Retroscena e azzardi sul Libano
di Giancarlo Chetoni - 15/09/2006
Nuovi passi falsi nella gestione della "missione" italiana in Libano. La Francia mantiene tutt'altro profilo, ma "al-Qa‘ida" la tiene d'occhio... Arrivano anche i russi.
Il 9 Settembre, il Presidente del Consiglio Prodi ha telefonato al Presidente siriano Al-Asad (ce lo ha detto l’Agenzia ADNKronos da Roma) per esporgli un progetto per l’invio sul territorio della Siria di un contingente di istruttori dell’Unione Europea.
Istruttori? Sì, insomma degli esperti per l’addestramento di guardie e doganieri di Damasco nell’uso di… apparecchiature per il controllo a distanza di… eventuali passaggi di armi verso il Libano. Prodi ha inoltre precisato nel corso del colloquio con Al-Asad che il personale allocato in zona avrebbe operato senza armi né abbigliamento militare.
Non deve essere stata, come si può facilmente immaginare, una conversazione facile. L’inquilino di Palazzo Chigi biascica un pessimo inglese, telefonava da migliaia di km di distanza e non ha mai avuto colloqui diretti con Al-Asad.
Proporgli un “aiutino“ di quel genere, di fatto, voleva dire che Roma prendeva l’impegno espresso a livello ufficiale dalla Siria per il controllo della sua linea di demarcazione come bisognoso di verifica sul terreno e quindi sostanzialmente privo di garanzie.
Non sappiamo quale sia stata sul momento la risposta del Presidente siriano. Possiamo invece immaginare l’irritazione che ha sicuramente provocato a Damasco. Conoscendo la mentalità araba, l’offerta di Roma, modello Usa-Nato, verrà fatalmente interpretata come una grave offesa all’onorabilità del Paese e a quella dei suoi Dirigenti.
E’ un passo falso e un pessimo inizio per la presenza del contingente italiano nella zona di Tiro.
Il 12 Settembre, sempre l’ADNKronos, questa volta da Beirut, in un breve comunicato dell’inviato Marco Mazzu, informa che il Ministro della Difesa Parisi, in occasione di un incontro con il collega Elias Murr, ha reiterato al governo libanese le stesse richieste avanzate da Prodi alla Siria, questa volta - è stato precisato -, per uno scambio di opinioni e senza entrare nei dettagli.
Evidentemente si tratta più di preliminari che di sostanza. In ogni caso questo comportamento del governo italiano evidenzia la preoccupazione di voler sigillare, a doppia mandata, con un intervento esterno il confine tra i due Stati.
Fino ad oggi non risulta che
Al momento non è chiaro se queste iniziative, in un quadro di “guerra sospesa“ nell’intera Fascia Sud del Libano, già segnalate dai servizi di intelligence come zone ad alto rischio di “attentati“, in un momento estremamente delicato come quello di uno schieramento non ancora completato del contingente italiano e a inizio missione siano state preventivamente concordate con D’Alema.
Diceva Andreotti che a pensare male si fa peccato ma spesso ci si indovina. Ci auguriamo che quella che potremmo chiamare una diversa sensibilità tra Prodi e Parisi e il Ministro degli Esteri sia dovuta alla visita in Italia del 24 Agosto scorso alla Farnesina e a Grosseto della Tzipi Livni. Due diverse occasioni per l’alter ego di Olmert di raccogliere e analizzare, alla fonte, eventuali dissonanze di impostazione tra Palazzo Chigi e il Ministero degli Esteri sfruttando le opportunità offerte da un colloquio senza testimoni in terra maremmana.
In ogni caso il Presidente del Consiglio appare più flessibile e disposto a chiedere a Siria e Damasco garanzie di applicazione della risoluzione 1701 vicine agli interessi di “Israele“. Ci domandiamo se l’azzardo con Damasco e Beirut sugli “istruttori“ risponda fino in fondo a questa logica.
A questo punto sarà bene riportare due estratti dell’intervista rilasciata dal Responsabile Esteri di Hezbollah ‘Ali Daghmoush. Il contenuto mette in luce un messaggio senza fronzoli, senza troppe concessioni, da leggere come un avvertimento: “… gli italiani sono sempre stati benvenuti qui. L’Italia riesce a capire la complessità della nostra storia e la volontà di essere una nazione libera e indipendente. Ci auguriamo [evidentemente non lo si dà per scontato, NdA] che Unifil 2 si attenga al rispetto delle decisioni e della volontà del Governo del Libano. Se la missione si trasformasse sul campo e nel tempo in altro e subisse pressioni dagli Stati Uniti per portare al disarmo di Hezbollah ci sarebbero molti problemi. Ci auguriamo che non succeda…”.
Lo sheikh ha poi continuato: ”… Il Governo Siniora si è espresso all’unanimità per mandare il nostro esercito nella fascia sud del Libano per estendere l’autorità nazionale in tutto il Paese, ma non procederà al disarmo di Hezbollah. Rimane sul tappeto la restituzione, integrale, da parte dello Stato Sionista, delle zona delle fattorie di Shebaa e il completo ritiro di Tsahal da tutto il territorio del Libano. Ci auguriamo che il governo e il popolo italiano, che hanno sofferto per l’occupazione Usa dopo la guerra, vogliano capire in solidarietà ed amicizia il nostro punto di vista ed ascoltarci…”.
[1] Il vero pericolo per
E’ altresì possibile che il Candidato ufficiale del Partito Gollista sia l’attuale Primo Ministro Villepin:
VILLEPIN, DA MINACCE AL-QAEDA RISCHIO PER FRANCIA
(AGI) - Parigi, 14 set. -
Ho letto che sono arrivati 500 russi come genieri in Libano. E’ l’avanguardia cosacca.
La candidata socialista Royal è un punto debole del PSF e quindi una sponsorizzata a livello mediatico dal partito amerikano transnazionale.
Con Sarkozy l’indirizzo della Francia sarebbe destinato a un brusco cambiamento di rotta anche in Libano. In genere questi salti di direzione politica sono preordinati con largo anticipo quando si intende facilitare l’apertura di altri fronti di guerra agli USA per usurarne l’immagine e la deterrenza strategica. E’ una costante della politica transalpina.