L’incremento esponenziale delle quotazioni delle materie prime sui mercati internazionali avrebbe vita molto breve. Ne sono convinti molti esperti economisti, secondo i quali l’aumento progressivo dei prezzi dei metalli e del petrolio andrà progressivamente scemando, rischiando anche di far esplodere la pericolosa bolla speculativa. I motivi sarebbero il rallentamento della domanda cinese e di quella americana, quest’ultima sull’orlo di una non impossibile recessione. Secondo importanti economisti ed esperti, i prossimi anni non saranno caratterizzati da una buona congiuntura. Fino ad oggi, la crescita mondiale all’infuori di quella europea e nipponica, ha attraversato un periodo di forte espansione. Stati Uniti e Paesi asiatici in testa hanno conseguito ottimi da questo punto di vista ottimi risultati tenendo viva la loro domanda di materie prime. Nonostante l’economia globale continui tuttoggi ad attraversare questa fase virtuosa, sono diventati molti i segnali che inducono a pensare ad una prossima fine di questo ciclo.
Gli Stati Uniti, incominciano a perdere colpi. La crescita rallenta progressivamente, l’inflazione anche, la bilancia commerciale sprofonda inesorabilmente, la disoccupazione inizia lentamente a farsi sentire ed il debito pubblico si fa sempre più insostenibile. I segnali di un’imminente fine del ciclo congiunturale favorevole sono tanti, tanto da far suonare i primi campanelli d’allarme dei principali organi di controllo dell’economia mondiale ed a stelle e strisce. Dall’altra parte del globo, il gigante cinese. La decennale crescita economica a ritmi prossimi del 10% non potrà continuare per sempre, considerando anche il fatto che a lungo termine rappresenta un grande rischio per la stabilità del Paese. Le autorità cinesi stanno infatti mettendo in opera una strategia di atterraggio morbido, nell’ottica di diminuire progressivamente ed artificiosamente l’espansione economica del Paese diminuendo gli investimenti e frenando la delocalizzazione massiccia in direzione del ‘gigante giallo’. Da sole, queste due economie, la più grande e la più esplosiva, sono in grado di influire notevolmente sugli equilibri mondiali ed, in questo caso, del prezzo delle materie prime. Che i prezzi delle materie prime sono destinati a scendere nel corso dei prossimi anni, lo avevano messo in evidenza anche gli esperti del Fmi, che in uno studio diffuso qualche giorno fa avevano sottolineato : “Le quotazioni attuali, che dal 2002, hanno messo a segno guadagni superiori (+180% circa) a quelle già stellari del petrolio (+157%) sono destinati a scendere”. Secondo l’istituto di Washington, entro il 2010 assisteremo ad un raffreddamento dei prezzi significativo. E in più aggiunge: il prezzo dell’alluminio scenderà del 35% quello del rame addirittura del 57%. In base all’esperienza storica – ricorda il Fondo – i prezzi del metallo tendono a convergere nel medio periodo verso i costi di produzione, mentre attualmente sono nettamente superiori (fra 1,5 e 2,275 volte per i metalli principali).
Per questo motivo, le principali banche d’affari iniziano come di consuetudine a fornire consigli sull’argomento al mondo degli affari, anche se talvolta i pareri sono contrastanti. Il capo economista della banca d’affari americana Morgan Stanley, Stephen Roach, è convinto che l’incremento dei prezzi dei metalli e del petrolio si affievolirà nel prossimo futuro. Che i prezzi raggiunti dalle materie prime siano arrivati a livelli considerati da bolla, ne è convinta anche un’altra autorevole banca americana, la Jp Morgan, che consiglia gli investitori a modificare il portafoglio, riducendo l’esposizione verso i titoli delle materie prime, in gergo tecnico commodities. In quest’ottica, la banca d’investimenti stima che dai massimi del 2006, i prezzi medi che compongono il proprio paniere di riferimento subiranno una flessione del 17% l’anno prossimo ed una successiva correzione del 20% l’anno successivo. Tuttavia, alcuni grandi investitori rimangono rialzisti. È il caso di James Gutman, economista senior per le materie prima presso Goldman Sachs, secondo cui le perdite registrate dalle materie prime altro non sono che “oscillazioni cicliche”. “Non siamo certamente alla fine di un mercato rialzista di lungo termine”, commenta Gutman. “Se vi sono correzioni nel breve termine, le considererei un’opportunità per acquistare”. Nonostante l’opinione di Gutman, però, i dati macroeconomici ci inducono a credere più ad uno sgonfiamento dei prezzi che ad un proseguimento della dinamica rialzista. A supportare tale tesi è anche la risposta in investimenti dovuta ad un così repentino incremento dei prezzi delle materie prime. Nel caso del petrolio, togliendo il fattore speculativo che rappresenta una fetta non indifferente del prezzo, governi ed industrie hanno investito notevolmente nel medio termine per riequilibrare l’offerta con la domanda. Per evitare nuovi colpi bassi alle economie più grandi e maggiormente dipendenti dal petrolio, si sta puntando sia a ridurre la domanda che ad aumentare l’offerta; politiche energetiche che, aiutate da un ciclo congiunturale sfavorevole faranno indubbiamente scendere il prezzo del petrolio. Questi due fattori insieme aumentano però il rischio di far scoppiare violentemente la bolla speculativa delle materie prime.
Tuttavia, bisogna sempre tener presente che, al di fuori dei fenomeni ciclici dell’economia globale l’economia è caratterizzata da fattori esogeni spesso imprevedibili: le variabili sono molte ed essere in grado di prevedere il futuro guardando stime del passato è già di per sé molto difficile.
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