Con questo termine in Cina si è battezzato il tredicesimo piano di sviluppo economico della durata quinquennale da parte del Partito Comunista (rappresentato numericamente con la scritta 13.5). Il Presidente Xi Jinping ed il Primo Ministro Li Keqiang sono i due keymen di Pechino a cui è attribuibile la propulsione economica attesa dallo Shi San Wu. Ne abbiano già parlato anche in altri scritti, la Cina per il 2030 supererà di gran lunga gli Stati Uniti in termini di PIL: il governo cinese ha varato un ambizioso piano di riforme economiche volte a trasformare il Dragone Rosso entro cinque anni in un’economia matura con crescita sostenibile generata per la maggior parte da consumi interni. Sostanzialmente si vuole portare equilibrio ai drivers di crescita cinese incentrata per oltre quindici anni esclusivamente sulle esportazioni della propria industria manifatturiera e sugli investimenti infrastrutturali interni per grandi opere pubbliche finanziate con un elevato ricorso al debito di matrice statale oltre che aver dato spinta ed enfasi al mercato delle costruzioni residenziali e ai mercati finanziari cinesi, che ora sono accessibili (in parte) anche ad investitori istituzionali esteri. Il costo del lavoro per ovvie ragioni di contenimento delle tensioni sociali e per consenso politico si è lentamente elevato in questi ultimi anni, questo per consentire un tenore di vita più dignitoso che a sua volta diventi promotore di una crescita dei consumi interni che trova il suo fondamento proprio su un maggior reddito netto disponibile.
Naturalmente questo fenomeno economico di lievitazione dei costi di produzione diretti produce di pari passo una perdita di competitività per le aziende cinesi che iniziano a trovare più difficoltà a far assorbire il loro output produttivo in misura preponderante solo da partner commerciali esteri. Da questa consapevolezza e constatazione trova appunto il suo fondamento lo Shi San Wu, il quale è strutturato in cinque grandi macro aree di intervento strategico da parte del governo cinese. Al primo punto del piano quinquennale troviamo la ridefinizione della politica demografica che abolisce il vincolo del figlio unico. Proprio a causa di questa limitazione, adottata da Deng Xiaoping per sterilizzare la pressione demografica prodotta dal Grande Balzo in Avanti di Mao Tse Tung (ricordiamo l’aumento del 50% della popolazione in due decenni da 600 a 900 milioni), la Cina oggi è diventata una nazione con pericolosissimi squilibri demografici che già oggi impattano in misura significativa sull’invecchiamento (troppo precoce) della popolazione. Dare la possibilità di avere un secondo figlio avrà sicuramente conseguenze proattive sui consumi interni, pensiamo solo di che cosa hanno bisogno i neonati e che cosa questo comporta durante il loro intero percorso di crescita. Inoltre una famiglia cinese, sapendo di poter contare su quattro braccia che lavorano per la loro vecchiaia, si potrà permettere di diminuire la propria quota di risparmio familiare (leggasi come la dote di un tempo per il figlio unico) per dirottare parte dei risparmi invece verso investimenti non tradizionali ad alto ritorno economico (come ad esempio proprio la borsa).
Il secondo macro tema di intervento che si dovrà sviluppare è rappresentato dall’accrescimento dei consumi interni attraverso facilitazioni per il ricorso al credito al consumo e l’innalzamento dei salari ed egli stipendi. La ratio è quella di generare un circolo virtuoso per cui la perdita di competitività delle esportazioni cinesi sarà compensata da un maggior contributo alla crescita economica proveniente dalla spesa interna per i beni di consumo. Attenzione, perchè questa è tanto una scommessa quanto un azzardo ossia si deve confidare che questo risultato effettivamente si manifesti altrimenti le conseguenze in caso di insuccesso potrebbero produrre conseguenze catastrofiche tanto sul piano sociale quanto in quello finanziario. Il terzo tema dello SHI SAN WU è rappresentato dal contrasto alla povertà nelle aree rurali in cui ancora oggi sono presenti elevati differenziali rispetto alle aree urbane in termini di stile e benessere di vita dei nuclei familiari (un film del 1999 fa comprendere lo stato di povertà di molte province cinesi, “Non uno di meno” del regista Zhang Yimou). Andando avanti ancora troviamo il quarto tema ovvero gli investimenti istituzionali per la produzione di energia sostenibile, e questo è di vitale importanza a seguito dei valori ambientali di invivibilità che hanno tutte le grandi aree urbane cinesi. Per dare un elemento di giudizio considerate che i nostri livelli di intolleranza sono 1/50 di quelli che oggi caratterizzano i grandi agglomerati urbani della Cina: si sta diffondendo sempre più la moda di vendere lattine di aria compressa proveniente dal Canada o dall’Alaska per le strade come se si trattasse di un ristoro per i passeggiatori.
Per ultimo, come argomento core, abbiamo il mood verso le giovani generazioni, per dirla in parole povere, il governo cinese vuole farsi apprezzare dalle giovani generazioni e si vuole rendere disponibile ad ascoltarle. Pechino ha infatti paura che se dovessero scappare di mano le attese dello Shi San Wu si possa ripetere un’altra Piazza Tienanmen. Con le tecnologie mobili e digitali odierne sarebbe impossibile infatti la censura ad una nuova manifestazione di protesta giovanile (ancora ad oggi le cifre sono sconosciute, si parla tra i 7.000/12.000 morti) e soprattutto un intervento di contenimento non imbarazzante per la Cina a livello mediatico. Mediante questo ardito e pericoloso piano di riforme, la Cina stima di aumentare il suo PIL del 40% in cinque anni, passando dagli attuali dieci trilioni di dollari agli oltre quattordici previsti per il 2020. Il tutto generando anche circa cinquanta milioni di nuovi posti di lavoro (tre volte il numero degli italiani che oggi lavora) in appena cinque anni, passando pertanto da circa 775 milioni di lavoratori attuali ad oltre 825 milioni. Ovviamente queste sono le aspettative più rosee ed ottimistiche secondo Pechino. Da circa sei mesi abbiamo visto come anche a casa loro vi siano fosche nubi all’orizzonte. Sono decisamente numerose le investment house che manifestano giustificate perplessità riguardanti la bontà ed efficacia dello SHI SAN WU e di come esso sia decisamente troppo ottimistico. In tal senso dobbiamo leggere i moniti che arrivano dalle comunità finanziarie ovvero che se la Cina dovesse rivedere considerevolmente le proprie stime o si trovasse a gestire un deterioramento economico molto più accentuato, allora quel punto tutto il mondo verrebbe proiettato nel peggior scenario possibile: senza il volano cinese si fermerebbero i paesi emergenti, producendo un’instabilità finanziaria mai vista prima, senza dimenticare il contributo alla crescita di UE ed USA con una Cina zoppicante. I rischi di sistema a quel punto si amplificherebbero oltre misura e nessun asset (nemmeno l l’oro) sopravviverebbe senza alla nuova grande crisi mondiale.