è capitato mentre conducevate tale esercitazione? P. Power: Esatto, erano circa le 9:30 stamani. Avevamo pianificato questa esercitazione per una società, per evidenti ragioni non vi dirò il suo nome, ma sono davanti alla TV e lo sanno. Eravamo in una sala piena di gestori della crisi che si incontravano per la prima volta. In cinque minuti abbiamo realizzato che quel che succedeva era vero e abbiamo attivato le procedure di gestione della crisi in modo da passare dalla riflessione lenta alla riflessione rapida, e così via.
Poi, per oltre tre anni, sulla rivelazione cadde il silenzio. Solo nel 2008, precisamente il 3 settembre, Peter Power ci ritornò sopra in una conversazione sul J7 Blog Post, e poi ancora il 3 ottobre, con molti particolari. Non risulta che sia mai stato interrogato dagli inquirenti britannici, evidentemente non meno "distratti" dei francesi che condussero le indagini sui due attentati parigini del 2015. [8]Non meno singolare coincidenza fu quella che si verificò nell'attentato della maratona di Boston il 15 aprile 2013. Anche in quel caso si scoprì, nel mutismo generale dei media, che c'era statain contemporanea una esercitazione di presunta difesa civile. In uno dei filmati che il web mise quasi immediatamente in circolazione apparivano ingranditi due dispacci del Boston Globe, che, uno dietro l'altro, pochi minuti prima della tragedia, raccontavano una notizia sconvolgente: «La polizia effettuerà una esplosione controllata al n. 600 di Boylston Street». E, pochi minuti prima di questo, un altro dispaccio citava funzionari di polizia che annunciavano una «esplosione controllata, tra un minuto, di fronte alla biblioteca, come parte delle attività di una squadra di artificieri». In altri termini la polizia di Boston effettuava esplosioni "controllate" nel bel mezzo di una manifestazione sportiva piena di gente e in contemporanea con un attentato terroristico dove esplodeva, sul serio, una bomba in mezzo alla gente. [9] Dove non si riesce a scegliere se fossero più stupidi coloro che inventarono una tale imbecille operazione o i giornalisti che la trovarono normale, o i magistrati che la ignorarono. Anche in questo caso il mainstream(americano e, sulla sua scorta, anche quello mondiale) si bevve con gusto il brodino delle versioni ufficiali, esattamente com'era accaduto con la storia dell'antrace subito dopo l'11 settembre 2001, escludendo da ogni verifica le vertiginose incongruenze delle ricostruzioni poliziesche. Anche in quel caso, di Boston, uno dei due presunti attentatori (di cui fu subito sottolineata l'origine cecena, sebbene entrambi i ragazzi avessero avuto contatti assai sporadici con la madre, che ancora viveva a Grozny) venne ucciso, mentre "opponeva resistenza", nelle ore immediatamente successive, sebbene siano ancora visibili, sul web, le immagini che mostrano il suo arresto, mentre viene fatto salire su un'auto della polizia, completamente nudo e ammanettato. E emerse che anche lui era sotto controllo della polizia da parecchio tempo. Il fratello minore è seppellito nelle prigioni americane e non potrà più parlare per il resto dei suoi giorni. Nessuno riuscì a escogitare le motivazioni che avrebbero spinto i due "capri espiatori" a compiere quel gesto. Esiste, in compenso, un'impressionante documentazione fotografica che mostra la presenza, sul luogo dell'esplosione, in mezzo alla folla, di un gruppo paramilitare denominato Craft International, facilmente identificabile per abbigliamento e distintivi, che ha per emblema un teschio e per aforisma identificativo il seguente: "La violenza risolve i problemi". Il gruppo compare all'inizio dotato di zaini neri e, alla fine, gli zaini non ci sono più, mentre i corpulenti giovanotti della Craft International salgono tranquilli su un furgone nero. [10] La storia e la cronaca di questi ultimi 15 anni ci autorizza, come minimo, alla diffidenza. Ma, tornando ai tragici eventi parigini del 2015, non si può evitare di raccogliere alcune altre "stranezze" inspiegabili (cioè a cui è difficile dare risposta anche prestando piena fiducia ai racconti ufficiali e ufficiosi elargiti al grande pubblico). Si tratta per lo più d'informazioni che si possono trovare solo sul web. Il quale, pur essendo luogo aperto a ogni fantasticheria, manipolazione, provocazione, contiene anche una parte rilevante di dati che è possibile, con qualche ingegno, andare a verificare e che, proprio per questo motivo, il mainstream ignora pervicacemente. Si veda, ad esempio, il ruolo giocato da uno dei santuari di Internet, Wikipedia. Che questa volta supera se stesso. Infatti chi fosse andato su Wikipedia la sera del 13 novembre 2015 vi avrebbe trovato, alle 23:06, uno scritto che riferiva che «il Presidente francese ha dichiarato lo stato di emergenza e chiuso i confini dell'intera Francia». Sfortunatamente la dichiarazione di Hollande sarà resa pubblica soltanto alle 23:58, cioè 52 minuti dopo la pubblicazione di Wikipedia. L'autore dell'articolo è anonimo, ma ha un numero che lo tradisce (e permetterebbe di identificarlo). Il numero è 82.45.236.70. Non risulta che gl'inquirenti siano andati a cercarlo e a interrogarlo, ma si ha ragione di dubitare di questa eventualità. Eppure sarebbe interessante risalire alla sua identità, visto che costui o costei sembra conoscesse in anticipo molte cose che sarebbero accadute quella sera. Non tutte ma molte. Probabilmente troppe. Costui o costei lavorò (lavorarono?) freneticamente per diffondere informazioni sull'attentato terroristico praticamente in tempo reale. Il massacro comincia alle ore 21:16. Se si va a leggere il primo dispaccio, delle 23:06, si scopre che il fantomatico scrittore è un "giornalista" straordinario che non solo riesce a dare in anticipo il testo di una dichiarazione esatta del Presidente francese, ma che, in due ore e 50 minuti, fornisce una descrizione degli eventi con tutta una serie di particolari che nessun organo d'informazione, nessuna agenzia, nessun resoconto radiofonico aveva ancora registrato. Forniranno al pubblico di Wikipedia, tra le 23:06 e la mezzanotte del 14 novembre, ben 13 aggiornamenti di ciò che stava avvenendo a Parigi in quelle ore. Ma - altro evento singolare all'interno di un evento straordinario - alle ore 00:00 tutti i 13 aggiornamenti vengono cancellati e spariscono dalla pagina. Forse qualcuno si è accorto che il presidente francese aveva parlato "dopo" Wikipedia. Ma sarebbe bastato cancellare il dispaccio delle 23:06. Perché tutti e 13? Forse perché anche gli altri erano usciti troppo presto? O forse perché lo scopo era già stato raggiunto e non si voleva lasciare tracce? In ogni caso resta la domanda: perché lo fecero? Non è dato saperlo. Forse il loro scopo era semplicemente quello di usare l'autorità riconosciuta di Wikipedia per diffondere una determinata narrazione dell'evento, anticipando in pratica tutte le maggiori fonti d'informazione. Cioè "orientandole". E noi non sapremmo niente di tutto ciò se non fosse che qualcuno stava seguendo questo movimento di comunicazioni "anticipate" e, essendosi incuriosito, fece un back-up completo delle 13 versioni e ce le ha restituite intatte, per la nostra riflessione. [11] Dove si trovassero in quelle ore i signori e le signore che portano all'indirizzo IP/nome utente 82.45.236.70 non possiamo saperlo. Perché abbiano fornito questo servizio e poi lo abbiano cancellato è mistero ancora più fitto. L'unica cosa che si ricava dalla lettura dei 13 dispacci, poi cancellati, è che tutti insieme forniscono una versione precisissima, "arabo-musulmana", di ciò che è accaduto: i mostri che si aggirano per le strade di Parigi sono terroristi, suicidi, siriani, islamici. Per fermarli occorre lo stato d'emergenza. La sorpresa è assoluta, impossibile prevedere una cosa del genere. Nient'altro: è ora di piangere i morti, di dare sfogo a paura e dolore. La mattina del 14 novembre sarà questo il Leitmotiv del mainstream mondiale. Solo che, come già stiamo vedendo, in questa sintesi estrema molte cose non quadrano. Basterebbe aggiungere all'elenco gli avvertimenti, le anticipazioni, le soffiate, gli allarmi delle ultime ore, e dovremmo concludere che solo degli irrimediabili distratti o dei totali incapaci avrebbero potuto non avvertire puzzo di bruciato. Tanto più che - come s'è visto - gli stessi inquirenti, la magistratura, le forze dell'ordine, i servizi segreti, non solo quelli francesi, avevano addirittura proclamato urbi et orbi il pericolo imminente. Come interpretare, infatti l'allarme bomba che, quella stessa mattina del 13 novembre, fece sgomberare in tutta fretta la Gare de Lyon? E quello che, simultaneamente, fece sgomberare l'albergo in cui alloggiava la squadra di calcio della nazionale tedesca che doveva giocare quella sera contro la nazionale francese? Mettiamoci anche il reporter di Abu Dhabi Sports che, parlando dai bordi del campo poco prima dell'inizio della partita, riferisce che le autorità francesi hanno ricevuto una segnalazione circa una bomba allo stadio fin dal giorno prima. Perfino lui sapeva che qualcosa stava andando storto quella sera [12]. Del resto, sempre a proposito di stranezze stupefacenti, era dalla metà di agosto che l'allarme era stato lanciato e che l'allarme riguardava anche e specificamente il Bataclan, la"salle de spectacles" dove avvenne il grosso della strage. Lo rivela il già citato monsieur Trevidic, che è ora vice presidente dell'Alta Corte di Lilla, dopo avere interrogato un certo Reda Hame, arrestato dopo il suo ritorno dalla Siria. Doveva incontrarsi con Abdelhamid Abaaoud, ma sicuramente era molto ciarliero. Infatti rivela al magistrato che «il bersaglio più concreto di una prossimo attentato terroristico sarebbe stato una sala di concerti rock a Parigi». Il Bataclan, emerge, era stato indicato come un possibile obiettivo terroristico «almeno due volte in precedenza» [13]. E fa tre. Poi la tragedia, per molti, troppi, quasi tutti giovani e giovanissimi, uccisi. Sebbene il bilancio dei morti resti, al momento attuale, assai poco chiaro, così come del tutto misterioso è il bilancio e le caratteristiche della liquidazione della squadra di assassini. Ma è il racconto che non quadra, che contiene troppi tasselli inspiegabili. E